Siamo tornati a Roma ma senza dimenticare Napoli, difatti nella cucina di Pipero Roma, una stella Michelin, ci attende lo chef Ciro Scamardella. Napoletano di Bacoli, chef stellato e volto noto di Gambero Rosso Channel, grazie alla seguitissima trasmissione “Ciro a Mammà”, Ciro Scamardella vanta una gavetta che ogni aspirante cuoco vorrebbe fare.
Finita la scuola inizia una serie di prestigiose esperienze tra Italia e Spagna. Da Villa Crespi, sul lago D’Orta (No), con Antonino Cannavacciuolo al ristorante Lasarte con Martin Berasategui a Barcellona ma il richiamo dell’Italia è forte. Lo aspetta lo chef Anthony Genovese de Il Pagliaccio a Roma dove si ferma 10 mesi prima di approdare al Metamorfosi del colombiano Roy Caceres sempre a Roma. Qui lavorerà per 4 anni come sous chef, diventando anche Miglior Chef Emergente 2016, prima di prendere il comando della cucina di Pipero nel luglio 2018.
Buonasera Ciro, cosa conservi di tutti i grandi chef incontrati lungo il tuo percorso?
Ho volutamente fatto un percorso contaminato da più persone, ma non troppe, perché penso sia necessario fare passaggi non troppo brevi nei vari ristoranti. Per capire l’idea e la filosofia di un posto ci vuole il giusto tempo ed ognuno di loro ha saputo lasciarmi qualcosa che ha contribuito alla mia crescita professionale. L’esperienza più forte è stata indubbiamente quella spagnola, lì nulla era lasciato al caso, quel posto era un orologio svizzero.
Con Berasategui ho imparato la precisione, la voglia di essere super meticoloso. Un’altra bellissima esperienza è stata quella con Roy Caceres che mi ha fatto conoscere il Sudamerica, mi sono passati tra le mani prodotti per me sconosciuti e tecniche che poi ho applicato su prodotti italiani. Anthony Genovese invece mi ha lasciato una profonda umiltà, rispetto e gratitudine verso questo lavoro. Trasmette un amore e una dedizione che pochi hanno.
Da Cannavacciuolo, invece, la visione dei prodotti napoletani che si fanno largo nella cucina piemontese, Villa Crespi è praticamente una piccola Napoli. Ognuno mi ha lasciato qualcosa che ho messo insieme e mi ha portato a fare quello che faccio adesso.
Come descrivi la tua cucina?
Una cucina divertente, golosa e rispettosa. Rispetto per gli ingredienti, cercare di sfruttare quello che abbiamo senza andare a cercare oltre i nostri confini. Bisogna essere dei profondi ed eterni curiosi cercando di mangiare i piatti tipici del posto quando andiamo all’estero però, in questo momento, bisogna avere rispetto per la nostra tradizione gastronomica.
Quanto c’è di Napoli nei tuoi piatti?
C’è sicuramente qualcosa di Napoli ma preferisco parlare di sud in generale. Certo la vena partenopea non passa inosservata tra il Risotto burro e alici, Genovese di polpo in raviolo, Impepata di cozze. C’è tanto Napoli ma anche Sicilia, Toscana…
Cosa cerchi di trasmettere ai clienti di Pipero?
Cerco di trasmettere la felicità e il divertimento che provo nel trasformare degli ingredienti in piatti che mi auguro diventino memorabili. E’ meraviglioso il fatto che un cliente si siede al tavolo, mangia ed a fine pasto, quando passo tra i tavoli per un saluto, ha un sorriso che va oltre. Facciamo un qualcosa che si immagazzina nelle teste delle persone e ci resta, non bisogna sottovalutare questo aspetto, noi regaliamo delle gioie ai clienti. Domani il cliente che ha mangiato la cozza con il fungo oggi ne sta parlando a qualcun’altro e questo verbo che si divulga troppo spesso viene sottovalutato.
Qual è il segreto della famigerata carbonara di Pipero?
E’ il piatto che ha fatto la storia di Alessandro (Pipero). Otto/nove anni fa, nel suo primo ristorante ad Albano (Rm), ruppe gli schemi del fine dining mettendo questo piatto super tradizionale in un menù degustazione. Con questa rottura unita al suo carattere giocoso e divertente divenne il suo piatto must! Essenzialmente di segreto c’è molto poco: rosso d’uovo, pecorino, parmigiano e guanciale.
In “Ciro a Mammà” abbiamo avuto modo di conoscere la tua famiglia alla quale si uniscono tua moglie e i tuoi figli. Quanto è stata ed è importante per la tua crescita professionale?
Per me la famiglia è un punto MOLTO MOLTO (scrivilo grosso mi raccomando!) importante! Ringrazio sempre tutti coloro che hanno partecipato alla mia crescita, dagli chef ai maitre, ai sommelier, ai fornitori fino ai giornalisti, tutti mi hanno dato la possibilità di fare ogni volta qualcosa di diverso all’interno del mio cammino. Però essenzialmente le persone da ringraziare sono i miei genitori e mia moglie che, nonostante tutto, continua a seguirmi.
Con questo lavoro, la mancanza a casa si sente. I miei genitori, perché dopo due giorni dal mio diciottesimo compleanno gli dissi che partivo per Filicudi per fare la stagione estiva. La mamma chioccia avrebbe tentato di tenermi nel nido invece loro non mi hanno mai trattenuto. Certo mi hanno dato dei consigli ma sono sempre stati disponibili perché vedevano la mia fame di conoscere e di sapere. E’ meraviglioso stare a contatto con tante persone diverse, ognuno apporta qualcosa di diverso alla nostra crescita.
Quali progetti hai per il futuro? Hai qualche sogno nel cassetto?
Adesso bisogna godersi quello che si ha, la perenne corsa con se stessi rischia di farci sottovalutare quello che abbiamo fatto, che ci sembra sempre poco. Per il futuro vorrei fare altre 500 cose nuove però ora voglio godermi il momento, è importante prendersi del tempo su quello che abbiamo fatto. Poi siamo delle trottole e non riusciamo a restare fermi, in qualsiasi momento magari può cambiare tutto e questo è il bello del nostro lavoro. Ora qui con Alessandro (Pipero) le cose vanno bene, il ristorante va alla grande, abbiamo fatto un menù molto divertente che ci soddisfa tanto… Intanto mi godo questo, poi vedremo.
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