L’italiano è una risorsa per il Paese e investire sulla lingua ci porta sulla ‘’strada giusta”. Se investire sulla nostra lingua è un buon investimento allora bisogna dire grazie a chi ha inventato l’italiano. Diciamo grazie al padre Dante, il Sommo poeta che inventò l’Italia, a 700 anni dalla sua morte.
Rendere omaggio a Dante oggi, a 700 anni dalla morte, dopo un anno terribile di epidemia ha un senso alto. Significa avere voglia di rinascere. Esprime fiducia nelle nostre capacità di ricreare nuovi orizzonti e obiettivi all’altezza delle migliori espressioni del nostro Bel Paese.
Dante a Palazzo Doria è la rassegna che farà risuonare la nostra bella lingua nelle magnifiche sale affrescate di Palazzo Doria Pamphilj a Valmontone.
Nomi illustri della cultura italiana parteciperanno alla rassegna che partirà sabato 30 ottobre alle ore 18,00 con Piero Trellini e il suo saggio Danteide, Bompiani editore. Poi sarà la volta del 30 ottobre con il prof Aldo Onorati; sabato 13 novembre arriverà il prof Luca Serianni con Parola di Dante, Mulino Editore. Infine, l’ultimo appuntamento si svolgerà giovedì 18 novembre.
Tutti gli incontri sono organizzati e moderati da Mariagloria Fontana, giornalista e scrittrice, e si terranno presso la splendida cornice del Palazzo Doria Pamphilj di Valmontone (Roma). La rassegna è patrocinata dal Comune di Valmontone e dall’Assessorato alla Cultura del comune, grazie all’interesse dell’assessore Matteo Leone e del sindaco Alberto Latini.
Per partecipare agli incontri è necessario prenotare e possedere green pass; valmontone@bibliotecheprenestine.it o chiamando il numero 339.87.49.241
Il ciclo degli incontri si articola nel modo seguente:
Sabato 23 Ottobre ore 18,00
Giornalista e scrittore. Ha scritto per la Repubblica, La Stampa, ll Messaggero, il Manifesto e il Post. Nel 2019 ha pubblicato La partita. Il romanzo di Italia-Brasile (Mondadori; Premio Bancarella Sport 2020, Premio Ape 2020, Premio Mastercard Letteratura “Opera prima” 2020, Premio “Giuria tecnica” Massarosa 2020), che ha riscosso un immediato successo di critica e di pubblico.
Il libro
Danteide (Bompiani, 2021)
Sono le dieci del mattino del 27 maggio 1865. A Ravenna due manovali trovano per caso una cassetta di legno. Stanno per gettarla tra le macerie quando qualcuno nota sul coperchio una scritta: Dantis Ossa. La scoperta muove una città intera, e un vortice di persone – assessori, periti, notai, medici e scienziati – inizia a ruotare attorno a una sola ossessione: la testa di Dante. Tutti vogliono sapere perché quel cranio si trovi lì, quale sia la sua storia e soprattutto il peso del suo cervello. Per conoscerne la grandezza in realtà bastava vedere cosa avesse prodotto: la Commedia, il più bel libro mai scritto dagli uomini. Dante lo aveva creato attingendo da ciò che aveva vissuto, rubando saperi, storie e segreti, e lo aveva popolato di figure per lui familiari, quelle che avevano respirato la sua stessa aria: Paolo e Francesca, il conte Ugolino, Farinata, Cavalcanti, Guido da Montefeltro, Ezzelino e gli altri. Erano tutti legati. Eppure un mondo così piccolo era diventato una storia universale. Come Dante ci sia riuscito rimane un mistero. Per provare a svelarlo e a sfiorare un brandello di verità resta forse una sola possibilità: evitare di guardare lui per guardare ciò che guardò lui. Prendere quindi gli uomini che attraversarono la sua iride per distribuirli in una storia. E tentare così di vivere, con i suoi occhi, le vite degli altri.
Sabato 30 ottobre ore 18,00
Scrittore, poeta e dantista. Dal 2005 è ambasciatore della cultura dei Castelli Romani nel mondo, territorio natio al quale ha dedicato diverse pubblicazioni. Nel 2009 è stato insignito dalla Società Dante Alighieri del diploma di benemerenza con medaglia d’oro per la “profonda conoscenza dell’opera dantesca, al punto di diventare testimone nel mondo della Divina Commedia”.
Il libro
San Tommaso e San Francesco visti da Dante. Una rivisitazione problematica, Società Dante Alighieri editrice, 2020
Una rilettura-commento ai canti XI e XII del Paradiso, che dà a Onorati l’occasione di chiedersi perché mai l’Alighieri, parlando di san Francesco, tralasci molti aspetti del Poverello d’Assisi per mettere in risalto principalmente la sua povertà. La risposta va trovata nei tempi storici in cui visse il Divino Poeta: la Chiesa, vale a dire le alte sfere di Essa, non disdegnavano la ricchezza, per cui stavano nascendo varie “eresie” ispirate al Vangelo della Croce e non della Gloria. Francesco, senza uscire dall’ambito cattolico, scelse di seguire il Vangelo alla lettera, “sposando Madonna Paupertas”. Si attendeva da parte dei credenti una svolta di quel genere. Innocenzo III, Papa illuminato, ne comprese l’importanza e dette a voce l’autorizzazione ai pochi fraticelli di costituire un nucleo operativo. Onorio III, poi, sigillò per iscritto la regola francescana. E siccome Dante faceva parte dei terziari francescani, loda l’azione del Poverello d’Assisi tanto da puntare soprattutto su questo aspetto fondamentale che ha aiutato la Chiesa nella sua “civil briga”. L’altro santo di cui parla il Poeta è Domenico di Guzman, fondatore dei domenicani, di cui faceva parte san Tommaso, il quale aveva tessuto le lodi di Francesco, mentre san Bonaventura incenserà “l’altra ruota della biga”, cioè san Domenico. Ma a Onorati interessa esaminare, sempre con la sincerità di uno studioso che vuol “vederci chiaro”, i rappporti di pensiero tra il filosofo della Scolastica e l’Alighieri. Il capitolo è densissimo: ripercorre i precedenti teologico-filosofici della Scolastica fino a Tommaso d’Aquino. Il punto è questo: la vexata quaestio fede-ragione, cioè: è possibile comprendere Dio con la ragione o serve la fede? Quale dei due cardini è più importante? Si era cercato di armonizzarli, facendo di ognuno la necessità dell’altro. Dante taglia di netto le due forze, dicendo che la ragione senza la fede non arriva da nessuna parte. Lo dichiara nel III canto del Purgatorio e nelle allegorie delle figure che accompagnano il Pellegrino nel mondo escatologico.
Sabato 13 Novembre ore 18.00
Linguista, filologo, ordinario di Storia della lingua italiana nell’Università “La Sapienza” di Roma, vicepresidente della Società Dante Alighieri, socio dell’Accademia dei Lincei e della Crusca, conduttore per Rai Cultura di una serie di trasmissioni sulla Divina Commedia.
Il libro
Parola di Dante (Il Mulino editore, 2021)
Da qualche anno, nei dibattiti televisivi o in presenza, si sente l’oratore di turno che non si risolve a terminare il suo intervento e dice «Un’ultima cosa e poi mi taccio». Si tratta di una lepida formula anticheggiante restata inconsapevolmente nell’orecchio dal canto di Farinata, uno dei più famosi: «qui dentro è ’l secondo Federico / e ’l Cardinale; e degli altri mi taccio». La memorabilità di questa clausola ha probabilmente generato questo uso imperversante, senza nessuna consapevolezza da parte di chi usa questa formula.
La Commedia di Dante non è soltanto un esempio insuperato di creazione poetica, ma anche un serbatoio linguistico che nel tempo ha riccamente alimentato il vocabolario dell’italiano. L’eredità dantesca è fatta di parole ed espressioni dalla storia diversa. Alcune resistono nella nostra lingua fino a oggi, a volte cambiando in tutto o in parte il significato. Altre è stato Dante stesso a coniarle, o a usarle per primo in italiano. Ma in un’opera letteraria come la sua le parole non possono essere staccate dalla poesia, e così il libro si sofferma su alcuni casi esemplari, ne tratteggia il profilo in riferimento al contesto in cui occorrono e alle implicazioni di senso di cui sono portatrici. Con il garbo e lo stile di sempre, e un inconfondibile tratto di originalità, Serianni guida il lettore ad accostarsi al genio linguistico del nostro poeta nazionale.
Giovedì 18 Novembre ore 18,00
Entrambi curatori e autori del progetto editoriale che riguarda l’antologia, Dante, versi in fuga.
Il libro
Dante, versi in fuga (Palombi editore, 2021).
Un’iniziativa che nasce per celebrare i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri. Partendo da alcuni versi tratti dall’Inferno della Divina Commedia, gli autori che compaiono nell’antologia costruiscono i racconti che la compongono. Racconti ispirati da uno stesso verso e raccolti in una delle 7 sezioni in cui si articola la raccolta-testi diversissimi per forma, lunghezza e carattere. Un omaggio a tratti trasgressivo alle soglie dell’irriverenza, a tratti religiosamente calato nello spirito di quel canto dantesco.
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