Marcello De Vito, Presidente dell’Assemblea capitolina, fu coinvolto poco più di un anno fa in un’inchiesta su progetti urbanistici, come il nuovo stadio della Roma. Prima l’arresto, poi i domiciliari. A novembre la scarcerazione e il ritorno alla Presidenza dell’Aula Giulio Cesare. Oggi si parla di una sua possibile candidatura a sindaco di Roma. Una vicenda singolare che lei ha affrontato con grande coraggio.
Un attimo, un attimo, lei da troppe cose per scontate nell’interminabile domanda (ndr ride). Primo. La mia vicenda giudiziaria, non solo l’“ho affrontata” come dice lei, ma la sto affrontando e la affronterò. La ringrazio per la considerazione sul “coraggio”, io preferisco parlare in termini di fiducia.
Secondo. Non so chi siano queste persone che parlano di una mia ipotetica candidatura a sindaco, come dice lei, ma certamente non ne parlo io. So che a voi piace fare questo giochino sulle persone, lo capisco, ma se ogni esponente politico rimanesse ben piantato a far bene il suo senza fare scatti in avanti, senza alimentare questo asilo, ne guadagnerebbero la squadra, il progetto, la città.
Quali sono i rischi più insidiosi per un amministratore pubblico?
La difficoltà nel fare l’amministratore pubblico sta nel totale controllo di ogni comportamento, nell’evitare qualsiasi atto non solo illegale ovviamente, ma anche ascrivibile ad un ambito di inopportunità, sta nell’orientare ogni azione a tutela del superiore interesse della cittadinanza, non solo da quanto metti piede all’esterno del tuo cancello di casa, ma anche al suo interno. Molti sono i rischi, anche tuo malgrado. E’ così.
Lei è stato il primo candidato sindaco del M5S a Roma nel 2013, aveva 38 anni. Allora fu eletto Ignazio Marino sostenuto dal centrosinistra. Nel 2016 sfiora la seconda candidatura, quella che lo avrebbe visto vincere comodo, ma gli viene preferita Virginia Raggi. Sulle preferenze alla Raggi sono stati sollevati dei dubbi. Come andarono le cose?
Se nel 2013 io avevo 38 anni, il M5S era un neonato. Credo che sia stato fatto un lavoro importante di crescita, nei numeri e nell’esperienza. Per il mio, lo rivendico. Quel contributo lo diede anche Virginia (ma anche Daniele, Enrico e tutti i primi consiglieri municipali), decisamente. Ricordo ancora le sue classiche sequenze di mail inoltrate alle 3.11 am, 3.48, 4.11, 4.35 etc. Il contrasto nel 2016? Sì, lo sanno tutti, anche i sampietrini, ma non fu legato alle preferenze, bensì fu un contrasto antecedente alle primarie. Si va avanti.
Da novembre è tornato a presiedere l’Assemblea Capitolina, dopo un’assenza di 8 mesi. Cosa ha trovato di diverso nell’amministrazione Raggi?
Intanto ho trovato un’Aula molto ben gestita da Sara Seccia. Alcune urgenze subito, come il bilancio previsionale a dicembre. Oggi però il Comune di Roma è tra i pochi in Italia, in piena emergenza COVID, ad avere i conti in ordine e questo è un merito dell’Aula che rivendico. Nel complesso ora la macchina funziona meglio di 4 anni fa. Quattro anni complessi passati a rimettere a posto bilanci, partecipate, corrette procedure di gara. Un lavoro poco appariscente ma imprescindibile, che rappresenta le fondamenta per costruire la Roma dei prossimi decenni.
Nei punti che lei indicava come fondamento della sua azione amministrativa, da candidato sindaco nel 2013, c’era la volontà di tenere la gestione pubblica di Ama e Acea, la contrarietà a discariche e inceneritori, la scelta della mobilità alternativa, la cura delle periferie, il reddito di cittadinanza e l’obiettivo di chiarire come si è formato il vertiginoso debito pubblico della Capitale. Non è diventato sindaco ma comunque è diventato amministratore pubblico. Erano progetti realizzabili?
Certo, sono realizzabili e per buona parte lo sono stati. Il reddito di cittadinanza è realtà. La gestione di ACEA da parte del comune è stata ottimale: bilanci record coniugati al miglioramento del servizio. Il miglior triennio di sempre. Sulla mobilità sostenibile molto è stato fatto, pensi alla mobilità ciclabile o anche allo sforzo fatto per salvare ATAC. Sono innumerevoli i cantieri conclusi nelle periferie, vi è stata cura ed attenzione. Sul debito di Roma le annuncio la risposta: alla fine della gestione Veltroni/PD del 2008 -e sebbene questa abbia lasciato opere importanti, ma anche incompiute- Roma finiva in gestione commissariale con 22 Mld di debiti, di cui oltre 7 finanziari, derivati annessi. Sfido a contestarlo.
Provi ad immaginare Roma tra un anno, subito dopo le elezioni del 2021. Chi sarà il sindaco e quali obiettivi dovrà porsi.
Sarà Sindaco chi dimostrerà di avere la visione del buon padre di famiglia capace di prendersi cura dei cittadini affinché la città di Roma trovi il giusto equilibrio economico, sociale e politico. Chi avrà il miglior progetto e saprà coniugare l’idea di sviluppo della Capitale, con quella della crescita sostenibile sulle direttrici che si chiamano riqualificazione urbana, mobilità sostenibile, semplificazione e digitalizzazione dell’amministrazione, smart city. La sfida è questa. Servirà una squadra all’altezza del compito.
Ed in ultimo: servono non solo risorse, ma anche poteri speciali per l’internazionalizzazione di Roma. Su questo Virginia ha perfettamente ragione, una Capitale come Roma non può essere regolata come ogni comune dal Testo Unico Enti Locali. Se non si comprenderà questo, non basterà neppure un Sindaco del calibro di Nathan.
Luigi Sette
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