L’evangelista Giovanni (3, 14-21) ci parla di un “innalzamento” che viene compiuto da Gesù: è quello sulla croce, punto da cui il Figlio ci mostrerà la gloria, poiché è stato tanto fedele da obbedire in tutto al Padre che l’aveva mandato per amore. Questo “innalzamento” era già stato prefigurato nell’Antico Testamento nell’episodio del serpente di bronzo elevato sul bastone, episodio che viene citato dal nostro brano.
In questo episodio narrato dal libro dei Numeri al capitolo 21, uno strumento di morte come il serpente veniva ribaltato in uno strumento di salvezza. Questa è l’opera di Dio che può trasformare ogni cosa: Gesù ha trasformato la Croce in qualcosa di totalmente opposto; quello che era uno strumento di morte (la crocifissione) è diventato uno strumento che usiamo oggi per benedire e per ricordare l’azione salvifica di Dio. Se Dio può trasformare il male in bene allora il male è sconfitto fin dall’origine: Dio è invincibile.
Questo è in fondo quanto la Bibbia da sempre vuole insegnare: Dio è amore, Dio ama l’umanità tanto da dare tutto, perfino il Figlio Unico, perché vuole che la vita sia vissuta in pienezza. Questa prospettiva così bella è ancora più interessante perché il brano sa della fragilità dell’uomo e del suo peccato. E’ una considerazione concreta che parte dall’esperienza di Gesù Cristo: lui era la luce, da Dio si è fatto uomo per venire fino a noi e noi uomini abbiamo rifiutato questo amore.
Nella singola vicenda di Gesù possiamo vedere la storia dell’umanità: amare costa fatica e l’uomo cerca altre vie, preferisce trovare gloria con le proprie opere. Ma in questo modo resta rinchiuso in logiche umane: per esempio, i Giudei preferiscono perseguire la loro gloria che quella di Dio. E’ questo il caso di Nicodemo che si è recato da Gesù di notte (3, 2), probabilmente per non essere visto dagli altri Giudei: è la dimostrazione che, per quanto Gesù possa esercitare un certo fascino, resta difficile aderire pienamente a lui.
Essere suo discepolo significa imparare ad ascoltare solo Dio Padre, come Gesù ha fatto. Il nostro brano mostra bene questa obbedienza del Figlio nel termine “bisogna” (v. 14). C’è una volontà di Dio Padre che è da sempre, un progetto da realizzare: ma questo progetto è un progetto di salvezza. Questo è il grande messaggio del nostro brano. Dio non odia il mondo, anzi lo ama, e lo vuole salvare.
All’epoca di Gesù questa idea non era scontata, al contrario, con la parola “mondo” si intendeva qualcosa di passeggero, di inconsistente, di mondano nel senso anche negativo di “contaminato” da influssi stranieri e non credenti. Motivo per cui per la visione “apocalittica” il mondo doveva essere distrutto.
Il rapporto con il mondo è dunque qualcosa di complesso. Infatti, Gesù dice a Nicodemo che Dio ama tanto il mondo, lo ama addirittura da dare la cosa che ha di più caro (v. 16). E cosa ha di più caro un padre se non il proprio figlio, soprattutto se unigenito? Con questo linguaggio, Gesù non vuole allora proporre un Dio assetato di sangue che costringe un figlio a un supplizio assurdo, ma al contrario vuole mostrare che la volontà di Dio da sempre è quella di salvare il mondo e che il Figlio è tanto legato al Padre da voler realizzare questo progetto per lui.
Se Dio infatti fosse intervenuto, avrebbe dovuto portare un giudizio: ma il giudizio, data la malvagità del mondo, sarebbe stato di condanna, perché il mondo non può salvarsi da sé. “Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie” (v. 19).
In fondo è l’atteggiamento anche di Gesù nella sua lotta contro i farisei: costoro erano persone pie, che digiunavano, facevano elemosine e lunghe preghiere pubbliche. Ma queste loro opere erano compiute con la pretesa di guadagnarsi la vita eterna, come se un posto in cielo fosse loro garantito, motivo per cui condannavano prostitute e pubblicani.
Dio ama il mondo e ha una proposta di salvezza anche qui storica, concreta: non con la loro giustizia gli uomini salveranno il mondo ma con la loro fede. Il credente può decidere di guardare a Cristo, al Figlio che non ha paura del mondo, anzi, vi entra per amore e proprio per questo insegna a salire fino in cielo. “Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che ne è disceso, il Figlio dell’uomo” (v. 13).
Salire al cielo non è possibile per l’uomo; se lo volesse fare con le sole sue forze sarebbe un atto di arroganza. L’unica possibilità per andare al Padre è vivere profondamente la propria umanità come ha insegnato Gesù, che è disceso, cioè si è incarnato: “Il Verbo si fece carne” (1, 14). Gesù unisce cielo e terra, incarnandosi e morendo per l’umanità intera.
Credere che in lui si è manifestato il progetto di Dio per salvare il mondo significa entrare nella vita eterna già ora. A questo punto le azioni umane non sono compiute per innalzarsi al cielo, per ergersi “comprandosi” un seggio in paradiso, ma sono frutto della fede che ci ha salvato e liberato da ogni giudizio e da ogni pretesa. Gesù ci insegna la via della salvezza, che punta al cielo ma sapendo che la via di salita passa per l’umile discesa, rappresentata da Gesù nella sua incarnazione e dal suo coraggio di amare fino in fondo, fino alla morte di croce.
Il Capocordata.
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