Caso Djokovic, ecco gli interrogatori della polizia di frontiera
Djokovic diventa sempre più un caso: il tennista rischia di non scendere in campo in occasione degli Australian Open
Continua l’alone di mistero che invade il caso Djokovic. Solo qualche giorno fa il tennista serbo aveva fatto sapere, tramite i propri canali social, che avrebbe partecipato agli Australian Open. La notizia aveva dunque sciolto quei nodi legati al fatto che lo stato oceanico vieta l’ingresso alle persone non vaccinate, proprio come Djokovic. Ovviamente è stato grande il clamore che l’annuncio ha suscitato. Il giorno dopo è stato giudicato come non valido il suo visto, con tanto di espulsione immediata.
Ricorso e caos
Il ricorso fatto da Djokovic con i suoi legali ha tuttavia portato i suoi frutti. Il giudice di Melbourne ha infatti annullato la revoca del visto del serbo, che si sta dunque allenando in vista del torneo. “Felice che il giudice abbia annullato la revoca del mio visto. Nonostante tutto voglio rimanere qui e giocare il torneo” ha commentato il tennista su Twitter.
Il tennista potrà dunque girare per Melbourne senza le limitazioni che lo hanno fermato negli ultimi giorni, dove era costretto a vivere nella struttura per i rifugiati in Australia, in attesa che si potesse definitivamente sbloccare la situazione.
Arresto e smentita
Questa mattina sono circolate alcune voci, provenienti da fonti serbe, secondo cui il giocatore sarebbe stato arrestato. Il tutto nonostante la vittoria del ricorso e l’annullamento della revoca. Queste voci, riportate anche da alcuni noti quotidiani, sono state comunque smentite da diverse concordanti fonti del governo australiano e dell’organizzazione degli Open. Tuttavia il suo futuro è legato anche a quella che sarà la decisione di Alex Hawke, ministro dell’immigrazione. Quest’ultimo potrebbe infatti ribaltare la situazione ancora una volta. Una sua eventuale scelta di espulsione è infatti scissa dalla decisione del giudice. Il caso continua a dividere.
L’interrogatorio della polizia di frontiera
Il tennista serbo è rimasto alla frontiera per diverse ore durante la notte (fuso orario australiano). In quel lasso di tempo sono state molte le cose chieste a Djokovic, che quasi incredulo ha risposto chiedendo se il suo visto stava veramente per essere annullato. I dialoghi sono stati riportati dal sito di Sky Sport. Dopo le prime domande di rito sulla motivazione per cui Novak fosse in Australia e quali erano stati i presupposti per raggiungere l’Oceania.
Djokovic, nella convinzione di avere tutti i documenti in regola, essendo stati approvati dalla federazione australiana del torneo, ha affrontato in modo incredulo il domanda-risposta con la polizia. Non a caso ha chiesto più di una volta: “quindi mi state togliendo il visto?“. Questi dialoghi raccontano di un Djokovic che non comprende bene quello che gli sta accadendo e le motivazioni del trattenimento e dell’eventuale annullamento del visto. Non a caso chiede più di una volta quale sia la motivazione, ribadendo che non ha altri documenti da fornire.
Di fatto Djokovic conferma il fatto che ha avuto il Covid 2 volte: a giugno 2020 e dicembre scorso. Proprio quest’ultimo, di fatto, avrebbe creato gli anticorpi per poter affrontare il torneo. Affermando ciò ha inoltre ribadito di non essere vaccino contro il Covid. La conversazione finisce con la quasi certezza dell’annullamento del visto, non essendoci altri documenti che potessero cambiare la situazione. Gli viene comunicato infine che si recherà in un Hotel di Melbourne. Il Park Hotel di Carlton è un albergo in cui alloggiano i rifugiati che non hanno un visto. Proprio in quell’albergo ha alloggiato Novak fino alla vittoria del suo ricorso.