Doggy Bag obbligatorio per combattere lo spreco alimentare
Per combattere lo spreco alimentare comprare una volta a settimana è un errore colossale. È lì il problema. Si compra tanto e non si valuta bene quello che poi andrà a male
Una proposta di legge di Forza Italia viene presentata alla Camera il 10 gennaio per obbligare i cittadini a portarsi a casa i resti di quel che non hanno mangiato al ristorante. La proposta si propone di combattere lo spreco alimentare, uno dei problemi più seri del nostro presente. Ma è così?
Un deputato di Forza Italia, tale Giandiego Gatta, responsabile del Dipartimento pesca e acquacoltura del suo partito, assieme a Paolo Barelli, presidente dei deputati di quella forza politica, presenterà mercoledì 10 gennaio alla Camera, una proposta di legge contro lo spreco alimentare, per promuovere la cosiddetta “doggy bag” al ristorante. In sostanza si tratta di quel sacchettino di carta in cui si ripongono gli avanzi del pranzo per portarli al cane a casa propria o per mangiarseli più tardi. Combattere lo spreco alimentare è anche uno degli obiettivi fissati nell’Agenda Onu per il 2030. Quindi dobbiamo rispettarlo.
Come si combatte lo spreco alimentare?
In che senso però questa proposta combatte lo spreco alimentare è abbastanza evidente, almeno nelle intenzioni. Quei resti andrebbero quasi certamente nel secchio della spazzatura del ristorante e quindi finirebbero negli 8,65 milioni di tonnellate di cibo sprecato ogni anno in Italia. In questo non siamo soli e non siamo i peggiori. In Germania se ne sprecano 10,9 milioni di tonnellate e in Francia 9 milioni. A livello pro capite, ogni italiano ne butta 146 chili, 15 in più rispetto alla media europea, con il 73% dello spreco che si verifica in casa. Questo fenomeno ha un costo pari a 385 euro l’anno per italiano.
Con questa proposta, invece di incrementare la spazzatura del ristorante, il rischio è di spostare l’incremento nelle case dei cittadini, oppure di costringerli a consumare più tardi il pasto avanzato. Può darsi che abbia ragione Forza Italia e che l’italiano si mangi i suoi avanzi ma, conoscendo i miei polli, è più facile che non lo faccia e allora dove sarebbe il vantaggio?
Doggy bag: un costume americano molto diffuso
Questo costume è molto diffuso negli Stati Uniti e anche in tanti paesi del continente americano. Si basa su un principio di economicità ma anche su un senso civico diffuso, per cui ciò che ho pagato è mio e me lo porto a casa. In America, non solo negli Stati Uniti, non ci si vergogna a dichiarare quel che si guadagna, c’è l’etica protestante del rispetto del lavoro, quale che sia, così come non ci si vergogna a richiedere la parte del pasto non consumato come oggetto di proprietà. Non si è morti di fame se si trona a casa col doggy bag.
L’italiano non sempre, anzi quasi mai, si porta via la busta degli avanzi, magari perché il cane non ce l’ha proprio, ma anche ce l’avesse, preferisce dargli i croccantini bilanciati per la dieta che i resti di una cucina con preparati che potrebbero fargli male. Mio padre e i miei zii che erano cacciatori di origini contadine maremmane, al cane gli davano i resti della loro cucina, a volte anche le mele e le verdure e quelli mangiavano tutto. Non gli davano il pollo perché le ossa del pollo, scheggiandosi, potevano ferire il palato e lo stomaco del cane.
Ma per il resto il povero Fido era l’equivalente della pattumiera. In tutta la mia adolescenza, non ho mai saputo che sarebbero potuti esistere i croccantini o del cibo apposta per gatti e cani. Aggiungo che i cani stavano benissimo, anche perché camminavano molto.
L’italiano è un popolo signore che vive al di sopra delle sue possibilità
Noi siamo un popolo che vive al di sopra delle proprie possibilità. Lo sappiamo da sempre. Abbiamo i nostri valori e le nostre abitudini e le abitudini sono dure da cambiare. In Spagna e in Francia, per esempio, è dal 2016 che questa della vaschetta da portarsi a casa, è una pratica diffusa, ed è obbligatoria nei grandi ristoranti, che a fine pasto devono fornire ai loro clienti questo contenitore. In genere una scatola di cartone o una bustina di carta, dove vengono riposti gli avanzi del pranzo.
L’idea che un italiano, esca dal ristorante, con gli avanzi del pasto, per andare a terminare la serata in una discoteca o in un night club non mi sfiora la mente. Ma pure il problema dello spreco esiste. Meglio sarebbe che gli avanzi venissero riorganizzati e consegnati a chi ne ha bisogno, dice qualcuno. Ma come si può dare a chi ha fame gli avanzi di un altro? Non sarebbe giusto, né etico, né igienico. Allora questa norma potrebbe avere una conseguenza sul cliente. Costringerlo a mangiarsi tutto o a rendere gli avanzi immangiabili per non doverseli portare dietro per il resto della serata. Non si aumenterebbero gli sprechi ma si aumenterebbe il sovrappeso, non so se sia meglio.
Gli chef sarebbero contrari all’obbligatorietà
Intanto il quotidiano La Repubblica ha sondato gli chef per sapere cosa ne pensano. Gli chef fanno sempre ascolto e attirano lettori ma in questo caso mi sembrano gli unici il cui parere conta zero. Il problema degli avanzi non li riguarda, la questione vede protagonisti il cliente e il ristoratore. Una volta evaso il piatto per lo chef il discorso è finito.
Comunque per Filippo Sinisgalli, alla guida del ristorante Zurkaiserkron di Bolzano, si tratta di un’abitudine che poco appartiene al nostro modo di essere. “Siamo troppo pudichi per chiedere la doggy bag per noi, piuttosto la chiediamo per i nostri amici a quattro zampe. Credo sia inutile renderla obbligatoria, io al mio ristorante non la consiglio e non ho contenitori: la mia cucina è buona se gustata e assaporata dove viene creata. Riscaldare una carne cotta al punto giusto o riprenderla in cottura è una violenza per il palato. La doggy lasciamola a chi fa delle porzioni monster e a chi pensa alla cucina solo per riempirsi la pancia. L’antispreco si fa con le porzioni calibrate, non spostando solo il momento e il luogo dove l’avanzo verrà buttato”.
Lo chef ha ragione. La cucina gourmet vera non prevede avanzi. Le pietanze sono talmente ridotte a un assaggio che non dovrebbe avanzare nulla e tuttavia un conto è mangiarle al ristorante e un conto a casa, fredde, fuori contesto. Non sono questi chef quelli a cui chiedere un parere.
Lo chef non vuole essere obbligato e poi chi paga il costo del contenitore?
Lo chef Andrea Alfieri del Magna Pars di Milano conferma un parere negativo: “Perché io devo per forza raccattare dai piatti la roba avanzata e metterla nella scatoletta che ti porterai a casa? Trovo sia un altro obbligo inutile a cui deve sottostare il ristoratore. Non ho mai avuto nessun pregiudizio in merito, trovo assolutamente una cosa normale poter chiedere ciò che non si mangia e che noi diamo in contenitori in materiale compostabile. Ma l’obbligo no”.
No all’obbligo anche per Luca Marchini, chef dello stellato L’erba del Re a Modena: “Il principio della doggy bag è assolutamente corretto e in linea con i tempi: ridurre al massimo gli sprechi alimentari, quindi quello che non consumi al tavolo, e hai già ordinato e pagato, lo riutilizzi a casa. Io ho sempre qualche contenitore in alluminio che metto a disposizione dei clienti che mi chiedono di poter portare via parte del piatto avanzato Di solito si tratta di piccola pasticceria, piuttosto che il pane o il dolce. Sì consigliare la Doggy bag ma no all’obbligo. Il packaging ha un costo aggiuntivo per il ristoratore, è evidente che chiedere un quid al cliente sarebbe fuori luogo e soggetto a commenti ironici. E dunque ricadrebbe sullo stesso cliente in modo evidente con l’aumento del prezzo del piatto”.
Combattere gli sprechi a monte, nella grande produzione e distribuzione
Nella vita è sempre una questione di buon senso. Esattamente quello che da tempo manca agli Italiani. Non sarà questa norma a farglielo ritrovare. Il problema non è recuperare sullo spreco portando al cane (o chi per lui) gli avanzi del ristorante, scusatemi tanto, anche voi deputati di Forza Italia. Il problema dello spreco alimentare si combatte a monte, nelle strategie di produzione e consumo che vengono attuate.
L’Unione Europea ha adottato specifiche misure per evitare perdite e sprechi alimentari. Solo quando non sia possibile la prevenzione si attivano modalità per riutilizzare, riciclare o utilizzare per altri scopi gli alimenti. Nelle direttive UE si impone agli stati membri di ridurre la quantità di perdite alimentari durante la produzione e la distribuzione. Come? Razionalizzando questi processi. Arriveremo a sanzioni per chi getta via beni essenziali per non aver pianificato a dovere.
Altre misure volte a ridurre le perdite e gli sprechi alimentari comprendono il cambio di destinazione dei prodotti alimentari in eccesso, ad esempio come alimenti per animali o compost.
Combattere gli sprechi nelle famiglie, però ci vuole conoscenza e buon senso
Gli sprechi vanno ridotti nelle famiglie. Come? Insegnando a giovani e non più giovani che il cibo è un valore ed un problema per l’ambiente e per la società se viene buttato via. Non si lascia nel piatto e non si riempie il piatto più del dovuto. Ci sono ristoranti meritevoli dove si paga il cibo a peso e si paga per le quantità che non si consumano alla fine del pasto. Così il cliente mette nel piatto il necessario e sta bene attento a non mangiare con gli occhi. Bisognerebbe farlo a casa coi figli. Quello che lasci nel piatto si pesa e ti riduco la paghetta in base agli etti che lasci.
Bisogna indurre le aziende, attraverso le Associazioni dei Consumatori, a preparare confezioni per single, che oggi sono rare. Ad evitare o ridurre le confezioni grandi di prodotti che poi vanno a male e si gettano via.
Anche comprare una volta a settimana o al mese è un errore colossale. È lì il problema. Si compra tanto e non si valuta bene quello che poi non si consumerà o andrà a male. Una volta si comprava poco tutti i giorni. Non c’era il frigo e i prodotti non si sprecavano. Comprare solo le quantità di cibo di cui si ha bisogno è un’arte che ormai pochi conoscono. Lo si fa preferendo gli alimenti sfusi a quelli preconfezionati. Il cibo preparato si può consumare in parte e il resto congelarlo.
Così il cibo fresco e gli avanzi si salvano prima che si rovinino, confezionandolo in piccole quantità da congelare. Trasformare gli avanzi in cibo per il nostro giardino, attraverso il compostaggio. Ma questa è una pratica che quasi nessuno conosce, ma si può imparare o donare il cibo avanzato al contadino che sa come ridurlo a compost. Incoraggiare le donazioni alimentari ma più da parte dei supermercati che non solo delle famiglie. La raccolta di alimenti nuovi, per donarli a chi ne ha bisogno, è un gesto di solidarietà meritevole che va incrementato da parte delle famiglie e c’è per questo l’Associazione Banco Alimentare che svolge una opera meritoria.