”Dogman”: il grande cinema di Matteo Garrone
Premiato a Cannes, l’ultimo film di Garrone ispirato all’episodio di cronaca nera del “Canaro della Magliana”
Un uomo mite, incapace di reagire alle vessazioni dei più forti, che dell’amore per i cani ha fatto il suo mestiere, e un ex pugile violento che terrorizza il quartiere. Sono loro i protagonisti di “Dogman”, ultimo film di Matteo Garrone liberamente ispirato all’episodio di cronaca nera del ‘canaro della Magliana‘. 12 anni ci sono voluti affinché questo film vedesse la luce e un incontro, quello con Marcello Fonte, che come ha dichiarato lo stesso Garrone, ha segnato la via da seguire per raccontare un’altra storia che è molto di più di quella di un efferato delitto.
Una scelta quanto mai azzeccata quella di Garrone che a Fonte ha assegnato il ruolo di Marcello, proprietario di un negozio di toelettatura per cani, che gli è valso il riconoscimento di miglior attore protagonista al Festival di Cannes. Un’interpretazione perfetta quella Fonte in cui l’uomo si fonde con il personaggio fino quasi a non distinguere più l’uno dall’altro. Lo stesso si può dire anche per Edoardo Pesce, Simoncino, perfetto nei panni del bullo di periferia. Un cast decisamente azzeccato, in cui la fisicità degli interpreti gioca un ruolo non indifferente, aderendo perfettamente ai personaggi.
Ottima anche la regia in cui ai primi piani, che indagano l’animo dei personaggi, si alternano panoramiche che restituiscono la desolazione di un paesaggio che difficilmente è possibile collocare geograficamente, comunicando cosi’ allo spettatore l’universalità del tema trattato: quello della solitudine dei più deboli. Ciliegina sulla torta una fotografia desaturata e decisamente perfetta ad opera del danese Nicolai Bruel.
Garrone descrive in questo modo un mondo in cui “cane mangia cane”, dove non c’è spazio per gli occhi innocenti di Marcello che indagano l’infinito alla ricerca di una speranza inesistente. Una storia di bullismo la sua, in cui alla crudeltà umana di un personaggio come Simoncino, la cui aggressività atavica si esprime attraverso azioni istintive e puerili, si somma l’incapacità delle istituzioni di agire. A ripristinare l’ordine ci proverà lo stesso ‘canaro’, tentando di riscattarsi senza riuscirci fino in fondo. Allo spettatore resta l’inquietudine di un film che centra in questo modo il suo obiettivo.
Agenzia Dire, Maria Rita Graziani
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