Quali sono le norme sulla durata degli incarichi?
Il codice di diritto canonico del 1917 prevedeva la stabilità e la inamovibilità dei parroci, al can. 454. I parroci nominati prima del 1983 godono di questa prerogativa (Don Alberto Raviglia è stato nominato parroco il 31.12.1976 n.d.r.) Il nuovo codice di diritto canonico (entrato in vigore appunto nel 1983) al can. 522 mantiene la prospettiva della nomina a tempo indeterminato, introducendo tuttavia la possibilità di una nomina a tempo determinato qualora il vescovo lo decida. La durata in questo caso deve essere stabilita dalle singole conferenze episcopali (per la Cei nove anni). La norma è entrata in vigore il 6 Ottobre 1984. Un'altra novità è la rinuncia all'ufficio al compimento del 75° anno di età. Perché questi cambiamenti? La saggezza della Chiesa prevede strumenti diversi per dare risposte a situazioni nuove, come la fatica che comporta la guida di una comunità ai nostri giorni.
Come mai allora certe volte questi limiti temporali non vengono rispettati?
A fondamento di tutto sta la "promessa di obbedienza" fatta al vescovo nel giorno dell'ordinazione presbiterale. Il vescovo chiede: "Prometti a me e ai miei successori filiale rispetto e obbedienza?". L'eletto al presbiterato risponde: "Sì, lo prometto". Questo elemento precede e sostanzia ogni altra decisione, a tal punto che è possibile chiedere a qualche parroco, per il bene della diocesi, di cambiare anche prima del compimento dei nove anni previsti. Questa è l'obbedienza totale che ciascun cristiano deve a Cristo; così Cristo è stato obbediente al Padre "fino alla morte e alla morte di croce" (Fil 2,8). Ora l'obbedienza a Cristo si concretizza attraverso la risposta al segno sacramentale di Cristo pastore che è il vescovo, successore degli apostoli. E' un'obbedienza a servizio della Chiesa diocesana e non primariamente a una singola parrocchia. In seminario si viene esercitati all'esercizio dell'obbedienza in tutti i momenti formativi, attraverso una vita di comunione tra i seminaristi e una comunione gerarchica, con i superiori, che rappresentano il Patriarca nella vita del seminario.
Un parroco può rifiutare il trasferimento?
Si tratta di una obbedienza ragionata e dialogica, non è obbedienza cieca… E di fronte alla presentazione di valide motivazioni la domanda di trasferimento può essere sospesa. Nessun parroco finora è stato trasferito senza la sua libera adesione. Il vescovo è un pastore che cerca di curare il bene della diocesi e di ogni singolo sacerdote.
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