Donna palpeggiata virtualmente: il lato perverso del Metaverso
La vita nel Metaverso apre la possibilità di reati commessi nella realtà parallela del Web, anche la Legge si adegua: presto pene e tribunali virtuali?
Sarebbe interessante capire quante persone, al momento, siano realmente consapevoli di cosa sia e come possa svilupparsi questo universo virtuale parallelo. Nonché di che tipo di sorprese possa esso riservare a ciascuno di noi.
Fossimo invece già inconsapevolmente orientati verso una o più “vite di riserva”? Magari pronte a ospitarci tramite il nostro avatar scelto per navigare via Internet per questo scopo?
Storia del termine “Metaverso”
Il termine Metaverso risale al 1992 ed è frutto della creazione dello scrittore Neal Stephenson.
L’autore nel suo libro Snow Crash immaginò un’immensa sfera nera (come il pianeta Terra) tagliata in due all’altezza dell’equatore ove insiste una strada percorribile grazie alla quale ove ognuno può realizzare e ottenere in formato tridimensionale tutto quel che vuole.
Via web si possono così reperire (ed aprire) negozi, uffici amministrativi, locali di ristorazione e di divertimento. In questi “luoghi” tutti possono interagire grazie alla rete che è in grado di ospitare tutte le fasce della popolazione mondiale, se pur differenziate – come al solito – per classi sociali.
Anche qui le maggiori possibilità di frequentazione di portali esclusivi sono riservate soltanto a coloro che possono permettersi di ottenere i propri avatar dotati di miglior risoluzione.
In pratica, già nel 2021 sono state assunte diecimila persone in Europa per realizzare il progetto; conseguentemente le piattaforme social si sono subito adeguate, tant’è che le criptovalute (che ne costituiscono l’espressione più tipica e diffusa) si stanno ampliando a grande velocità.
Basta una semplice registrazione per partecipare a tutti gli spazi virtuali disponibili, che sono a loro volta suscettibili di essere a loro volta creati dagli utenti stessi. Ciascuno collegato alla vita reale da tecnologie di realtà cosiddette “ibride” (cioè miste tra percezioni reali e sensoriali, queste ultime anche involontarie).
Il palpeggiamento virtuale
E in uno di questi primi contesti innovativi si è già verificato un fatto che vale la pena di raccontare.
Nella versione beta del Metaverso più noto, la modalità operativa ha determinato un caso di un lamentato “palpeggiamento” in danno di una signora utente da parte di un signore anch’esso utente.
Quest’ultimo le avrebbe determinato, per effetto di ciò, il danno di averla non solo “isolata”, ma anche “esposta alla derisione” da parte degli altri utenti che erano presenti al momento dell’evento virtuale.
Ma come si può affermare di essere stati palpeggiati nonostante l’impossibilità materiale di essere toccati? Stante la semplice presenza di un visore e del mero utilizzo di un controler?
Violenza sessuale online: già punita in Usa
La violenza sessuale in rete è già punita negli Stati uniti. Se pur non ancora contemplata nella legge italiana, può richiamare in concreto l’attenzione del giudice italiano.
Egli, in astratto, ben potrebbe punire il caso, utilizzando sia gli analoghi estremi ormai consolidati della diffamazione attraverso l’uso del social network, che quelli altrettanto simili del delitto di violenza privata contemplato dall’art. 610 del codice penale.
I tribunali del futuro?
Ecco quindi che, nell’ottica delle tutele giuridiche in prevenzione, gli addetti hanno già attivato l’opportuna app di protezione “safe zone”. Essa crea una specie di bolla virtuale idonea ad impedire agli altri utenti di interferire nei campi da considerare proteggibili.
Fatto è che, non potendosi escludere la futura quanto certa configurabilità di ulteriori fatti illeciti sulle responsabilità in rete, l’attenzione e la fantasia del giurista possono spaziare ancora per lungo tempo. Insomma i tribunali e gli studi legali virtuali in Metaverso non sono più fantascienza alla Blade runner, bensì un progetto credibilmente realizzabile.