E’ passata appena una settimana, ma sembra un secolo. Dal governo Conte e i tentativi ‘intensivi’ per tenerlo in vita, all’incarico a Mario Draghi. Una rivoluzione. Anche sotto il profilo del linguaggio. Siamo passati dai responsabili e costruttori, al facciario (l’album di foto studiato “con il volto impassibile” dei “semi-conosciuti che gli sarebbe toccato incontrare alle consultazioni”, ha scritto Il Foglio l’8 febbraio scorso) al modello Ursula che non ha niente a che fare con passerelle di moda ma fa riferimento all’ipotesi di una maggioranza specchio delle forze politiche che hanno eletto alla Presidenza della Commissione UE Ursula von der Leyen.
Ancora in queste ore, gli interrogativi restano senza risposta. Ma che governo sarà? Un governo tecnico o tecnico-politico? E l’espressione ‘di alto profilo’ cosa sottende? Ma la questione centrale è in realtà un’altra: il presidente incaricato Draghi deve fare “un’operazione di sintesi per definire il perimetro della maggioranza che sosterrà il nuovo esecutivo” (“Repubblica, 7 febbraio 2021). Eccolo il tema centrale. E la rivoluzione nel linguaggio della politica ai tempi delle consultazioni: il ‘perimetro’. E’ la parola-chiave di questi giorni, la usano tutti, non solo i giornalisti e i media, ma anche i politici, di ogni estrazione e colore.
“Chi in queste ore si sta agitando (…) lo fa senza nemmeno conoscere (…) qual è il perimetro della maggioranza che supporterebbe questo governo” (Vito Crimi, M5S).
“La formula del governo è un’ipotesi che dovrà formulare Draghi alla luce del mandato ricevuto dal presidente della Repubblica e dalle valutazioni che farà sul perimetro della maggioranza” (Matteo Salvini, Lega)
“Mattarella ha conferito l’incarico a Mario Draghi invitandolo a rivolgersi a tutte le forze politiche senza un perimetro determinato di maggioranza” (Daniela Ruffino, Forza Italia)
“La formula del governo è un’ipotesi che dovrà formulare Draghi alla luce del mandato ricevuto dal presidente della Repubblica e dalle valutazioni che farà sul perimetro della maggioranza” (Nicola Zingaretti, Pd)
“Ho notato una certa fretta di sposare il governo Draghi senza nemmeno aspettare di conoscere il suo perimetro politico e i suoi programmi” (Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia)
“E’ opportuno che il perimetro politico del nuovo Governo sia ben definito” (Federico Conte, Liberi e Uguali)
Associando le parole ‘perimetro’ e ‘Draghi’, sono ben 267 i lanci delle agenzie di stampa nell’ultima settimana. Sorprende? Assolutamente no. La politica saccheggia parole e immagini di altri ambiti, non si sottrae a questa regola neppure la geometria. Dai ‘vertici’ al ‘fare quadrato’, fino alle espressioni più raffinate: una stagione politica della nostra storia è stata segnata dalle ‘convergenze parallele’, mentre uno dei dibattiti che spesso riguardano l’Unione Europea è la cosiddetta ‘Europa a geometria variabile’.
La metafora, si sa, è un utile stratagemma per comunicare, ma la metafora del perimetro spesso risulta poco chiara o malformata. Lo spiega la terminologa Licia Corbolante nel suo intervento al Salvalingua.
“Il perimetro in origine è una misura, è la somma dei lati, è quindi un dato. Poi, nel suo uso figurato, è diventato un limite, un confine e poi, più genericamente, anche lo spazio dentro questo limite. Definirlo, delimitarlo come si sente dire in questi giorni non è chiaro”.
Ma le leggi della politica non seguono affatto logica e coerenza. E il suo linguaggio ne è una diretta conseguenza. Come ha scritto l’Accademico Vittorio Coletti, “il potere più forte (o uno dei più forti) appare linguisticamente debole, con più debiti (da altri settori) che crediti (con la lingua comune)”; e spesso, aggiungiamo noi, in modo improprio.
E così, il perimetro può ben significare nella dialettica politica delle consultazioni, il limite, il margine di azione, sono i paletti entro i quali si definirà la coalizione del nuovo governo Draghi. Chi entra e chi no e, a seconda di chi è dentro, questo perimetro assumerà una forma diversa, stravolgendo in questo modo le più elementari regole della geometria già messe a dura prova dalle ‘convergenze parallele’. Certo, tanto dibattere della forma e del suo margine, il perimetro, e poco della sostanza, non rassicura noi cittadini.
Sarebbe più utile rispolverare il motto del presidente incaricato Draghi, il “whatever it takes” (“tutto il necessario”) pronunciato nove anni fa per salvare l’euro, ancora così attuale oggi che da salvare c’è il nostro Paese.
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