Nell’ascoltare le canzoni nelle serate che hanno caratterizzato il 69° Festival della Canzone Italiana a Sanremo, non sapendo quale verità dare al giudizio finale, abbiamo provato ad immaginare come avrebbe giudicato e votato una giuria diversa dalla istituzionale, ovvero una giuria tra le più impossibili. E naturalmente, a chi, quella giuria, avrebbe assegnato la vittoria della palma. Mi riferisco a Pindaro, Saffo, Orazio, Ovidio, Nerone, la sorella di Pierluigi da Palestrina, Lombroso e Nietzsche. Una Giuria di certo qualificata e pronta a giudicare con serietà, acume e cultura, perché i suoi componenti non devono avere soltanto esperienza di musica ma anche di parole e di testi, ovvero come possono e debbono legare musica e parole. Infatti la manifestazione canora ed esibizionista, timbrata Baglioni, è attraversata da diversi generi musicali e da testi "poetici" e non, a volte incomprensibili e a volte satirici, per passare alle gesticolazioni, all’abbigliamento, alle storie sociali, educative, ambientali impresse nella fisiognomica degli artisti in gara.
Orazio, avrebbe gioito, ricordando il suo esametro dattilico utilizzato nelle Satire, mentre Nietzsche, avendolo scelto come forma metrica delle sue poesie, avrebbe giudicato positivamente le parole dei testi canori, "sputate" una di fila all’altra come proiettili da una mitragliera. Anche Saffo, poetessa degli epitalami, esperta di canti tribali, che amava cantare in prima persona i propri componimenti, attenta e temente le critiche del pubblico, in equilibro sulla parola “insieme” nella composizione dei suoi ditirambi, a chi avrebbe dato il voto migliore? Mentre Ovidio, maestro delle ripetitività metriche presenti nei distici elegiaci, dei trimetri giambici ma anche delle semplici strofe monodiche, avrebbe saputo dire la sua, con autorevolezza e competenza, nel giudizio e nel voto da esprimere per ogni partecipante alla manifestazione canora più attesa dagli Italiani.
E Pindaro, meglio conosciuto per i suoi “voli”, non sarebbe stato di parte, lui, poeta lirico di metri vari. Così, nel controsenso e nella follia del Rinascimento, anche la sorella di Pierluigi da Palestrina, occulta compositrice di alcune opere del fratello, alla vista di tante donne sul palco dell’Ariston, non avrebbe sfigurato per i suoi “sacri” giudizi. Qualcuno, certamente, avrebbe criticato la competenza del giurato Nerone, in questa speciale votazione. Ma quel qualcuno si sarebbe subito ricreduto conoscendo, dalle interviste rilasciate dal "nostro", la sua fissazione per il canto, anche se negato per tante altre discipline consimili. Tutti conoscono il suo carattere e la sua volontà, e questi non vanno contraddetti. Voleva esserci a tutti i costi e dunque non poteva essere escluso.
Necessaria per la completezza critica della variegata giuria così composta, la presenza di Lombroso, sociologo, medico, filosofo, giurista ed esponente del positivismo e padre della moderna criminologia. Anche se penserà, in cuor suo, di essersi perso, troverà le sue certezze votando in sequenza i volti e le espressioni dei numerosi cantanti, valutando marginalmente le interpretazioni. Alla fine, aspettando l’assegnazione dei voti finali della nostra specialissima giuria per conoscere il nome del vincitore, mi sono addormentato ritrovandomi nel pieno di un sogno lontano dagli incubi.
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