Siamo convinti che per scomodare il Signor Draghi che nella sua agenda ha un potere di contrattazione gigantesco, qualcuno deve aver avuto una paura fottuta. Non è stato il Presidente Mattarella, né tantomeno le fumose lobbies della piccola Italia.
Mario Draghi é l’asso da giocare nella consapevolezza di un quadro grave, l’extrema ratio. L’uomo che ha già salvato l’Euro e forse il concetto stesso di Europa e che probabilmente oltre alla stima merita anche il “rispetto timoroso” di potenze di calibro mondiale.
L’ascesa di Draghi é tutt’altro che una banalità o un mero fenomeno italico. E’ invece nel mondo occidentale l’evento politico-economico più importante degli ultimi 20 anni. La sua apparizione va giustificata in un quadro più globale di quello limitato della politica nazionale. Senza la prospettiva internazionale, la figura dell’ex presidente della BCE non sarebbe stata coinvolta.
I morti per Covid, pur se urlanti come in un quadro di Picasso, sembrano sempre di più, morti silenziose. Gli Stati Uniti hanno raggiunto lo stesso numero di vittime che nella seconda guerra mondiale ma lo sono pure quelle provocate dai suicidi o le morti indirette per altre patologie. Dei malati abbandonati a se stessi, senza possibilità di accedere a una prognosi, agli esami, alle cure. La morte di una società repressa può non fare rumore.
L’Italia è un ponte naturale che lega i grandi produttori di gas e petrolio dell’Africa del nord col resto dell’Europa. Confiniamo con Francia, Germania, Svizzera, siamo un ordigno pronto ad esplodere contro un intero sistema economico-sociale.
Draghi risponde alla chiamata sull’attenti e l’Italia a guida Draghi si imporrà come futuro Paese guida dell’Europa. Troppo importante il ruolo che oggi riveste geograficamente il nostro Paese e troppo importante la reputazione del nuovo “signore degli anelli”.
Ecco perché si è fatto di tutto per non tornare al voto, c’era il rischio che nuove elezioni avrebbero portato alla scalata le destre. Che sono per niente allineate alle politiche geo-economiche-sociali, ma più vicine a politiche Trumpiste, secessioniste e di appartenenza locale. Non a quelle globalizzanti e includenti dell’ordine economico occidentale, ora chiamate necessariamente ad essere unite e compatte nella nuova battaglia per salvare l’economia degli Stati.
Dopotutto, l’uomo che era destinato alla Presidenza del nostro Paese e che comunque già guadagnava 10 milioni di euro l’anno servendo il sistema finanziario americano, non si sarebbe sporcato tuffandosi nella becera pozzanghera della politica italiana se non ci fosse stato un obiettivo più alto.
Convinciamoci del fatto che stiamo assistendo ad una lotta di sistema tra una democrazia debole, corrotta e quindi inevitabilmente perdente, contro il nuovo sistema “socio-economico cinese”.
Emanuele Occhipinti
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