Religione

“Effatà!”: il Vangelo della guarigione del sordomuto

Gesù continua a spostarsi fuori della Palestina, nei territori pagani. L’evangelista Marco sembra insistere sulla prolungata presenza di Gesù in mezzo ai Gentili. Tutte le barriere sociali e religiose sono così abolite, perché è l’ebreo Gesù che va verso i pagani, entra perfino in una casa pagana e fa vedere come il “pane della salvezza” sia per tutti. Il nostro brano (Mc. 7, 31-37) sulla guarigione di un sordomuto mostra come l’evangelista strutturi il racconto in senso missionario.

Il rito di una guarigione insolita

“Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano…e gli disse: “Effatà”, cioè: “Apriti!”. E subito si aprirono gli orecchi, gli si sciolse il nodo della sua lingua” (vv. 32-35). “Effatà”, apriti, non è l’imperativo del verbo “aprire completamente”. In effetti, il termine “muto” in greco significa anche “colui che parla con difficoltà”, che “parla a stento” o che è impedito nel parlare.

Questa guarigione presenta tanti tratti di novità che stupiscono il lettore. Il primo è la scelta di Gesù di portare l’uomo “in disparte, lontano dalla folla” (v. 33): segretezza e riserbo nell’azione sembrano stargli sempre più a cuore rispetto al clamore crescente che lo circonda. In secondo luogo, tale guarigione è più laboriosa delle precedenti perché ricca di gesti e di parole insolite: le dita di Gesù nelle orecchie e lo “sputare”, seguito dal “toccare” la lingua del muto, il gesto di preghiera alzando lo sguardo al cielo con l’affidamento e la parola taumaturgica finale.

Dopo questo lungo rituale, che aiuta a comprendere come i “gesti” fanno parte di tutte le culture, ma soprattutto, che solo il contatto diretto con Gesù è efficace insieme alla sua Parola potente (“Effatà-Apriti”), la guarigione è immediata e genera grande stupore: “E subito gli si aprirono le sue orecchie, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente” (v. 35). L’effetto immediato della guarigione permanente è narrato con il verbo all’imperfetto “parlava”, che è continuativo e indica che l’azione del parlare si dipana nel tempo e senza intoppi, “correttamente”. Gesù poi ordina il silenzio: “Comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: ‘Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!‘” (vv. 36-37).

Il segreto dell’annuncio

L’ordine del silenzio vale sia per il guarito, sia per i presenti, sia per coloro che gli avevano portato l’uomo sordo e muto. Nonostante tale comando “essi lo annunciavano” (v. 36). Siamo da poco in territorio pagano e assistiamo a una duplice confessione di fede in Gesù: quella della donna siro-fenicia (vv. 24-30) e questa della folla della Decapoli. Una vera accelerazione nella risposta di fede in Gesù, che è accompagnata però dall’ordine del silenzio da parte del Maestro.

Perché si tratta ancora di una fede insufficiente a comprendere appieno la sua identità di Messia e Figlio di Dio in cammino verso la Pasqua a Gerusalemme, e che rischia di appiattirsi sul taumaturgo predicatore itinerante, senza aprire le orecchie e gli occhi sul pieno mistero di morte-risurrezione che attende alla sua sequela. C’è per tutti ancora molta strada da fare, tanti incontri cui partecipare insieme al Maestro e un mistero da vivere, da ricevere e da accogliere, quello pasquale, da celebrare fino al suo ritorno, come dono totale della sua vita nell’orizzonte della redenzione del mondo, come sua “memoria”.

Gesti e parole “battesimali” di Gesù

Gesù incontra un uomo pagano sordo e muto e altri “pregano”, che lo guarisca. Attraverso una serie di gesti e una parola potente, Gesù lo guarisce e lo apre alla comunicazione piena. Il sordomuto è simbolo qualificato del pagano che, prima di credere, è incapace di ascoltare Dio e di lodarlo e confessarlo nella fede, ma una volta “toccato” da Gesù, una volta entrato in contatto/relazione personale, psico-fisica con lui, diventa nuova creatura e avviene una ri-generazione. Perciò i gesti chiari compiuti da Gesù saranno ripresi nella liturgia battesimale, insieme alla sua parola salvifica.

I gesti oltre a essere una “presa di contatto immediato” di Gesù con la persona sorda e muta, sono vie attraverso le quali la persona è “interpellata alla collaborazione”, nella relazione personale con lui e con Dio, che è in azione nella sua persona e Parola salvifica, perciò conservano tale carattere di “appello personale” proprio dell’agire del Maestro di Nazaret. Ecco perché il miracolo non è legato solo a quei gesti, ma all’azione globale di Gesù nella sua unità: alla preghiera (alzare gli occhi al cielo e sospirare) e alla parola di vita di Gesù. Riprendendo il gesto compiuto dal Signore e la sua Parola, il rituale ecclesiale del battesimo ha così portato in profondità e perpetuato sacramentalmente ciò che è stato tramandato dal Vangelo di Marco, dietro cui c’è la testimonianza oculare di Pietro.

“Ha fatto bene ogni cosa” (v. 37): richiama sia l’agire creativo di Dio “in principio” (Gen. 1, 31), e sia la salvezza messianica: “la lingua dei muti grida di gioia” (Is. 35, 5-6). Così per mezzo dell’agire di Gesù viene rinnovata la creazione e si compie la salvezza. Senza tale grazia, l’uomo resta un sordo di fronte al Vangelo, un “dono”, una verità divina connessa con la fede, una conoscenza salvifica.

Forse che il cristiano che si apre all’ascolto della parola di Dio, alla storia di sofferenza di tanti uomini e donne del nostro tempo, che si fa giusto interprete delle loro istanze, che apre il proprio cuore e le proprie mani nell’attuazione di una carità priva di ambiguità, di parzialità, di favoritismi non possa essere anche lui lodato come colui che “fa bene”? Siamo del resto alla sequela del Maestro che ha insegnato, con la sua vita e con la sua morte, a “fare bene ogni cosa”.

Il Capocordata.

Bibliografia consultata: Mazzeo, 2021; Tornambé, 2021.

Redazione

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