È la prima volta che, dinanzi all’Assemblea dei Delegati, si presentano due candidati alla Presidenza dell’Associazione Italiana Calciatori: Giuseppe Dossena e Umberto Calcagno.
Alla vigilia delle elezioni l’ex responsabile del Dipartimento Dilettanti dell’Assocalciatori Massimiliano Cherri chiarisce perché Beppe Dossena non sarebbe il profilo giusto per ricoprire il delicato incarico di Presidente dell’ AIC.
“Premetto che Beppe Dossena si è dovuto candidare dopo il fallimento del progetto Tardelli del quale era il promotore e il relativo Comitato a favore dello stesso Tardelli si è sfaldato con motivazioni ben precise. Dossena ha detto che “È venuta meno la condivisione di quei valori “… quali non lo sappiamo ma lo possiamo immaginare. Sono sempre stato dell’idea – puntualizza Cherri- che una buona carriera da calciatore e un titolo mondiale non possono essere sufficienti per diventare Presidente dell’AIC. Sono necessarie specifiche capacità e competenze, quindi, anche Dossena, come ebbi a dire in precedenza di Tardelli, non ci azzecca per niente con l’Assocalciatori.
In nessun Sindacato, che io ricordi, è stata eletta una persona esterna al movimento stesso, perché la conoscenza della struttura e la continuità di pensiero sono parametri fondamentali. Sarebbe stato giusto se Dossena, che è iscritto all’AIC nel Dipartimento Senior da aprile 2019, avesse chiesto di poter iniziare un percorso all’interno dell’Associazione, per capire e fare esperienza, partecipando attivamente, affrontando tutte le tematiche e le problematiche che, in un grande Sindacato, bisogna saper conoscere e gestire.”
“Umberto Calcagno invece vanta un lungo percorso all’interno dell’AIC come facente parte del Consiglio Direttivo per tanti anni e negli ultimi nove ha anche ricoperto il ruolo di Vicepresidente. Conosco molto bene Calcagno e le motivazioni della sua candidatura; invece per cercare di capire Dossena e il perché si sia candidato dobbiamo andare indietro per rileggere qualche dichiarazione di Tardelli e Dossena, quando decisero di entrare in campo (dicembre 2019).
Dichiarazioni improntate solo sulla base di semplici opinioni e sulla propaganda negativa contro i vertici e le politiche dell’AIC, facendoli passare come autori di chissà quali misfatti commessi, dimostrando, a più riprese, di non aver neanche tentato nessun approccio nei confronti della materia in questione. Una sintesi delle loro dichiarazioni è raccolta in questa frase: l’AIC è un centro di potere, con una gestione opaca e poco trasparente e con bilanci poco chiari.
Ma il centro di potere dell’AIC è il Consiglio Direttivo, che rappresenta tutte le categorie di calciatori e calciatrici, ed è composto in gran parte, giustamente, dai calciatori di serie A. Se si riferisce a loro, vuol dire che va contro la stessa categoria che vorrebbe rappresentare”.
Dossena ha dichiarato che la scelta di candidarsi è stata decisa, per prima cosa, perché non gli sembrava corretto ci fosse un solo candidato.
“Ma la candidatura -sottolinea Cherri- deve essere a servizio di un progetto e non, detta così, come fosse un gioco. A Dossena è stato chiesto con quale squadra presentasse la sua candidatura e la risposta è stata: “ho chiamato intorno a me professionisti legali e fiscali.”
Avremmo preferito come risposta “una squadra di calciatori”, pronti a sostenere la sua candidatura, a dimostrazione di un interesse verso la sostenibilità economica dell’AIC. In queste dichiarazioni campeggiano solo titoli, slogan e annunci, di concreto non c’è niente, se non la dimostrazione di un modus operandi quantomeno inadeguato e insufficiente.
Anche il programma presentato per la sua candidatura non ha né capo e né coda, senza una linea di condotta da seguire e, nei quattordici punti presentati, c’è addirittura qualche spunto di pura demagogia che alimenta paure, come quando arriva a scrivere che il Fondo di Fine Carriera Calciatori/Allenatori, con il protrarsi dello stato di indebitamento e di crisi, rischia di esaurire le risorse da destinare per le richieste del TFR, dichiarazione priva di fondamento. È populismo, per cercare di accattivarsi consensi, promettendo chissà quali risultati a dimostrazione della sua distanza dal Calcio reale.
Sembra un assalto disordinato alla diligenza. Dossena, dal canto suo, nel dopo carriera, è stato molto discontinuo nel suo agire. Ha provato con la politica, ha fatto l’allenatore in varie parti del mondo, il commentatore televisivo con risultati altalenanti, ha aperto e chiuso Società e Associazioni e quindi l’impressione che lascia, con questo suo disordinato percorso, è che gli manchi l’elemento principale, ovvero la stabilità.
La presidenza dell’AIC invece è una cosa molto seria – sottolinea Cherri – improvvisare e pensare di gestire una grossa macchina, una realtà consolidata negli anni e nel territorio, solo perché si è stati bravi calciatori non può essere sufficiente. Dossena, a mio parere, non è all’altezza di poter dirigere il Sindacato dei Calciatori e posso affermarlo sulla base di tanti anni di personale esperienza vissuta all’interno dell’AIC.”
“I calciatori sapranno scegliere la continuità e la competenza di chi, come Umberto Calcagno, negli anni è stato sempre presente, mettendosi oggi ancora di più a disposizione gestendo, con equilibrio e capacità, le criticità create dalla pandemia in atto. Calcagno ha fatto molta gavetta -precisa Cherri – e proviene dalla base, ha giocato molti anni in serie C e terminata la carriera, si è messo subito a disposizione dell’AIC, sotto la sapiente guida del Presidente Campana e del vicepresidente Grosso, facendo esperienza e accrescendo il suo sapere.”
Infine Cherri ha terminato il suo intervento narrando un aneddoto legato al periodo che vedeva Calcagno responsabile della serie C. Raccontando che nelle occasioni delle trasferte in Calabria e Sardegna (per gli incontri con le squadre in difficoltà), lo lasciò negli aeroporti molto tempo prima dell’orario di partenza (lui doveva proseguire le sue visite alle squadre di serie D) e ebbe il piacere di constatare che usava sempre il lungo intervallo di tempo per studiare e aggiornarsi.
Ecco, questo è Calcagno che, secondo Massimiliano Cherri, ha come sue armi migliori, oltre alla capacità e la competenza, anche e soprattutto l’umiltà, la predisposizione e la disponibilità ad ascoltare gli altri, cosa rarissima da riscontrare nel mondo attuale e in un contesti come questi.
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