Elisabetta Federico: nasce L.I.S.A., per aiutare a capire come vengono curati i nostri figli
L’associazione L.I.S.A. sta già offrendo un aiuto a quei genitori che non vogliono rassegnarsi alla verità ufficiale
Come la Fenice, Lisa, morta a seguito di una incredibile serie di errori in una struttura sanitaria “d’eccellenza”, vuole risorgere dalle proprie ceneri nelle sembianze di un’associazione e offrire un aiuto ai piccoli malati e alle loro famiglie nel capire e partecipare i propri percorsi di cura.
Elisabetta, Lisa, 3 novembre 2020
Poco più di due anni fa, il 3 novembre 2020, Elisabetta Federico, Lisa, compì il proprio percorso di sofferenza lasciando sgomenti genitori, parenti e amici. La vita purtroppo è satura di tragedie, e di per sé anche la perdita più atroce, quella di un figlio, nella dimensione sociale è destinata ad essere riposta in un armadio che nessuno vorrebbe più aprire.
Ma il significato della morte di Lisa va ben al di là della pura e semplice tragedia familiare. È assurta ad una dimensione sociale e politica in virtù di tutta quella serie di incredibili errori perpetrati ai suoi danni, già descritti in questa testata il 15 settembre 2022, all’interno di una struttura sanitaria “d’eccellenza”, che hanno portato alla luce gli enormi difetti di “sistema” di cui oggi soffre la Sanità pubblica laziale.
Sulla base della denuncia sporta dai genitori, è ora in corso un procedimento penale per il quale è stato richiesto il rinvio a giudizio per due medici apicali dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, e l’udienza preliminare si terrà il prossimo 15 marzo. Contestualmente, la Procura di Roma sta completando le indagini a carico di Franco Locatelli, responsabile del reparto dove ha trovato la morte Lisa a causa di un avventato trapianto di midollo osseo.
Il significato del sacrificio di Lisa
Al di là degli esiti processuali, i genitori e tutta famiglia hanno da subito cercato di mettere in luce il significato profondo del sacrificio di Lisa. Lisa è morta a seguito di un intervento, ormai considerato di “routine”, a causa di una catena di valutazioni sbagliate, dimenticanze, e omissioni già descritte in dettaglio dal padre, anche in base alle risultanze della perizia del Pubblico Ministero, e che, essendosi consumate nella struttura pediatrica “d’eccellenza” del centro-sud d’Italia, gettano una luce sinistra su tutto l’impianto sanitario regionale.
Sistema sanitario che, riguardo la pediatria, e in particolare quella onco-ematologica, è monopolizzato a Roma come in gran parte del centro–sud italiano dall’ospedale Bambino Gesù. Struttura invero extra-territoriale, che gode di finanziamenti costanti pubblici e privati, che non è tenuto a rendicontare allo Stato italiano grazie agli accordi recentemente stretti all’interno dei Patti Lateranensi (fondi pubblici a volte utilizzati impropriamente per speculazioni finanziarie, e nella cui governance si stanno sinistramente facendo largo investitori qatarioti.
A fronte di questa situazione, si potrebbe accendere una piccola speranza in termini di concorrenza e alternativa nella Sanità pubblica con la promessa, ancora non realizzata nei fatti, della riapertura del piccolo reparto di onco-ematologia presso il Policlinico Umberto I. Promessa strappata anche grazie alla testarda dedizione di associazioni di cittadini, quali ”La Fenice”, il cui attivismo ha messo di fatto alle strette i decisori del più grande complesso ospedaliero pubblico laziale.
L’impegno della famiglia di Lisa
E sul dato di fatto di come spesso le istanze più vicine ai reali bisogni dei cittadini vengano rappresentate quasi esclusivamente dall’associazionismo, la famiglia di Lisa ha deciso di ribaltare la tragedia in una iniziativa di utilità sociale. La neonata associazione L.I.S.A. (Lottiamo Insieme per la Salute degli Adolescenti) vuole muoversi nell’ambito strettamente pediatrico, dentro il quale si prefigge per ora due fondamentali obiettivi.
Il primo, aiutare le famiglie dei piccoli ricoverati ad avere un quadro chiaro, costante e dettagliato circa le diagnosi e le terapie dei piccoli ricoverati. Quante volte ci si ritrova a rincorrere medici assenti, indifferenti ed indaffarati senza avere mai una risposta chiara? E quante volte le frettolose comunicazioni dei medici ospedalieri risultano totalmente incomprensibili e vengono accettate esclusivamente in base allo strenuo desiderio di uscirne il prima possibile, ma senza capire o partecipare le scelte dei medici? Anche da questi meccanismi sono stati stritolati i genitori di Lisa, e ora l’associazione L.I.S.A. offre il suo supporto affinché: “Mai più come per Lisa”.
E se, come nel caso di Lisa, le cose dovessero andare nella maniera peggiore possibile, i genitori e le famiglie hanno il diritto di venire a conoscenza di tutti i dettagli che hanno generato la tragedia. Sappiamo che ancora in molti casi la medicina non riesce a mettere argine al progredire di gravi malattie. Ma in molti, troppi casi il fato viene accompagnato da negligenze a volte imperdonabili, e che spesso si cerca di dissimulare e tenere nascoste agli occhi dei genitori.
Anche su questo secondo versante, l’associazione L.I.S.A. con l’ausilio di avvocati e periti medici esperti del campo, sta già offrendo un aiuto a quei genitori che non vogliono rassegnarsi alla verità ufficiale, o che non riescono a capirla fino in fondo.
In tutto questo, cosa penserà la povera Lisa di questo agitarsi? Da un luogo che scopriremo comunque troppo tardi, lei ci guarda e, in occasione del secondo anniversario della sua morte, ha fatto arrivare alla sua famiglia questo suo pensiero:
Cosa pensa Lisa di quello che sta succedendo?
Due anni di assenza. Mai mi sarei immaginata che la mia vanità potesse essere in così poco tempo soddisfatta. Articoli di giornali, cause giudiziarie, interviste, post, video, associazioni, tutte cose fatte nel mio nome. E io qui, senza far nulla.
Ma io da qui vi sento. Sento il vostro vuoto, sento la vostra pena, sento la vostra rabbia.
Il vuoto è una vertigine inattaccabile. Non la potrete mai annullare, ma solo cercare di nasconderla. Nascondetela con tutto ciò che fate, non dovete farvi sconfiggere da una sensazione.
La pena per la mia sorte cercate di metterla da parte. Io sono morta due volte, nulla è peggio di perdere una speranza nata dopo l’inferno. Ma sono solo stata molto sfortunata. Invece, il vero gigante che vi minaccia è la pena per voi stessi, per la condanna a contare i vostri giorni privi di un così profondo motivo per vivere. Se cerchi di schiacciarlo con la forza dell’indifferenza, ecco che il gigante sbuca fuori con le sembianze del dolore fisico, della rassegnazione, della malattia.
La rabbia è la sola che può sconfiggere il gigante.
La rabbia nata dal poco rispetto e dalla poca cura che io, come Christian, come Flaminio, come Marco Antonio, come Isabel, e come chissà quanti altre povere anime, abbiamo ricevuto da questi dottori. Se la sfortuna doveva comunque accompagnarci fin qui, almeno avremmo meritato le loro notti insonni. E invece ogni notte di dolore per noi è stata come attraversare un deserto. Notte e giorno, vittime dell’indifferenza, della superficialità, dell’avidità, dei bilanci “in attivo”.
La rabbia ora usatela bene, nel nome di noi tutti. Usatela per restituire a tutti i bambini, a tutti gli adolescenti, a tutti i bisognosi una Sanità attenta a cui ci si possa affidare nel dolore e nella paura. Una Sanità umile che non sfugga il confronto e il contraddittorio. Una Sanità che non metta al primo posto i bilanci. Tutte cose che avrebbero salvato la vita a me come a quella di tanti che ora qui ho conosciuto. Una Sanità capace di piangere e di chiedere scusa quando qualcosa va storto.
La rabbia è un’arma potente da usare contro cosa e contro chi ci aggredisce. Ma ha pochissime frecce a disposizione. Usatele bene.
Ciao Mamma, ciao Papà, ciao Bogdan. Continuate a lottare nel mio nome, come in quello di altri bimbi e adolescenti sfortunati. E quando avrete finito di lottare, allora vi sorriderò sicura che il vostro amore per me avrà compiuto il miracolo di essere d’aiuto per gli altri.