Sono passati 37 anni da quel 22 giugno 1983 in cui Emanuela Orlandi scomparve nel nulla. Oggi dalle 18 alle 20, la 15enne cittadina vaticana sarà ricordata con un sit-in in piazza Sant’Apollinare a Roma, il luogo dove di fatto fu vista per l’ultima volta. In occasione dell’anniversario, a Radio Cusano Tv Italia, Pietro Orlandi ha ripercorso le tappe più dolorose della lunga vicenda. Il fratello della Orlandi intervenuto alla trasmissione ‘Crimini e Criminologia’, ha ricordato il momento più brutto, cioè quando ci fu l’illusione di aver finalmente ritrovato Emanuela.
“Di momenti di illusione di aver ritrovato Emanuela viva ce ne sono stati tanti in questi 37 anni. Però, quello in cui noi eravamo veramente convinti di andare a riprendere mia sorella risale al 1993, cioè 10 anni dopo la scomparsa. Quella volta io, mia madre e mio padre ci recammo in Lussemburgo perchè da segnalazioni attendibili e da foto che ci erano arrivate, sembrava che Emanuela fosse tenuta all’interno di un convento di suore di clausura. Quindi partimmo non con l’intenzione di andare a verificare ma di andare finalmente a riabbracciare Emanuela. Con noi c’era tutto il gruppo di inquirenti che indagava sulla scomparsa di mia sorella, tra cui: il giudice Adele Rando e il capo della squadra mobile di Roma Nicola Cavaliere. Furono proprio loro a portarci presso la questura di Lussemburgo.
Gli stessi magistrati erano convinti che stavolta era fatta, che avevamo tutti insieme ritrovato Emanuela e noi ovviamente eravamo al settimo cielo per la gioia. A tal punto che mentre mia madre era nella stanza dove c’era questa suora che avrebbe dovuto essere Emanuela. Io, insieme al dottor Cavaliere mi misi al telefono con tutti i giornalisti italiani dicendo loro ‘preparatevi che torniamo in Italia con mia sorella’. Questo per dire che non avevamo dubbi, quella volta eravamo veramente convinti di averla ritrovata. E invece appena mia madre torno’ dall’incontro capii subito dalla sua faccia disperata che quella suora purtroppo non era Emanuela.
“Vi assicuro che per tutti noi quella volta ci fece molto più male del giorno in cui Emanuela scomparve. Perché in una frazione di secondo passammo dalla gioia più grande alla disperazione totale. Comunque, non molliamo nemmeno dopo 37 anni. Perché restiamo convinti che prima o poi arriveremo alla verità sulla scomparsa di mia sorella, nella speranza che il Vaticano finalmente accetti di sentirmi”.
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