Essere testimoni di Cristo: amarlo e custodire i suoi comandamenti
Lo Spirito che Gesù promette ai Testimoni di Cristo, sarà “nel” discepolo, principio di vita interiore, che manifesta al suo interno la presenza del Cristo
Testimoni di Cristo. Prima di passare da questo mondo al Padre, Gesù promette ai suoi discepoli il dono dello Spirito, del Paraclito, l’”avvocato” che conforterà e proteggerà i discepoli stessi nella lotta che dovranno sostenere in un mondo sempre ostile. Lo Spirito che Gesù promette sarà “nel” discepolo, diventando così principio di vita interiore, che manifesta al suo interno la presenza del Cristo.
Amarlo e custodire i suoi comandamenti: la certezza di ricevere lo Spirito di verità (Gv. 14, 15-21)
Le parole di Gesù iniziano con l’esigenza di amarlo, richiesta che si inquadra nell’atmosfera di alleanza dell’ultimo discorso e dell’ultima cena. Il Signore “domanderà” al Padre un altro Soccorso, un altro Paraclito. Egli è colui che aiuta, l’intercessore, l’avvocato o il testimone a favore della giustizia. In vista degli avvenimenti drammatici che si annunciano e per prepararsi al tempo della prossima solitudine che sarà, a imitazione della sorte subita da Cristo, un tempo di persecuzione, i discepoli hanno bisogno di un sostegno, di una guida, di un tutore, di un protettore. Finora Gesù era stato il loro soccorso, ora egli se ne va, perciò essi hanno bisogno di un altro soccorso e il Padre lo manda nel nome di Gesù, come il sostituto di Gesù, per continuare la sua opera per mezzo dei suoi discepoli. Lo Spirito apporta ai discepoli la piena intelligenza della rivelazione fatta da Gesù e li mette in condizione di testimoniare, con lui, a favore del Signore stesso.
Testimoni di Cristo in virtù dello Spirito Santo
Gesù affida la cura delle sue pecore a un altro protettore, che resterà con loro per sempre, lo “Spirito di verità”, lo Spirito che fa conoscere la verità e fa vivere gli uomini in conformità a essa. Nessuno può dire “Gesù Signore” se non in virtù dello Spirito Santo. I discepoli conoscono lo Spirito poiché egli rimane tra loro e sarà in loro: il mondo non possiede lo Spirito, non vuole conoscerlo; i discepoli, grazie a Dio, lo conoscono, perché lo possiedono. Solo l’uomo che si apre totalmente e si dà allo Spirito lo conosce e lo Spirito si rende presente e contemporaneamente si fa conoscere: per questa ragione egli è Grazia su Grazia. Nel cristiano lo Spirito è la realtà più importante e più vera, il fondamento della sua esistenza cristiana. I verbi “conoscere” e “rimanere” sono al tempo presente, per cui azioni continuative che non riguardano solo il tempo storico in cui sono state proferite, ma si protraggono per l’eternità.
La promessa dell’essere custoditi: figli di un Padre che non lascia orfani
La prospettiva si allarga dagli apostoli alle generazioni future. Gesù promette lo Spirito, ma anche il suo proprio ritorno e l’inabitazione del Padre nei suoi. Si tratta di tre persone delle quali Una chiama l’Altra. Lo Spirito permette all’uomo di vedere il Cristo glorificato, e nel Cristo noi vediamo il Padre. La loro successione è nominata secondo una gradazione pedagogica che ci fa penetrare più profondamente nella realtà divina del cristiano, abitato dalla divina presenza.
Il Signore non lascia orfani i testimoni di Cristo
Il Signore non lascia orfani, nonostante i timori dei discepoli. Nonostante siano totalmente disorientati e turbati, il Signore ritorna. Presto, alla morte di Cristo, il mondo senza fede, il mondo che si fida solo nelle certezze umane non lo vedrà più, perché per esso Gesù apparterrà ormai alla storia, cioè a un passato morto. I discepoli invece lo vedranno vivo, con i loro occhi di carne dopo la risurrezione e più tardi con gli occhi della fede nata da questa stessa risurrezione, due tipi di visioni inseparabili l’uno dall’altro: le apparizioni del Risorto, nonostante il loro carattere passeggero e benché non sembrino destinate a rompere la loro solitudine, sono ben lontane dall’essere senza consistenza e illusorie.
Esse sono per il cristiano alla base della presa di coscienza che il Cristo vive, che resta presente e vivente, e questo non solo per i privilegiati della prima ora, ma anche per tutti coloro che credono nel Cristo, per tutti i membri della Chiesa. I discepoli, vedendo il Cristo vivo, hanno la certezza di vivere essi stessi una vita indistruttibile e sottratta ai colpi della morte. Il Risorto è la risurrezione per tutti gli uomini ed è colui che dà la vita. La morte del cristiano è un fenomeno esterno, che non spezza la vita comunicata dal Cristo. Questa vita inoltre porta in sé la garanzia della risurrezione del corpo.
Amare Gesù è amare il Padre: un amore sempre corrisposto
“Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama” (v. 21). Colui che li conosce ed è a essi fedele, costui ama veramente Gesù. Gesù viene verso i credenti e questi conoscono la comunione col Padre e col Figlio a condizione di amare realmente Gesù, e questo amore aumenta in essi la conoscenza della loro comunione con Dio, sentita come lo stesso movimento d’amore del Padre e del Figlio per i discepoli. “Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (v. 21): il circolo si chiude sul rinnovamento della promessa che il Signore fa loro di “manifestarsi” ai suoi. Gesù non solo tornerà da loro, ma manifesterà a essi la sua persona, in una comunicazione di ordine eminentemente spirituale.
Gesù, tu ci annunci un dono: lo Spirito della verità, colui che ci sostiene nel percorso quotidiano dell’esistenza. E’ lo Spirito “Difensore” che ci difende da logiche che non hanno nulla da spartire con quelle del Vangelo, del mondo nuovo da te annunciato. E’ lo Spirito “Consolatore”, colui che ci induce ad accogliere comportamenti e decisioni improntati sempre all’amore, alla mitezza, alla compassione, alla fraternità, alla condivisione. Ed è questo Spirito di luce e di vita che ci aiuta a districarci tra le proposte complicate e diverse del mondo contemporaneo.
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Bonelli, 2020; Laurita, 2020.
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