Farina, Confcommercio Roma: “Hanno riaperto 7 su 10 e i clienti torneranno”
La nostra intervista al Direttore generale della Confcommercio Roma, Pietro Farina, dopo la riapertura delle attività, lunedì 18 maggio
Lunedì 18 maggio la riapertura delle attività commerciali. Nei giorni precedenti sulle vetrine di gran parte degli esercizi commerciali scritte che sollevavano dubbi sulla possibilità di riprendere alle condizioni imposte da Decreti governativi e ordinanze regionali. Ma quante attività hanno effettivamente riaperto? Lo chiediamo a Pietro Farina, Direttore generale della Confcommercio Roma.
E’ possibile avere un quadro del primo giorno di riapertura a Roma?
Un quadro più attendibile si potrà avere al termine della settimana. Questa prima giornata è stata condizionata ancora da incertezze interpretative. Resta la positività del ritorno al lavoro per circa 7 imprenditori su 10 che hanno dovuto subire la chiusura forzata per più di due mesi.
Molte attività prima del 18 maggio sulle vetrine avevano affisso cartelli con la scritta “Senza aiuti del Governo non possiamo riaprire”. Ritiene che ce la faranno a recuperare fiducia e clienti?
I clienti torneranno, con qualche remora in più e qualche soldo in meno. Per quanto riguarda la fiducia nel Governo e nelle Istituzioni, dipenderà dalle prossime settimane. La sfiducia è molta, visto che di interventi concreti se ne sono visti ben pochi.
I titolari di Ristoranti e bar sono tra i più preoccupati per le difficoltà logistiche del servizio ai clienti. Per molte pizzerie e ristoranti gli spazi esigui non consentono con le norme vigenti una prospettiva di guadagno. C’è chi non riaprirà.
Alla fine, per fortuna, le prescrizioni sul distanziamento si sono affievolite di molto, grazie anche al nostro intervento. Resta di certo un forte limite per chi ha spazi, interni ed esterni, molto ridotti. I costi fissi sono alti, e con un decremento delle attività intorno al 50% non conviene economicamente riaprire.
Si ha la percezione che tutto remi contro le piccole attività a favore dei grandi spazi commerciali. Rappresentano ancora un valore artigiani e negozianti? E se sì perché? E in che modo possono fare a mantenere il loro lavoro?
Il nostro Paese ha una struttura economica che si basa sulla microimpresa, con attività che spesso sono da ritenersi più come un auto impiego. Che queste attività, che rappresentano anche una caratteristica particolare del servizio e dell’accoglienza del Paese, siano vessate da adempimenti e sanzioni inusitate, è miopia politica pura.
Ritiene che questo sia il momento giusto per ripartire e che i rischi siano calcolati?
Su questo dobbiamo affidarci agli esperti. Quello che è certo è che il Paese sta rischiando di morire anche per mancanza di lavoro. Ritengo in conclusione che, se di rischio si parla, in presenza di protocolli che saranno scrupolosamente osservati, questo rischio bisogna correrlo.
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