(DIRE) Per la prima volta in Italia- ma anche in Europa non era mai stato fatto- gli esperti si sono seduti intorno a un tavolo e hanno messo a punto un documento per la tutela degli operatori sanitari che preparano e maneggiano i farmaci oncologici, potenzialmente cancerogeni. Ha il patrocinio di SIFO (la Società dei farmacisti ospedalieri e dei servizi farmaceutici delle aziende sanitarie) e di AIIAO (Associazione italiana infermieri di area oncologica) il primo documento di consenso a livello europeo sulla “Gestione del rischio di esposizione del personale sanitario nella manipolazione dei farmaci antineoplastici iniettabili”, presentato questa mattina a Milano. Alla stesura del documento – a cui si è arrivati con il contributo incondizionato di Bd, Becton Dickinson– hanno lavorato esperti di diverse estrazioni professionali, dall’Inail ai farmacisti ospedalieri (ha partecipato ai lavori anche un magistrato), decisi a tracciare le linee guida sulla gestione dei farmaci antiblastici, con siderati “hazardous drugs”, ossia “cancerogeni per l’uomo” come evidenziato anche da IARC – Agenzia internazionale per la Ricerca sul Cancro.
E’ stata documentata, infatti, l’esistenza del rischio di tossicità a breve e a lungo termine per gli operatori addetti alla preparazione e somministrazione dei trattamenti e quindi un chiaro nesso causale tra esposizione professionale e possibilità di sviluppo di neoplasie: le possibili vie di esposizione più frequenti sono quella inalatoria o da contatto con rischio di tossicità acuta o tardiva. Si possono verificare, ad esempio, “reazioni di ipersensibilità, irritazione, congiuntivite o allergia“, spiega Francesca De Plato, che per SIFO è referente nazionale per il ‘Rischio chimico e biologico’.
Il problema riguarda quanto mai i farmacisti ospedalieri, responsabili del controllo delle prescrizioni e della preparazione (in condizioni di sterilità) dei farmaci chemioterapici, immunoterapici e farmaci biologici. Come ricorda il presidente SIFO, Marcello Pani, “negli ultimi anni il ruolo del farmacista ospedaliero si è molto evoluto e la sua complessità è cresciuta di pari passo con quella dei farmaci e dei sempre maggiori livelli di qualità e sicurezza richiesti in campo sanitario”. Questo “primo documento tutto italiano che oggi presentiamo– prosegue Pani- è frutto del lavoro di esperti di diverse estrazioni professionali, che per la prima volta evidenzia le fasi di un processo molto articolato, che sta dietro la composizione dei farmaci antiblastici, ma che soprattutto nasce dalla necessità di attuare misure di prevenzione nella preparazione e somministrazione dei farmaci antiblastici al fine di garantire l’appropriatezza prescrittiva e la sicurezza della terapia“. Per Roberto Lombardi, del dipartime nto Innovazioni tecnologiche, settore ricerca e certificazioni dell’Inail, nonostante esista già una legge che impone la valutazione del rischio, in molte le realtà questo ancora non avviene e dunque “si è reso necessario un documento che sollevi l’attenzione sul problema e definisca procedure precise, anche dal punto di vista tecnico, nelle misure di sicurezza a tutela dell’operatore e anche del paziente”.
I farmacisti ospedalieri sono i professionisti responsabili del controllo delle prescrizioni e della preparazione in sterilità dei chemioterapici, immunoterapici e farmaci biologici. Le attività di preparazione dei farmaci oncologici si svolgono all’interno di Unità denominate Ufa (Unità farmaci antiblastici), la cui finalità è quella di garantire la qualità del prodotto finito e la sicurezza in tutte le fasi di lavoro. Delle 331 oncologie censite in Italia, oggi circa l’80% sono servite da Ufa. Ogni unità (in cui lavorano uno o due farmacisti e tre o quattro infermieri) ha un volume di attività che si aggira sulle 20.000 unità di somministrazione per anno, ma ce ne sono anche alcune dove il dato raggiunge le 40.000 unità all’anno. “Il farmacista ha da sempre avuto un ruolo rilevante nella gestione del farmaco e negli ultimi anni si è assistito ad una importante evoluzione di questa figura professionale – dichiara Emanuela Omodeo Salè, referente nazionale Oncologia SIFO -.
La crescente personalizzazione delle terapie, soprattutto in ambito oncologico dove si utilizzano ora trattamenti super personalizzati e dosi ad hoc, non solo ha reso più complesso il ruolo del farmacista essendo più eterogeneo l’algoritmo decisionale del trattamento del paziente, ma ha imposto anche la necessità di considerare con sempre maggiore preoccupazione i rischi legati all’esposizione professionale a questi composti da parte del personale sanitario coinvolto nella loro preparazione, somministrazione e smaltimento”. Un aiuto arriva dalla tecnologia: esistono infatti dispositivi innovativi detti a “circuito chiuso” (ermetici e a stagno), che devono essere impiegati durante la preparazione e somministrazione. “È necessario, però, scegliere sistemi che abbiano veramente caratteristiche tecnologiche volte a garantire il sistema ermetico, che meccanicamente impedisca la fuoriuscita dei farmaci pericolosi, la contaminazione microbiologica del farmaco stesso, garantendo al contempo che gli operatori non vengano a contatto con le sostanze anti blastiche”, conclude De Plato.
* Foto Agenzia Dire
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