Torna ad animare la capitale il Festival del cinema di Roma 2021, che vede celebrare la settima arte, tra star nazionali e internazionali, in un programma davvero ricchissimo e pieno di sorprese.
Una 16^ edizione caratterizzata dall’entusiasmo e l’energia di una grande festa, nessun concorso, ma una celebrazione del cinema in tutte le sue sfaccettature.
Ed è in questo scenario che tra le proiezioni del 20 ottobre presso l’Auditorium Parco della Musica , sono emersi due documentari “tributo” dedicati a due grandi artiste italiane: Monica vitti e Caterina Caselli.
“Una vita, cento vite” è il documentario, firmato da Renato De Maria, su Caterina Caselli. Dall’infanzia agli esordi musicali, da Modena a Roma fino al successo con Sanremo, si alternano aneddoti intimi a testimonianze pubbliche, ne esce il ritratto di una donna che ha attraversato il tempo e talvolta lo ha anche anticipato.
Precorritrice di mode, nell’epoca dei “capelloni”, sfoggia con orgoglio il suo emblematico “caschetto d’oro”, ispirato proprio all’omonimo film di Jacques Becker.
Un animo rock ed energico che trascende il tempo. La storia di un’artista innovativa e rivoluzionaria, libera, col suo look sbarazzino, nella sua arte. Non a caso Paolo Conte le disse: «Canti come la lavandaia sulla riva di un ruscello, in libertà, con naturalezza».
Caterina Caselli entra nella propria macchina del tempo e ci fa rivivere le sue “Cento vite” attraverso le melodie e le voci dei tanti talenti scoperti: Elisa, Andrea Bocelli, i Negramaro, il trio Morandi-Tozzi-Ruggeri che con “Si può dare di più” vinse Sanremo nel 1987. E ancora: Un’estate italiana del duo Giannini-Bennato per i Mondiali di calcio del 1990, Elisa ed Ennio Morricone con il brano “Ancora qui” che nasce per la colonna sonora di “Django Unchained”di Quentin Tarantino.
Destinata a lasciare un segno indelebile nella storia della musica Italiana, conquista il grande pubblico con la vittoria “morale” di Sanremo nel 1966, conl’inno “beat”italiano per eccellenza: “Nessuno mi può giudicare”, classificatasi seconda dopo “Dio come ti amo”di Gigliola Cinquetti e Domenico Modugno.
Un pezzo che ancora oggi, a distanza di 55 anni, unisce le generazione in un canto libero, che non possiamo fare a meno di cantare senza dimenarci in un ballo scatenato, proprio come fece l’attrice Monica Vitti, quando venne ospitata a Studio Uno.
Una diva fatale, avvolta in abito nero e veli: così si presenta Monica Vitti al fianco di Lelio Luttazzi nella puntata dello show televisivo Studio Uno del 26 febbraio 1966.
Tuttavia, quello che a prima vista potrebbe sembrare un momento di consacrazione per l’attrice romana, si trasforma immediatamente in un siparietto umoristico: si prende in giro la Vitti, spogliandosi di quel ruolo da diva che non l’è mai appartenuto, con l’ironia che l’ha sempre contraddistinta.
Ed è proprio questo suo duplice lato, che incuriosisce e traspare nel documentario di Fabrizio Corallo“Vitti d’arte, Vitti d’amore”.
Nel documentario ritroviamo la Vitti “regina della commedia”, quella di “Dramma della gelosia di Ettore Scola, 1970, “una specie di rovescio di divorzio all’italiana, in cui teneva testa a Mastroianni e a un giovane Giannini” ; quella di “Amore mio aiutami”, di “ Polvere di stelle” e di “ Lo so che tu sai che io so”. Poi c’è l’altra Monica, il volto dell’incomunicabilità, l’attrice tormentata e non risolta, il mistero e il silenzio, la voce interiore e la Tetralogia con Michelangelo Antonioni.
Il documentario di Corallo è un racconto autentico e diretto che celebra il suo estro attraverso frammenti dei suoi film, interviste, programmi televisivi, premiazioni.
Un vero e proprio amarcord dunque, dove le “cento vite” di Caterina Caselli interagiscono tutte assieme, e trovano espressione nella musica, mentre le altrettante “vite” di Monica Vitti trovano sfogo nelle sue interpretazioni teatrali e nel cinema.
Due artiste sempre in controtendenza. Capaci di trasformarsi, di prendersi in giro, di entrare nel cuore del pubblico, di far vibrare corde ormai arrugginite, sempre intense, energiche, profonde.
Due carriere differenti, due artiste straordinarie.
“Volevo solo cantare” disse Caterina Caselli, “Recitare era ed è la mia vita” ammise Monica Vitti. Artiste senza tempo che non smetteranno di emozionarci neanche fra 100 anni.
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