Negli ultimi anni si sente parlare sempre più insistentemente di Fibromialgia ma, cosa si intende esattamente con questo termine?
Luca Baiera: E’ vero, negli ultimi anni si sente parlare sempre più di Fibromialgia detta anche Sindrome di Atlante ovvero, come veniva chiamata intorno agli anni ’60, PANALGESIA.
Non è una patologia molto semplice da individuare poiché è considerata una sindrome idiopatica di origine per lo più sconosciuta, caratterizzata da un insieme di dolori muscolari cronici ed evidenti in tutto il corpo. Ma anche da altri ed ulteriori risvolti sintomatici spesso invalidanti anche dal punto di vista della vita sociale quotidiana da parte del paziente fibromialgico come l’astenia e l’insonnia. Nonché una forma di reumatismo extra-articolare non di normale natura infiammatoria, del tutto “sui generis”.
Hai parlato di un’origine pressoché sconosciuta di questa patologia ma, l’insorgere dei sintomi da te elencati, possibile non abbiano una causa precisa?
Luca: Come già evidenziato, l’eziologia o meglio, l’origine di questa patologia non è ancora ben chiara, non foss’altro perché sembrerebbe dipendere da molti fattori che interagiscono tra loro. Come per esempio una supposta familiarità genetica piuttosto che una reazione allergica non meglio identificata a livello dell’assetto immunitario del soggetto. Ovvero disfunzioni generiche inerenti l’attività dei recettori neurologici.
Unitamente ai suddetti ipotetici fattori se ne annoverano altri di natura forse ancor più soggettiva. Come un eventuale trauma fisico o psichico vissuto in modo molto rilevante, il quale completerebbe il quadro dell’eziopatogenesi di questa malattia di per sé già alquanto complicato e misterioso.
In un quadro così incerto, esiste un target in particolare nei confronti del quale la Fibromialgia o comunque i sintomi da te elencati si manifestano?
Luca: Diciamo che in quest’ottica il sesso femminile è quello che sembrerebbe soffrire di più di questa patologia e probabilmente, sulla base degli studi che proseguono in tale direzione, ciò potrebbe dipendere dagli ormoni estrogeni che sono, per l’appunto, maggiormente presenti nel sesso femminile e che avrebbero un’incidenza molto marcata e multifunzionale nei confronti del sistema immunitario e del Sistema Nervoso Centrale (SNC).
Abbiamo parlato sin qui della difficoltà oggettiva a individuare una o più cause di questa patologia tanto fastidiosa quanto, per certi versi abbiamo detto, misteriosa ma esiste un metodo per diagnosticarla più o meno in tempi accettabili?
Luca: A tal proposito, c’è da dire che non esiste ancora un vero e proprio esame diagnostico strumentale per la Fibromialgia certamente però, all’insorgere di alcuni sintomi diffusi come per esempio la presenza di dolori da almeno tre mesi, un perenne e reiterato senso di affaticamento unitamente a disturbi del sonno nonché cognitivi di vario genere ma anche la comparsa di celiachia o artrite, potrebbero e dovrebbero far scattare un campanello d’allarme da parte del soggetto colpito e indurlo ad operare una serie di accertamenti polivalenti vista, come dicevamo in principio, la multifattorialità dell’insorgenza sintomatologica.
Sei un esperto e un professionista del movimento e allora, in quest’ottica ti chiedo, il paziente fibromialgico può svolgere attività fisica? E, in caso affermativo, quale dovrebbe essere l’approccio più corretto da tenere?
Luca: Iniziamo col dire che il trattamento terapeutico della Fibromialgia è finalizzato soprattutto ad una terapia d’urto contro i dolori di cui parlavamo in precedenza e, in tale direzione, l’applicazione strumentale delle TENS (Stimolazione Elettrica Nervosa Transcutanea) è di grande aiuto dopodiché la farmacologia ci corre in sostegno soprattutto per quanto concerne l’impiego di miorilassanti a livello della muscolatura periferica oltre ad alcuni farmaci in circolazione che agiscono sulla Serotonina e direttamente sui meccanismi centrali della patologia.
Per quanto riguarda l’attività fisica invece che è l’aspetto che in questo caso ci preme maggiormente, sovente siamo portati a pensare che in presenza di una qualsivoglia patologia non sia possibile o comunque sia molto difficile praticare Sport o attività fisica in genere.
Ebbene, al di là del fatto che gli studi degli ultimi anni in materia di approccio Biosanitario allo Sport e all’Attività Fisica in generale hanno evidenziato sempre più la necessità di considerare il movimento come un vero e proprio “Farmaco Biologico e Naturale” per l’organismo sia in condizioni normali come prevenzione che in presenza di numerose patologie come cura non farmacologica, c’è da dire che nel caso della Fibromialgia il trattamento iniziale è rappresentato proprio dall’Attività Fisica che è possibile svolgere sia a secco che immersi in acqua, se calda è ancor meglio.
A tal proposito esistono numerose attività fisiche e sportive che in condizioni normali possono essere svolte stando immersi nell’acqua come Acquagym per esempio oppure Hydrobike, tuttavia, nel caso specifico di un’attività da svolgere in presenza di Fibromialgia c’è da dire che l’immersione nell’acqua calda prima di tutto può ridurre il dolore poiché permette ai muscoli di rilassarsi dopodiché puo’ anche, per così dire, alleggerire i medesimi riducendone gli spasmi grazie al lavoro antigravitazionale che gli stessi si trovano a svolgere sott’acqua.
Un aspetto importante nell’ambito dell’approccio all’attività fisica e quindi, all’approccio non farmacologico alla Fibromialgia riguarda l’intensità con la quale devono essere svolti gli esercizi, soprattutto quelli a secco per gli arti superiori e inferiori. L’intensità deve essere di livello medio/basso ossia, devono essere svolti ad un’intensità tale da scongiurare i DOMS (Indolenzimenti muscolari ad insorgenza ritardata) classici delle ore e dei giorni successivi al lavoro svolto e che sarebbero assolutamente controproducenti in presenza della patologia Fibromialgica.
Dopodiché c’è anche da dire che a mano a mano che le sedute andranno avanti il dolore potrebbe farsi più insistente fino ad arrivare ad un progressivo miglioramento di tutta la sintomatologia e questo è un aspetto da non sottovalutare ma anzi, assolutamente da condividere con il paziente stesso onde evitare scoraggiamenti e spiacevoli abbandoni.
Alla luce di tutto questo, come potrebbe essere strutturata una seduta di allenamento per un paziente Fibromialgico?
Luca: Innanzitutto c’è da dire che una seduta di allenamento di questo tipo, dovrebbe avere una durata di 45/60 minuti al massimo, all’interno della quale i primi dieci minuti saranno dedicati alla fase di riscaldamento partendo da movimenti a bassa intensità ma comunque progressiva nello scorrere dei minuti, finalizzata ad aumentare la temperatura corporea e muscolare, fino ad arrivare al 60% della Frequenza Cardiaca Massima e coinvolgendo prevalentemente gli arti inferiori;
Successivamente al riscaldamento passeremo alla fase centrale della seduta, quella cruciale che avrà la durata di circa trenta minuti e sarà composta di un lavoro aerobico da svolgersi all’interno di un range cardiaco che andra’ dal 65% all’85% della Frequenza Cardiaca Massima;
Il lavoro da svolgere in questa fase sarà improntato per lo più su esercizi a corpo libero con modalità continuativa, partendo da una bassa intensità per poi passare a lavori di Interval (Interval Training) o a circuito (Circuit Training) da svolgersi ad un’intensità più elevata ma sempre atta ad evitare gli indolenzimenti dei giorni successivi;
Infine, gli ultimi dieci minuti saranno dedicati alla fase di raffreddamento e rilassamento dove verranno svolti nuovamente esercizi a bassa intensità in modo tale da riportare la Frequenza Cardiaca al suo ritmo fisiologico, in modo graduale.
A corredo e a sostegno dell’attività fisica e quindi dell’approccio alla terapia non farmacologica da parte del paziente Fibromialgico, negli ultimi anni si è rivelato di grande supporto anche l’apporto del Training Autogeno inteso come “Terapia di Rilassamento Muscolare Profondo”, finalizzato all’allentamento ed alla distensione dei muscoli oggetto di sintomatologia dolorosa diffusa.
In conclusione, potremmo chiudere affermando che lo Sport e l’Attività Fisica in generale rappresentano la miglior medicina naturale e/o di supporto anche in presenza di patologie importanti?
Luca: Direi di si, nel modo più assoluto anche perché proprio nel caso specifico della Fibromialgia, c’è da porre l’accento sul fatto che il paziente che ne soffre spesso risulta essere anche ipocondriaco poiché la vasta sintomatologia della malattia può generare pesanti stati d’ansia atti a peggiorare l’assetto psicologico del soggetto pur non avendo, la patologia stessa, un’origine psicologica né psichiatrica, come già evidenziato in precedenza e quindi, in questo stato di cose, l’avvicinamento allo Sport ed all’Attività Fisica da parte di un soggetto così sofferente non può che avere degli straordinari benefici non solo a livello psico-fisico ma anche a livello di inclusione sociale.
La Fibromialgia è da considerarsi una malattia organica anche e soprattutto alla luce delle innumerevoli alterazioni fisiologiche che comporta ed essa presuppone un grande sostegno da parte di chi la vive anche indirettamente perché la disabilità di cui soffre il soggetto interessato è quasi sempre nascosta o poco visibile e necessita di quella comprensione atta a renderla quanto più evidente possibile affinché il paziente stesso venga realmente aiutato e supportato e non sottovalutato o addirittura mal interpretato.
Luca Baiera è preparatore Atletico, Allenatore Settori Giovanili F.I.G.C. – L.N.D. UEFA C. Istruttore Ginnastica Posturale Funzionale, Istruttore Fitness per il Dimagrimento, Kinesiologo. Da Operatore nell’ambito delle Scienze Motorie con indirizzo Biosanitario, si occupa principalmente di preparazione atletica negli Sport di squadra e attualmente nel Calcio. Oltre a prendersi cura di tutto quanto ruota intorno al mondo del benessere psico-fisico della persona.
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