Categorie: Politica

Finmeccanica-Enav, Alemanno si difende: “Non sono indagato”

Anche la Cassazione ha confermato come legittimo il sequestro dei documenti dallo studio di Navach – per “esigenze probatorie” e quindi come “mezzo della prova” – precedentemente disposto dalla Procura di Roma, dopo le accuse avanzate dall'imprenditore Tommaso Di Lernia su un presunto sistema di fondi legati a una sovrafatturazioni negli appalti Finmeccanica-Enav che nel 201, almeno in parte, avrebbero finanziato Gianni Alemanno.

L’ex sindaco di Roma, comunque, non risulta indagato. Nonostante questo, però, la Cassazione parla di “seri indizi” a carico dell’ex primo cittadino della Capitale “nell’ambito dell’appalto per l’ammodernamento dello scalo di Palermo Punta Raisi, attraverso operazioni di sovrafatturazioni, sarebbero state create provviste finanziere destinate all’allora sindaco Giovanni Alemanno”. Secondo il pm Paolo Ielo che ha condotto l’inchiesta e secondo la ricostruzione della Cassazione nella sentenza 11488 depositata il 19 marzo, l’appalto per i lavori a Punta Raisi “era stato affidato, senza procedura concorsuale, da Enav a Selex Sistemi integrati spa, che a sua volta aveva subappaltato parte dei lavori all’Ati, formata da Frint Sistem srl, riconducibile al Di Lernia stesso, e dalla Electron Italia; l’Ati aveva affidato, poi, lavori progettuali relativi al suddetto appalto alla Delta 9 Progetti srl, società riconducibile a Roberto Massimi, genero di Michele Navach, a sua volta direttore dei lavori dell’appalto per conto di Enav spa”.

“È una forzatura comunicativa parlare di ‘seri indizi’ nei miei confronti per quanto riguarda l'indagine Finmeccanica-Enav”, è la replica di Gianni Alemanno. “Infatti – aggiunge – per questa indagine, cominciata da anni, io non risulto neppure nel registro degli indagati e tantomeno sono stato sentito dai magistrati. La Cassazione oggi ha confermato la sentenza del Tribunale del Riesame solo per quanto riguarda il sequestro dei documenti di Michele Navach, perché i ‘seri indizi’ riguardano solo l'ipotesi di un meccanismo di sovraffatturazione che l'imprenditore Di Lernia avrebbe messo in atto”.

Redazione

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