Formaggi d’Italia: da tre elementi poveri un alimento ricco di sapore
La locandina di Apicio è la rubrica di food economia di Domenico di Catania, consulente economista e chef
Formaggi d’Italia: dall’alchimia di tre elementi poveri un alimento ricco di sapore. Un cibo che non manca mai in nessuna casa è il formaggio; chi di noi non utilizza almeno il parmigiano o grana padano grattugiato sulla pasta per un abbinamento morbido diciamo “dolce” e pecorino per chi lo vuole più forte e decisamente “salato-saporito”? La ricetta più semplice che ci sia è quella del formaggio infatti è composto da latte, caglio e sale; ma è nell’arte dei maestri casari e nell’utilizzo di questi tre elementi trasformare una ricetta povera in uno degli immancabili piaceri della tavola. Il latte può essere di mucca, capra, pecora o bufala, il caglio è solitamente animale, più raramente vegetale. Ogni formaggio ha in sé le caratteristiche che provengono dal tipo di latte usato, dal metodo di produzione, dall’affinamento e stagionatura, ma anche dal tipo di pasta: molle o cremosa, semi dura o dura, filata.
Formaggio fra storia e leggenda. Le prime tracce di formaggio sono state ritrovate su una mummia della Cina nordoccidentale risalente al periodo del 1615 a.C. , la leggenda, invece, vuole che un mercante arabo, dovendo attraversare il deserto, ha ben pensato di conservare il latte in una bisaccia creata dallo stomaco di una pecora. Ma il caldo, gli enzimi dello stomaco di pecora e il movimento acidificando il latte lo trasformarono in formaggio. In effetti gli elementi fondamentali del formaggio sono il latte, gli enzimi, il movimento e la consequenziale acidificazione per cui è una leggenda ma non tanto lontano dalla realtà.
Tornando alla storia, Marco Terenzio Varrone identifica la prima e vera produzione casearia dei romani descrivendo i formaggi che nel II secolo a.C. vengono utilizzati cioè vaccini, caprini e ovini e nel suo trattato “De Rustica” parla della preferenza di formaggi ottenuti con il caglio di capretto, agnello o lepre come coagulanti del latte, accelerando la stagionatura dei formaggi mettendoli sotto pressione con dei pesi forati. Plinio il vecchio riferisce che in svizzera il primo formaggio risale al 58 d. C. con gli stessi processi utilizzati dai romani. Gli etruschi nello stesso periodo utilizzavano i coagulanti di tipo vegetale come il latte di fico e il fiore di cardo (ancora oggi utilizzato). Durante il Medioevo la fabbricazione e l’uso del formaggio continuarono ad essere praticati su vasta scala in tutti i Paesi Europei dove i Romani avevano diffuso questa tecnica. Naturalmente non si può ancora parlare di industria vera e proprio, bensì di fabbricazione domestica.
Nel XV secolo un medico italiano, Pantaleone da Confidenza (Vercelli), resosi illustre in Francia, scrisse una “Summa lacticiniorum”, dove ricordava tutta una serie di celebri formaggi Francesi, come quelli di Nimes, Brie, della Grande Chartreuse, ma anche dai nomi non proprio allegri, come Testa di Morto o Testa di Frate, con i quali, visto il loro essere “delicatissimi et gustui soaves”, si potevano fare dei crostini di pane e formaggio fuso. In Italia le sistematiche irrigazioni del terreno, che fin dal XIII secolo cominciarono a praticarsi su vasta scala nel Parmense e nella Bassa Lombardia, ebbero anche come risultato quello di iniziare, con l’aumento del bestiame, una vera e propria industria casearia, che andò sempre più sviluppandosi nei secoli seguenti e che ebbe in Parma e Piacenza i suoi centri principali.
Fin dall’epoca di Carlo VIII (1470 – 1498) questi formaggi si diffusero largamente anche in Francia, a danno della produzione locale e nel secolo seguente non mancano testimonianze attestanti come alla fabbricazione degli stessi formaggi francesi fossero preposte maestranze venute dall’Italia. Lo sviluppo delle scienze naturali applicate e quello della meccanica diedero naturalmente un impulso alla tecnica casearia, sfrondandola a poco a poco dall’empirismo che l’avvolgeva e rendendola quale essa è oggi costituita, una vera e propria scienza della caseificazione di cui noi italiani siamo i principali artefici.
Il sapore. Ecco perché mi permetto di dire che i formaggi sono un patrimonio della nostra storia, un patrimonio della nostra cultura gastronomica infatti, in questo articolo non voglio entrare nelle tecniche di produzione, ma voglio aiutare il lettore a tradurre in parole le percezioni che il formaggio trasmette ai nostri sensi, voglio cercare di raccontare il sapore. Riconduco i sapori e gli odori del formaggio a queste sensazioni (che sono, anche, frutto di un interessantissimo corso di assaggiatori di formaggi – ONAF – al quale partecipai un pò di anni fa) :
Latte (Lattico). Sensazioni tipiche derivate dal tipo di latte di base, burrosità, panna fresca, acidità, sentori specifici del latte
Erba (Vegetale). Sensazioni vegetali varie compresa la verdura e le erbe selvatiche. Sentori di erbe di campo, paglia, fieno, prato tagliato, muschio, aglio, cipolla, funghi tartufi, carciofi ecc.
Frutta (Peculiarità di frutto). Sensazioni riconducibili a qualche tipo di frutto naturale sia naturale che secco, cotto o tostato. Sentori di agrumi, pera, mela, mandorla, noce, nocciola, castagna ecc.
Animale (Peculariatà animale). Sensazioni di pelle, di animale intenso in senso proprio, di cuoio, di stalla, di bestie di razza bovina, caprina, ovina, bufalina ecc.
Spezia (Speziato). Sensazioni riconducibile a qualcuna delle tante spezie esistenti sulla terra tipo pepe, zenzero, noce moscata, zafferano, cardamono, cannella, chiodi di garofano ecc.
Altro. Sentori di lievito, glutammato di sodio, alcol etilico, rancido, salame, aceto, ammoniaca. Sulfureo, ammuffito ecc.
Come presentare il formaggio a tavola. Il gusto del formaggio non è uniforme in tutta la sua massa quindi per ogni tipo vi è un taglio diverso che permette di godere di tutta la gamma del suo sapore. Consiglio sempre di chiedere a chi lo vende o, ancora meglio, a chi lo produce, su come tagliarlo. Dopodiché è importante presentare il formaggio su un supporto naturale del tipo legno, vimini, paglia, marmo, ardesia non consiglio i vassoi di inox o di argento perché ne alterano il gusto, possono essere guarniti con foglie di vite, fiori o frutta.
La degustazione. La prima essenziale norma che bisogna toglierli dal frigo un ora e mezza prima di servirli. Degustarli a temperatura ambiente. Se ci sono una serie di formaggi si inizia dal più dolce e si arriva ai più salati/saporiti e si termina sempre con gli erborinati.
Come si conservano. Il miglior modo è quello di riporre i formaggi in scatole di legno perché conservano il giusto tasso di igrometria (il giusto tasso di umidità). Un altro metodo è quello di avvolgerli nella carta di confezionamento e porli in una tasca di plastica non chiusa. Mantenerli nella parte bassa del frigo. I due nemici del formaggio sono l’eccesso di freddo che lo rende arido, secco bloccando il processo evolutivo e le qualità organolettiche, e l’eccesso di caldo che provoca una ulteriore fermentazione che accelera la degradazione dello stesso.
Come si abbinano… Formaggio e vino e formaggio e miele rappresentano a meraviglia la tradizione e la storia della nostra gastronomia. Intorno a questi abbinamenti si possono realizzare dei pasti semplici e straordinari allo stesso tempo e concepire una sinfonia di gusti che potranno variare quasi all’infinito.
…Al vino. I formaggi freschi (mozzarella, crescenza, caprino) sono caratterizzati da morbidezza e cremosità al palato, ma anche da un’accentuata acidità: avremo quindi bisogno di vini che puliscano la bocca, ma non siano troppo alti di acidità, come bianchi o rosati giovani e morbidi e non troppo aromatici come il Verdicchio, il Soave, il Bardolino rosato ma anche un Prosecco extra dry.
I formaggi di media stagionatura possono essere a pasta molle (Taleggio, Quartirolo, Caciotta) o a pasta dura (Caciocavallo, Fontina, Montasio). Acquisiscono consistenza al palato, un gusto e profumi più decisi e caratteristici di fieno, erba e frutta secca. I primi saranno ben abbinati con bianchi di media struttura tipo Chardonnay, Greco o Grillo o con rossi leggeri stile Marzemino o Pinot Nero, mentre i secondi saranno equilibrati con vini tipo Dolcetto o Chianti.
I formaggi di lunga stagionatura (Parmigiano Reggiano, Pecorino, Bitto) esprimono complessità di profumi al naso, sono accattivanti ed intensi al palato e di lunga persistenza olfattiva. L‘abbinamento richiede grandi vini, di lungo invecchiamento e corposi, come un Aglianico, un Sagrantino, un Nebbiolo o un Brunello.
Se serviti come aperitivo saranno perfetti in abbinamento con Spumanti o Prosecchi.
Un discorso a parte lo faccio per gli erborinati (Gorgonzola, Stilton, Roquefort), non sempre cremosi ma sempre dal gusto molto forte, deciso e unico. Questi formaggi hanno difficoltà di abbinamento con i normali vini fin qui presi ad esempio, ma sono in armonia con i vini dolci, passiti o liquorosi. Da provare quindi con Vin Santo, Recioto (bianco di Soave o rosso della Valpolicella), Torchiato o Torcolato, Marsala, Porto o Pedro Ximenez.
…Al miele. Formaggi erborinati, come il gorgonzola, o altri a stagionatura media, come pecorino romano, provolone e Toma piemontese al Miele d’acacia, generalmente di consistenza liquida o comunque piuttosto fluida, è caratterizzato da un profumo tenue, floreale e leggermente fruttato. il sapore, anch’esso delicato, è dolce, vanigliato e con una leggerissima acidità.
Formaggi a media stagionatura come Grana e Parmigiano, caprini stagionati e Asiago, ma anche caciotte, formaggio di fossa o Raschera DOP al Miele di castagno, fluido o a cristallizzazione molto lenta è caratterizzato da un profumo ed un sapore intensi, tendenzialmente amari e molto persistenti.
Formaggi caprini, e gli ottimi Bitto e Castelmagno al Miele di tiglio, caratterizzato dalla formazione di cristalli grossi e irregolari, presenta un profumo fresco, mentolato e balsamico. Il sapore, piuttosto particolare e anch’esso fresco e balsamico, è in prevalenza dolce, ma rilascia un inaspettato retrogusto leggermente agrumato e amaro.
Pecorini semi-stagionato, ricotta di pecora e il caciocavallo al Miele di agrumi, prodotto con i fiori di diverse piante di Citrus, come arancio, limone, cedro e mandarino, ha un intenso profumo che ricorda quello dei fiori dai quali proviene. Il sapore, piuttosto intenso, presenta note floreali e fruttate e risulta lievemente acidulo.
Formaggi affumicati, ma anche formaggi a pasta semidura, come Tilsiter e Montasio al Miele di melata, scuro e di consistenza piuttosto densa, ha un profumo intenso, con note che richiamano i profumi di verdura cotta e marmellata di pomodori. Il sapore, piuttosto intenso e persistente, con toni al malto e presenta note lievemente salate e acidule.
Al caciocavallo e l’Asiago accostiamo il miele di eucalipto che è caratterizzato da un profumo intenso, pungente e vagamente simile a quello dei funghi secchi. Il sapore, deciso e persistente, è maltato e possiede sentori di caramello.
Formaggi di capra, ma anche con provola dolce e Montasio il Miele di lavanda, ricavato dall’omonimo fiore, ha un profumo floreale e gradevolmente intenso. Il sapore è fruttato, con sentori che ricordano il frutto della passione, il fico maturo e la mandorla.
Consiglio di degustare con il pane a lievitazione naturale e di campagna un pò con tutti i formaggi ma il particolare con tutti i stagionati, il pane al cumino con i formaggi a croste lavate, il pane ai cereali si adatta bene con i formaggi freschi, trovo anche ottimo l’accostamento del pane alle noci con il gorgonzola dolce ; infine la frutta, in particolare il famoso accostamento con le pere con i formaggi tipo il silano, caciocavalli e scamorze, ma anche con i formaggi erborinati come il gorgonzola.
Aspetti economici
Il paese con la più “alta densità di formaggi” è proprio l’Italia con una presenza di quasi 400 tipologie, ogni regione ne ha tanti tipici che rappresentano i singoli territori, è notizia recentissima della Confagricoltura annunciata in occasione del 'World Milk Day', la giornata mondiale del latte istituita dalla Fao nel 2001, che si è celebrata il 1 giugno 2017 che i prodotti ottenuti dal latte italiano sono aumentati negli ultimi anni. La produzione di burro è aumentata del 32% (fortunatamente per le note vicende legate all’olio di palma il burro è utilizzato in sostituzione) dal 1982 mentre la produzione di formaggi è più che raddoppiata. La produzione di qualità è trainata dall'interesse crescente dei consumatori e dell'industria alimentare. Cambia l'atteggiamento dell'industria alimentare che – osserva Confagricoltura – sta modificando gli ingredienti dei prodotti alimentari, mutano le scelte dei consumatori che fanno grande consumo di yogurt, fermentati, prodotti lattiero-caseari light, congeniali ai nuovi stili di vita attenti al benessere ed alla salute". "Ed i Millennials (cioe i nati tra il 1980 ed il 2000), – prosegue Confagricoltura – riscoprono i grandi formaggi a denominazione d'origine protetta che hanno un ruolo di rilievo nell'aperitivo pomeridiano-serale; sempre più spesso si predilige l'abbinamento d'eccellenza formaggio e Prosecco".
Un'altra eccellenza della gastronomia italiana che sta diventando trainante per l’economia nazionale.
La ricetta
NOCI DI MOZZARELLA DI BUFALA CAMPANA
Premesso che da buon campano la mozzarella la mangio fresca a morsi come un bambino che immerge il viso in una torta piena di panna e nutella, vi suggerisco di utilizzare questa ricetta se dopo tre giorni ne è rimasta ( vi dico la verità a me negli ultimi vent’anni è successo due volte). Scherzo …ma non troppo!
Ingredienti per 6 persone:
– Mozzarella di Bufala Campana 250 g
– farina 1 cucchiaio
– uova 1
– parmigiano grattugiato 1 cucchiaio
– prezzemolo 1 ciuffo
– olio per friggere
– farina
– sale e pepe q.b.
Far asciugare la Mozzarella di Bufala Campana 1 giorno in frigo. Tagliarla a fette e farne colare l'acqua residua. Tritarla e metterla in una terrina, lavorarla con le mani fino a farla divenire cremosa, liscia e filante. Ora aggiungere, un poco alla volta, l'uovo, la farina setacciata, il parmigiano, il prezzemolo tritato, sale e pepe. Lavorare ancora e mettere in frigo per qualche ora. Fare scaldare abbondante olio in un pentolino, fare con l'impasto delle palline grandi come una noce (infarinare le mani, per lavorare meglio), infarinarle e friggerle, due o tre pezzi per volta. Estrarle quando sono ben colorite, sgocciolarle bene e farle asciugare sulla carta per fritti. Volendo, invece di infarinarle, si possono impanare.
Risotto Gorgonzola e Fragole
Per “par condicio” una semplice ma ottima ricetta con un altro grande formaggio il “Gorgonzola” dell’omonima cittadina del milanese, che si sposa benissimo con il contrasto acido-dolce della fragola.
Ingredienti per 4 Persone
– 320g riso
– 1/2 cipolla
– 100 ml vino bianco
– 12 fragole + 2 per guarnire
– circa 1 l di brodo vegetale
– 100 g gorgonzola
– sale, pepe, olio, qb
Tagliare la cipolla a fettine sottili e rosolare in un tegame con un po di burro. Quando è appassita, ma non ha preso colore, unire il riso e fare tostare. Sfumare con il vino e una volta che si è asciugato, cominciare a bagnare il riso con il brodo, aggiustando di sale e pepe. Verso fine cottura (circa tre minuti prima), aggiungere le fragole tagliate a pezzettini, ma non troppo piccoli, ancora un po’ di brodo, mescolare finche il riso è cotto e il brodo asciugato. Spegnere il fuoco, unire il gorgonzola e mantecare a completo scioglimento. Servire ben caldo con una coreografia di fragole tagliate.
Buon appetito
Domenico di Catania
Food consultant
331.3321474