Nella splendida cornice di Casale Baldetti a Frascati, lunedi 10 ottobre si è svolta la Masterclass di 9 vini, 3 di Frascati, 3 della Loira e 3 della Borgogna, dal titolo Frascati incontra la Francia. Artefice dell’evento, Paolo Gherardi, grazie anche alla collaborazione del Comune di Frascati e del Consorzio del Frascati Doc/Docg.
Relatori per l’occasione Christian Roger (Wine Expert & Coach) e Jacky Rigaux (Scrittore e Responsabile formazione presso Universitè de Bourgogne, tra i suoi libri da evidenziare “Il Vino capovolto”), che durante le degustazioni dei vini hanno saputo guidare la Masterclass, tenendo sempre alta l’attenzione degli intervenuti. Lo hanno fatto attraverso il racconto di aneddoti, curiosità e, soprattutto portando alla luce un aspetto fondamentale della degustazione dimenticata.
Un tempo, i Monaci Benedettini, successivamente i Monaci Cistercensi e poi i Gourmet, ossia persone incaricate della degustazione dei vini, dovevano assaggiare gli stessi al fine di confermare le caratteristiche legate all’origine geologica del vino e garantire la provenienza da un Terroir rispetto ad un altro ben specifico, servendosi anche dell’ausilio del Tastevin, con il quale venivano privilegiati l’aspetto visivo e gustativo.
Solo verso la metà del secolo scorso si è sviluppata l’analisi sensoriale legata per la maggior parte sull’importanza degli aromi olfattivi, sulla percezione aromatica, utilizzando un opportuno calice da vino a discapito del Tastevin, simbolo dei Sommelier.
Va precisato che la degustazione del vino ha attraversato, nel corso del tempo, mode e tendenze e il consumo ha prevalso sull’amore per il vino. La viticoltura convenzionale ha preso il sopravvento sulla viticoltura biologica e biodinamica, i vini possono essere costruiti ovunque, in ogni luogo, in ogni cantina, snaturando così il valore insito nel solido legame tra territorio e viticoltura.
Non dimentichiamo cos’è successo durante la rivoluzione francese dove veniva deciso che tutti dovevano bere lo stesso vino in quanto ognuno era uguale all’altro. Bisognerà attendere Napoleone III e gli intellettuali dell’800 per ritornare a produrre grandi vini, ognuno capace di raccontare le proprie caratteristiche.
Sorge quindi una prima domanda, quanti vini nel mondo restituiscono il gusto e la storia del luogo? Tutti i vigneti in Europa sono storici, Francia e Italia in primis, attraverso l’attenzione al clima, al suolo al terroir devono essere capaci di ispirare la viticoltura nel mondo. Una attenzione doverosa riposta ai vini del luogo, del proprio territorio, affinché abbiano un futuro legato alle loro diversità, servendosi anche della degustazione Geo-Sensoriale, che dovrà essere arricchita delle conoscenze attuali, concorrendo così alla difesa della cultura storica vitivinicola contro la logica dell’industria vinicola che mortifica i territori, generando sempre più prodotti lineari, banali ed uguali privi di memoria.
Come diceva Henry Jayer, il vino non nasce per esser annusato, è fatto per essere bevuto. Degustare alla maniera dell’intenditore non squalifica l’analisi sensoriale, ma la riconduce alla sua storia e al suo ambito.
Un’altra domanda posta conduce alla tecnica gustativa, è opportuno approcciarsi al vino attraverso la tecnica dell’analisi sensoriale o tornare al tastevin, attraverso la degustazione geo-sensoriale.
La risposta è senza dubbio legata alla salvaguardia territoriale e dei suoi vitigni storici a fronte dell’industria vinicola, sapendo ben equilibrare le varie metodiche gustative capaci di portare avanti la conoscenza del territorio e del suo forte legame vitivinicolo con la consapevolezza che quando si parla di terroir si espongono i vini aventi una propria appartenenza territoriale nella quale confluiscono scelte produttive legate alla climatologia zonale, alle diversità di suolo, alle consuetudini di potatura, al metodo di raccolta, ai processi di vinificazione e alla maturazione in opportuni recipienti.
Come scriveva Robert Louis Stevenson, il vino è poesia in bottiglia e aggiungiamo, non tutti sanno recitare o decantare una poesia, occorre passione, conoscenza, in parole povere “amore per ciò che si fa”.
Marco Bordon, Sommelier AIS
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