Frosinone, botte e umiliazioni al figlio: lo chiamava “Cenerentolo”
Violenze fisiche e psicologiche sul figlio e la moglie, il bambino doveva “guadagnarsi il cibo in casa”
È finito l’incubo di un bambino di 11 anni residente a Frosinone, da anni maltrattato e umiliato dal patrigno. Il padre lo chiamava “Cenerentolo” e lo riempiva di botte se non svolgeva lavori in casa.
L’uomo, secondo marito della mamma dell’11enne, è un professionista di 50 anni. La mamma del bambino, rimasta vedova durante la gravidanza, pensava di aver trovato la serenità con quell’uomo che prometteva di crescere il bambino nel suo grembo come fosse suo. Le cose però andavano sempre peggio. Al bambino venivano affidati compiti faticosi come la pulizia del piazzale, dare da mangiare agli animali da pollaio e di estirpare le erbacce che crescevano in giardino. Solo dopo aver svolto i lavori poteva fare i compiti di scuola.
I FATTI
Era disposto a subire qualsiasi sopruso il bambino, perché la reazione del 50 enne era terribilmente violenta. Se non svolgeva bene il lavoro che gli assegnava quotidianamente erano botte a non finire.
Percosse e minacce che si estendevano anche alla madre se provava a difendere il figlio. La donna, ha avuto altri due bambini con il marito-orco. Da anni vivevano nella disperazione. Il marito le impediva persino di uscire a fare la spesa, provvedeva lui. Era arrivato anche a vitare alla donna di partecipare alle messe in suffragio del marito deceduto.
L’uomo aveva soprannominato il ragazzino come “Cenerentolo”. Il suo compito era guadagnarsi il cibo che consumava perché era frutto del lavoro dell’uomo.
LA FINE DELL’INCUBO
Qualche settimana fa la donna, è riuscita a mettere fine alle violenze per lei e suo figlio, trovando il coraggio di scappare di casa e rivolgendosi al centro antiviolenza “spazio Osa” di Frosinone che si occupa soprattutto dei maltrattamenti sulle donne.
L’undicenne, ascoltato dai servizi sociali, ha raccontato di come il patrigno lo torturava ogni giorno facendogli pulire i bagni di casa e costringendolo ai i lavori più umili. L’uomo è stato rinviato a giudizio con l’accusa di maltrattamenti aggravati.
Adesso il bambino, tramite la mamma si è costituito parte civile. Avrebbe riferito di non voler più avere alcun contatto con il patrigno. Nella prima udienza salirà sul banco dei testimoni dell’accusa la nonna paterna che per prima si era accorta di quanto il nipote fosse infelice e disperato.
*Se sei vittima di violenza o stalking chiama il numero 1522.