Funerali Casamonica, quanto vale la nostra indignazione
“Dateci le lacrime delle cose e risparmiateci le vostre”, così argomentava lo scrittore Nantas Salvalaggio
"Dateci le lacrime delle cose e risparmiateci le vostre", così argomentava lo scrittore Nantas Salvalaggio, ripetendo l'affermazione del filosofo Francesco De Santis. Parliamo del funerale di Vittorio Casamonica, a Roma, parrocchia Don Bosco al Tuscolano, una cerimonia pomposa oltre il limite della decenza che ieri ha rappresentato l'argomento principale di discussione. Ne abbiamo parlato tutti. Una domanda ricorrente è stata "Chi ha dato l'autorizzazione?". La Questura ha risposto: 1) Che loro sapevano nulla del funerale; 2) Che l'elicottero noleggiato, per ordinarie modalità di sorvolo in un'area non interessata a restrizioni di sicurezza, non necessitava di autorizzazioni; 3) Che il signor Vittorio Casamonica, risulta ai margini degli ambienti criminali, come confermato da recenti attività investigative nel corso delle quali lo stesso non è mai emerso.
Come a dire che il signor Vittorio Casamonica era quasi una persona dabbene. Ma proprio questa ultima nota è la più difficile da lasciar andare. Perché la Questura ci ha tenuto ad affermare che il signor Casamonica era solo ai margini degli ambienti criminali? E' una precisazione che non serviva, perché buono o cattivo che fosse, Vittorio Casamonica è comunque morto e nessuno si è chiesto se fosse o meno una brava persona. Questa è una domanda che non ci siamo posti. Le domande giuste invece erano altre: Chi ha dato l'autorizzazione? Una persona qualunque potrebbe mettere in scena un funerale come ha fatto la famiglia Casamonica per il loro parente defunto? Chi era presente a quel funerale?
Infine, sentirsi dire che la Questura sapeva nulla di quel funerale è un'aggravante e non una giustificazione, un'affermazione comunque non credibile. E veniamo all'indignazione. Molti si sono indignati vedendo le immagini del funerale, fuori dalla Chiesa, una cerimonia disgustosa, un'esternazione di potere arrogante e insopportabile. E' la mia stessa indignazione. Quello che sostengo è che però ci debba essere una misura nell'espressione del nostro sdegno. Faccio l'esempio dello spaccio in alcuni quartieri di Roma (San Basilio, San Lorenzo, Pigneto) perché lo trovo giusto a sostenere il mio ragionamento. Quei quartieri sono tenuti in ostaggio dai boss locali che hanno organizzato sul territorio una rete di sentinelle, controllori, venditori. E' una faccenda che non coinvolge solo gli spacciatori di eroina e cocaina da una parte e i compratori, tossicodipendenti, dall'altra, ma che avvolge tutti i residenti, costretti comunque a una libertà personale limitata. Quelli che abitano nelle zone di spaccio non possono affacciarsi dalla finestra e dal balcone perché chi spaccia non vuole che qualcuno guardi. Hanno tutti paura perché basta poco a far succedere qualcosa di brutto. E le donne? Può una donna permettersi di rincasare sola, la sera, in quei quartieri? Ecco, questo stato di paura costante che affligge quei nostri concittadini, senza colpe, e che indigna nessuno, a mio avviso merita uno sdegno maggiore rispetto al funerale di Vittorio Casamonica perché quell'arroganza è il frutto di un potere che gli viene proprio dall'impunità di cui stiamo parlando.