Categorie: Opinioni

FuturAprilia: analisi sulla proposta di legge per l’affido condiviso

L'Associazione FuturAprilia, il 15 aprile scorso, ha organizzato un incontro  di approfondimento e di dibattito sul D.D.L. Pillon, la famigerata proposta di legge sull'affido condiviso. Al fine di fare più chiarezza sul disegno di legge in questione, l’Ass. "FuturAprilia" ha realizzato il "focus" con la partecipazione di quattro relatori, le avvocatesse Natalia Capirchio e Valeriana Cianconi e gli psicologi Oriana Cogliandro e Maurizio Santopietro, ponendo in evidenza alcuni aspetti controversi del DDL. Moderatrice, la dott.ssa Marianna De Lellis. I due legali hanno fatto presente che, in Italia, l'affido condiviso è già regolato dalla Legge n.54/2006. La legge, ben costruita, sarebbe già di per sé sufficiente, e non avrebbe bisogno di aggiustamenti, se fosse compiutamente osservata nell'ambito del procedimento legale di separazione. Il DDL Pillon, nei suoi aspetti negativi, aggiunge solo ulteriori fasi procedimentali e propedeutiche alla separazione, per esempio regolando l'istituto della mediazione obbligatoria, condizione indispensabile per l'avvio della pratica di separazione.

È già stato acclarato che, la mediazione, quando obbligatoria, risulta nella maggior parte dei casi, inutile. Inoltre, tale proposta di legge, pone in secondo piano la figura del minore, nella misura in cui, per esempio, stabilisce il diritto del minore a trascorrere tempi paritetici con i due genitori. Salvo, poi, condizionare tale diritto alla richiesta di uno di questi ultimi.  Ove fossimo in presenza di un diritto, il suo esercizio non dovrebbe essere condizionato dalla volontà arbitraria di chi formula, eventualmente, la richiesta. I tempi paritetici sono, inoltre, di difficile attuazione ed incostituzionali nella parte in cui non tengono conto del concreto interesse del minore. Fortunatamente sarà il Parlamento la sede "Referente" e non la Commissione, sede "Redigente".

La psicologa Oriana Cogliandro si è soffermata su quello che succede quando due persone decidono di formare una coppia e la ricaduta della rottura stessa sul minore. Una ricaduta, prima di tutto di natura psicologica, sia psicosomatica, in quanto il perdurare dei conflitti, degli stati d'ansia nell'ambito di una famiglia che affronta la separazione, può arrecare molteplici disturbi, fra cui, ad esempio: disturbi cardiocircolatori, disfunzioni del comportamento alimentare (obesità, anoressia), a cui si aggiungono le difficoltà a mantenere costante l’attenzione (a scuola, soprattutto) e l’instabilità umorale.

Infine, lo psicologo Santopietro ha incentrato il suo intervento su quella che potremmo definire la “madre” di tutte le questioni: la conflittualità. Un’intensa  o persistente litigiosità nella coppia, separata o meno, che pure non esibita davanti ai figli, produce effetti negativi e, potenzialmente, anti sociali sul minore che, da adulto, riprodurrebbe analoghi modelli interattivi mediante la "trasmissione intergenerazionale del disagio familiare".

Più che la separazione in sé, è la tensione abituale presente nel clima familiare a provocare effetti dannosi sui bambini. Una separazione senza o con bassa conflittualità, consente ai minori di elaborare nuovi equilibri di adattamento, che in genere si riesce a trovare entro i primi due anni dall’evento separazione. Inoltre, una buona separazione consente ai bambini di non pensarsi più come "colpevoli" di quanto accaduto tra i genitori, e di sollevarli "dall’auto-incarico di farli stare insieme". La conflittualità elevata della coppia, non permette infatti di concentrarsi sulle cure dei figli che, a loro volta, per trovare spazi affettivi visibili, sono "costretti" ad esagerare le condotte comportamentali fino ai limiti dello "scontro aperto", ingenerando un circolo vizioso che complica un clima familiare già molto teso dalla litigiosità coniugale. Quindi, il primo passo da intraprendere quando si manifestano i primi contrasti familiari, è quello di gestire in maniera civile e contenuta i disaccordi della coppia. Il dibattito è giunto alla sua conclusione con un monito preciso: "la tutela del minore va intesa essenzialmente come sua salvaguardia dalla conflittualità tra i genitori".

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