Cucina

Gabriele Bonci, l’evoluzione della pizza verso la tradizione

Qual è lo street food romano per eccellenza? La pizza al taglio ovviamente! E noi siamo andati a trovare il numero 1 non solo a Roma ma in tutta Italia, Gabriele Bonci, il “Michelangelo della pizza”. Genio e sregolatezza, come tutti gli artisti, colui che ha rivoluzionato la pizza romana. Lo incontriamo nel suo ufficio dal quale, attraverso una vetrata, possiamo vedere il laboratorio del panificio. E’ l’ora di pranzo e nel piccolo negozio la gente fa la fila di fuori per un pezzo di pizza o di pane.

Gabriele ovviamente è molto impegnato ma appena riesce a liberarsi, con grande disponibilità, ci raggiunge. E’ un fiume in piena, ha voglia di raccontarsi e soprattutto di raccontarci la sua idea di pizza.

Intervista a Gabriele Bonci

Buongiorno Gabriele, tu nasci come cuoco dopo aver frequentato la scuola alberghiera. Quando e perché hai deciso di dirigere le tue attenzioni verso la pizza?

Tutto è successo nel 2003, lavoravo per Arcangelo Dandini (patronne di Supplizio, a Roma) poi lui chiude e si trasferisce licenziandomi e tenendo il resto della squadra. A quel punto stanco della situazione decido di convertire la mia passione per la cucina e in particolare per la materia prima e la ricerca tutto sulla pizza. L’idea fu sbagliata e per due anni ho dormito sui sacchi di farina, mi alzavo alle 4 di mattina e andavo a dormire a mezzanotte. Non veniva nessuno e facevo solo le pizze precotte per le altre pizzerie.

Ma dovevo riuscire per forza così decido di mettermi sul forum pizza.it, iniziano le prime consulenze, i primi contatti e divento un’icona nell’ambito della pizza, tanto che decido di entrare nel forum del Gambero Rosso dove c’era il grande Stefano Bonilli (giornalista enogastronomico e fondatore del Gambero Rosso) e inizio a parlare di pizza. In quel periodo si parlava soprattutto di alta gastronomia e del piatto attorno al quale girava il pensiero. A quel punto ho deciso di trasformare il pensiero in materia.

Così nasce una pizza con il banco arcobaleno e quando veniva montata sembrava un mosaico dai mille colori, sopra le pizze c’era di tutto. Iniziamo a fare rumore e nasce questa gestazione, perché credo che il mio lavoro sia ancora in gestazione, ancora non c’è stato il concepimento. La pizza è giovane, è del 1970 e la pizza al taglio nasce a Roma negli anni 60. Se pensiamo a quanto sia tradizionale la pizza napoletana noi siamo ancora una briciola su un territorio enorme.

La pizza al taglio nasce a Roma negli anni 60

Ti sei sempre dedicato alla pizza a taglio?

Con la pizza tonda non sono stato mai capito! Io amo la pizza al mattarello, non mangio altro, 120 gr. di peso e 33 cm di raggio. A Roma anche la pizza al mattarello è giovane, a Napoli sono 260 gr. a Roma 120 gr. perché il romano prima vuole la bruschetta e il supplì. Nella storia delle pizzerie romane non abbiamo pizzaioli italiani, sono quasi tutti egiziani abituati a maneggiare il mattarello perché facevano il pane in questo modo. La pizza tonda più buona che abbia mai mangiato è quella dell’obitorio (Pizzeria Ai Marmi) a Trastevere e adesso dalla mia pizzeria è nato un altro pizzaiolo che si sta facendo strada che è Sami. Mamma italiana, papà egiziano (grande pizzaiolo) e sta riportando in alto il mattarello.

Perché dici che la tua pizza è ancora in gestazione?

Perché penso che il vero concepimento ci sarà quando diventerà di tutti. Qualcosa è cambiato, anche nell’immagine. La rivoluzione vera e propria l’ha fatta quando è diventata così per tutti. Con il supplì di pasta, che sta alla pasta fritta napoletana come il supplì sta all’arancino e la frittatina di pasta napoletana sarà sempre più buona. Parte un’idea che è agibile e contagia qualsiasi pensiero che, come materia, fa pizza quindi aziona la materia e crea un punto di tradizione; ho reinventato la tradizione.

Bonci: “Agricoltura, solo agricoltura”

Qual è la tua missione?

Distruggere l’industria, distruggere il passato per rinnovare il presente. Agricoltura, solo agricoltura. E’ la mia missione più grande, e ci sto riuscendo, è il lavoro su terre pubbliche del Lazio. Il Lazio conta 550 aziende agricole su terra pubblica. Il Lazio è una grandissima regione e Roma è una regione nella Regione totalmente agricola, basta pensare che 180 di queste aziende le troviamo nel Parco di Vejo. Questa è una grandissima rivoluzione, Roma non è soltanto il centro, giustamente conservato dal Vaticano. Perché non spostare il turismo anche fuori Roma? Perché non far vedere la nostra agricoltura? La terra è meravigliosa, se la smuovi ci trovi un pezzo d’anfora, un soldatino di piombo e un cubo di plastica chiamato Lego, rimane tutto in memoria.

Tutti i prodotti che usi provengono da queste aziende?

Assolutamente si! Logicamente uso pochissimi salumi che mi faccio da solo o provengono da altre regioni perché Roma non ha una storia di salumi. A Roma c’è una grande storia di pastorizia, infatti voglio recuperare la pecora, che è in grande sofferenza. Oggi i pastori vendono soltanto il latte e l’abbacchio, buttano la lana e la carne di pecora. Io sto facendo salumi di pecora e vorrei fare dei gilet per i miei ragazzi con la lana della prossima tosatura. Riuscire a lavorare il materiale al 100% in terra pubblica romana è il mio sogno, per questo dico che siamo ancora in gestazione. Io faccio oltre 1000 ingressi al giorno e ogni morso di pizza sono mq di terreno coltivati.

Quasi tutto il grano e le farine che usiamo provengono dal Lazio

Quali farine usi?

Seleziono personalmente il grano che usiamo, quest’anno stiamo facendo un bellissimo lavoro su terra pubblica infatti utilizzo il sorgo che viene coltivato in una azienda agricola sulla Cassia. Qui coltivano specialmente sorgo e lupini, che però nessuno compra. Invece lavorando sull’amido di questo sorgo ho creato un impasto eccezionale salvando di fatto questa azienda che può continuare a coltivarlo. Tramite la mia pizza oggi tanta gente mangia sorgo, ho fatto anche un impasto di sorgo e riso. Quasi tutto il grano e le farine che usiamo provengono dal Lazio, solo una parte di grano tenero viene dall’Emilia. Ora in una azienda agricola di Formello, ed in maniera “villana” sui terreni di Subiaco, sto coltivando il monococco che è il primo cereale addomesticato dall’uomo sulla faccia della terra.

Perché, dopo Pizzarium, apri anche il panificio?

Il panificio è un sacrificio, era il mio sogno, il mio punto di arrivo e forse è stato la mia condanna. Il panificio è un investimento dove doveva esserci un sogno fermato dalle amministrazioni, dalla mala organizzazione e da tante altre cose. Noi siamo 100% puliti ed etici, i miei operai timbrano addirittura il cartellino, non esiste un fornaio che timbra il cartellino. Tutti hanno una banca ore che poi vengono scalate, ci sono ragazzi che stanno facendo 4 mesi di ferie! Per me questa è una grande soddisfazione, il costo della mia pizza è rapportato al valore dell’uomo. Perché la pizza di Bonci costa 45€ al Kg? Perché il banchista prende 1600€/mese, un lavapiatti 1500€, hanno tutti i contributi e le ferie. Qui dentro sono nati quasi 20 bambini e le mamme rimangano a casa finchè non allattano. Ho assunto anche donne già incinte!

Bonci è anche pane e supplì di pasta

Come nasce il supplì di pasta?

Nasce da una lasagna! La domenica mia mamma fa la lasagna, me ne porta un po’ al lavoro e mentre friggevo i supplì ne taglio un quadrato, lo impano e lo friggo e viene buonissimo. Da quel punto inizio a provare altre paste come gli spaghetti al pomodoro e pian piano anche altro. All’inizio, nel 2004, mi tiravano le banane addosso, ero molto criticato ma sono andato avanti ed anche i supplì di pasta hanno avuto il loro successo, ovviamente non hanno nulla a che vedere con le frittatine di pasta napoletane.

Riesci a portare avanti tutto questo?

Mi sembra di si, anche con tutte le difficoltà! Facevamo anche 1000 kg di pane che distribuivamo ovunque, poi il Covid ci ha fermato ed ho dovuto togliere quasi tutta la distribuzione. Inoltre i ragazzi del Mercato Centrale mi hanno truffato non pagandomi per due mesi, mandandomi via e rubandomi il personale, sembra che ci sia ancora io lì ma non è così, l’avventura alla Stazione Termini è terminata!

Sei sbarcato anche in America?

L’America è stata un’esigenza anche se sono pentito perché non stanno facendo un buon lavoro ma comunque ho intenzione di sistemare le cose perché è una grande opportunità. La prima pizza che ho fatto in America, con grande gioia, è stata quella con prosciutto cotto e ananas. Per concludere sta per arrivare il mio nuovo libro, Madre Pizza (in uscita il 15 Novembre); ed infine sono tra i protagonisti della docu-serie di Netflix, “Chef’s table: pizza”.

Simone Pacifici

Nato a Tivoli (Rm) il 28/07/1977, narratore di enogastronomia per la passione ereditata dalla famiglia materna. Negli anni ha frequentato corsi di cucina, pasticceria, sala e giornalismo enogastronomico.

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