22 giugno – C’è stato un tempo in cui Gabriele Paolini, 47 anni, era noto per essere il più famoso disturbatore della tv. Il suo volto compariva spesso alle spalle di giornalisti e presentatori televisivi, disturbandone il lavoro. L’uomo è finito più e più volte sul piccolo schermo per le sue comparsate; mal sopportato da chi, in sua presenza, cercasse invano di lavorare, divenendo così famoso in tutta la nazione.
Negli anni non hanno fatto che accumularsi i reati e le denunce nei confronti della sua persona. Tra i quali spiccano le accuse di pedofilia, finite al centro dell’interesse mediatico fin dal 2013, ma che lui stesso ha sempre respinto. Ieri notte è arrivata la sentenza definitiva nei suoi confronti. All’alba, gli agenti del distretto di polizia di Roma San Basilio hanno notificato l’ordine di esecuzione della pena emesso dalla Corte d’Appello di Roma. E Paolini è stato trasportato presso il carcere penitenziario di Vazia di Rieti, dove si trova in questo momento recluso e dove dovrà scontare i restanti 8 anni di pena.
Tra i gravi reati che il disturbatore della Tv deve scontare, gravissime sono le accuse di pedofilia e pedopornografia, a cui si sommano quelli altrettanto gravi di induzione alla prostituzione minorile, tentata violenza sessuale sui minori ed estorsione. Ma la difesa di Gabriele Paolini continua a ribadire la sua innocenza. Anzi, il suo legale ha così commentato la pena: «Un’occasione perduta per la giustizia, Il mio assistito si è sempre professato innocente».
La prima denuncia nei confronti della sua persona risale proprio al 2013, e fu da parte di un diciassettenne. Secondo i giudici, da quel momento Paolini avrebbe messo in atto un insistente tentativo di persuasione che, di fatto, consisteva nell’offerta di denaro e regali di ogni tipo in cambio di rapporti sessuali, nei confronti di diversi adolescenti.
Nel 2015 la procura di Roma lo aveva rinviato a giudizio per violenza sessuale aggravata e interruzione di servizio pubblico. Paolini aveva infatti palpeggiato una giornalista, che non aveva quindi potuto proseguire il suo lavoro. Il 9 giugno 2017 l’uomo era stato quindi condannato a 5 anni di reclusione per produzione di materiale pedopornografico e tentata violenza sessuale su minori, ma fino a ora aveva scontato soltanto 19 giorni di carcere e 20 mesi di arresti domiciliari.
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