Cultura

Genazzano, lo scrigno del ninfeo del Bramante

Luogo che vai, meraviglie che trovi.
Genazzano, antico borgo medioevale che si allunga su uno sperone tufaceo dai vicoli che si diramano lungo tutto il paese, i fiori sui balconi, le lenzuola stese sui davanzali, le donne anziane affacciate dalle finestre che ti sorridono quando passi, i profumi di sughi che bollono nelle pentole e i panorami mozzafiato che si aprono all’improvviso dietro un angolo come cartoline piovute dal cielo.

La fortezza dei Colonna a dominare il paese

E poi la fortezza dei Colonna che domina dall’alto il borgo come un silenzioso e severo guardiano, il Palazzo Apolloni gotico in stile aragonese del XV secolo, con un portale ad arco ribassato e le preziose finestre a bifore in tufo a sesto acuto con colonne tortili, il Santuario Madre del Buon Consiglio, anch’esso del XV secolo, dove la tradizione vuole si sia posata, portata da una schiera di angeli, l’immagine della Madonna di Scutari, in Albania, all’arrivo dei musulmani, la Chiesa di San Paolo Apostolo col bellissimo campanile romanico a torre quadrata e tanti altri piccoli, grandi tesori che fanno di questo piccolo paese, presente nel guinness dei primati per l’infiorata più grande dl mondo (1.642,57 mq), uno dei tanti piccoli gioielli a pochi chilometri da Roma.

Il Ninfeo, una meraviglia poco conosciuta

Proprio qui, c’è una meraviglia che varrebbe da sola il viaggio, una di quelle, forse troppe, meraviglie sparse nel nostro Paese che meriterebbe più considerazione e meno disinteresse.
È il Ninfeo attribuito al grandissimo architetto e pittore rinascimentale Donato di Angelo di Pascuccio, più noto con il nome di Bramante.
Risale agli inizi del Cinquecento, epoca in cui i Colonna decisero di realizzare un giardino nella valle di Soglia dove avevano numerose proprietà e dove scorreva il Fossato, fiancheggiante la via pubblica che da Genazzano andava a Paliano.

Qui sorge il Ninfeo, oggi in stato di rovina, ma un tempo grandiosa e imponente opera, che coniugava le reminiscenze della classicità romana con le aspirazioni del classicismo rinascimentale.
Progettato sul modello della villa suburbana antica con riferimenti alla Basilica di Massenzio e all’architettura termale, era stato concepito come un padiglione estivo per la sosta in campagna e per spettacoli all’aperto.
I fori mai chiusi praticati sui muri per i ponteggi e l’assenza di fuliggine nella canna fumaria della cucina, ci dicono che il ninfeo non fu mai concluso e che fu abbandonato sin da subito per finire nell’abbandono e nell’oblio.

La scalinata che ti immerge nella natura

Vi si accede da una lunga scalinata al lato della strada quasi invisibile.
Pochi metri e si entra in un mondo dove la natura esplode in una miriade di suoni e colori: alberi dalle chiome rigogliose che si stagliano nel cielo azzurro, uccelli che svolazzano ovunque e fanno a gara nel cinguettare più forte, il rumore dell’acqua che scorre nel ruscello coperto da una vegetazione lussureggiante, fiori dal nettare succulento su cui planano, avidi, insetti di ogni tipo.
E poi, improvvisamente, lui, il Ninfeo, alla vostra sinistra.

Il Ninfeo in rovina

Trovate prima una sorta di vestibolo in pietra che non permette di capire cosa ti aspetta al di là e sembra quasi creato apposta per sorprendervi.
Lo attraversate e siete già nelle viscere di un monumento colossale che lascia annichiliti e completamente soggiogati.
La sua imponenza sopperisce allo stato di abbandono e non si può fare altro che aggirarsi tra queste rovine che sfidano ancora il tempo e lo vincono con il fiato sospeso e un grande senso di rispetto.
I segni dell’incuria sono ovunque, purtroppo.
Rifiuti abbandonati qua e là, un laghetto usato come discarica dove giace immobile acqua marcescente, bottiglie e lattine nascoste nell’erba.


Ma nonostante questo, la meraviglia verso cotanta bellezza ferita dall’incuria dell’uomo non frena l’immaginazione.
E allora ti sembra di scorgere figure intente a camminare tra quelle mura o ad allungare una mano verso l’acqua fresca per contrastare la calura di una giornata estiva, arcobaleni dai mille colori creati dai giochi d’acqua, sussurri e voci di donne e uomini di un tempo che, anche se lontano, quasi ti appartiene più di quello moderno che scorre al di là della strada e che pare ancora più lontano.
È meraviglioso perdersi in questa armoniosa interazione tra l’uomo e la natura, credetemi.
Se vi capita di passare di qua, fermatevi.
Ne vale davvero la pena.

Luca Laurenti

Romano, è Biologo Patologo Clinico. Scrittore, vincitore di numerosi premi letterari nazionali e internazionali di narrativa, è da molti anni impegnato nella denuncia del degrado di Roma.

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