Religione

Gesù, Cristo, Figlio di Dio

Un titolo, un annuncio

L’evangelista Marco inizia il suo Vangelo (Mc. 1, 1-8) con un enunciato particolarmente suggestivo. L’evento di Gesù “Cristo” e “Figlio di Dio” è di fatto un annuncio che caratterizza la fede di chi conosce il corso degli eventi salvifici della Scrittura, ne riconosce il compimento messianico in Gesù, ma anche testimonia la rivelazione che Gesù non è solo un Messia umano, ma la sua figliolanza divina afferma la realtà inaudita di Dio fatto uomo.

Inizio” (archè) (v. 1) è la parola che rimanda al “principio” della Genesi che racconta la creazione. L’evangelista suggerisce che in Gesù è inaugurata una nuova storia sacra. Il Vangelo raccoglie l’attesa del credente, dandole fondamento con l’annunciare la piena rivelazione in Gesù: il lieto annuncio è la pienezza della presenza stessa di Dio, incarnato definitivamente nella storia umana di Gesù.

Cristo e Figlio di Dio

Designando Gesù all’inizio del Vangelo come “Cristo” e “Figlio di Dio”, Marco orienta la Scrittura verso la tipicità dell’interpretazione cristiana: Gesù è il Messia atteso dai profeti, ma è anche Figlio di Dio e come tale governa anche la storia umana. In questi due titoli è annunciato anche il programma del racconto evangelico.

“Come è scritto” (v. 2)

La novità del Vangelo si inserisce in una storia di salvezza già iniziata, nella scia della Parola già rivelata e testimoniata nella Scrittura. Viene ripreso così un lungo passo di Isaia: “Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, il quale preparerà la tua via” (v. 2). Si tratta di un passaggio caro alla tradizione ebraica profetica, riletto con un senso diverso, che annuncia la venuta stessa di Dio davanti al suo popolo. “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” (v. 3): l’evangelista riproponendo questo testo di Isaia, arricchito dalla successiva tradizione profetica, annuncia che ancora oggi, come allora, è tempo di preparare la strada a Dio liberatore, che viene a presentarsi agli uomini nella persona storica di Gesù.

Appare Giovanni (v. 4)

L’azione di Dio prevede per l’uomo un tempo opportuno di conversione che assume il volto umano del profeta Giovanni e si concretizza nel gesto del battesimo al fiume Giordano. Il tempo di attesa che si prolunga nella missione di Giovanni Battista al fine di preparare la via del Signore è già tempo di grazia. Egli dà corpo alla parola che invita all’attesa, alla preparazione e all’accoglienza di Dio. Giovanni porta un abito come quello di Elia e dei profeti; suo cibo sono i prodotti spontanei della natura, radici e miele selvatico; la sua vita ascetica è quella di un uomo che non si ammicca i potenti del mondo, né si accomoda nei luoghi urbani (v. 6).

La via del Signore

Giovanni, facendo sue le parole della predicazione profetica, realizza con forza l’invito a preparare la via, attraverso un gesto di pentimento e conversione come quello dell’immersione nel Giordano per il perdono dei peccati (v. 4).  Il gesto del battesimo di Giovanni è nuovo rispetto alle pratiche di abluzione e purificazione della tradizione giudaica. Il gesto non prepara la via dell’uomo verso Dio, ma la via di Dio verso l’uomo. Il Battista afferma l’iniziativa del Signore che, di fronte al peccato che separa Creatore e creatura, rivela la grazia della sua misericordia che perdona.

Immergendosi nell’acqua del Giordano, l’uomo scopre il luogo impensabile dell’incontro con il perdono divino e la sua condizione di peccato si rivela paradossalmente come possibilità di conoscere la verità di Dio. Questa è la sorprendente via del Signore verso l’uomo. Il battesimo di conversione non può essere frainteso come un tentativo furbesco di fuggire dalla collera di Dio, ma come occasione di grazia per incontrare il Signore che viene incontro al peccatore.

Viene dopo di me

Giovanni non è di tante parole, è essenziale perché la sua vita e il suo gesto sono già eloquenti: egli è l’attesa fatta carne. Ciò che esplicitamente annunzia (v. 7) nella sua predicazione alla folla che va da lui, è il rimando a colui che viene dopo, a “colui che è più forte” (v. 7). Egli è profeticamente consapevole del ritmo dell’agire di Dio nella storia del suo popolo e sa che c’è stato un “prima” di lui e soprattutto che ci sarà un “dopo” (v. 7). Giovanni sa discernere il corso del tempo, vede gli eventi dalla prospettiva dell’eternità di Dio e percepisce il centro della storia umana che sta per essere rivelato.

Egli inoltre ha coscienza del suo posto nella storia di salvezza: è precursore, semplicemente precede per servire al “più forte” al quale non è “degno di sciogliere il legaccio dei sandali” (v. 7). La posizione di inferiorità di Giovanni, posizione che richiama lo stato di subordinazione dello schiavo, è in realtà solo apparente. Infatti, è fondamentale la specificazione dell’indegnità di sciogliere i sandali in quanto  esprime non semplicemente uno status di inferiorità, ma, si potrebbe dire, l’onore del servizio, che nella dinamica della rivelazione cristologica capovolge la scala dei valori mondani.

Battezzati nello Spirito Santo (v. 8)

In Gesù Cristo, Figlio di Dio, l’umanità è immersa nello Spirito Santo e riconciliata definitivamente con Dio. Nel dono dello Spirito il credente è incontrato da Dio Padre e gli è fatto dono di conoscere in profondità il corso della storia e di tenere il tempo dell’agire di Dio in essa. Nel dono dello Spirito l’uomo in attesa comprende che Gesù Cristo è la via di Dio per rivelarsi all’umanità e la conversione richiesta consiste nell’entrare nella prospettiva di questa divina modalità di salvezza.

Il Capocordata.

Bibliografia consultata: Agnoli, 2023.

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