Gesù Cristo, il servo dello Spirito
Nel suo battesimo, Gesù, si mette in fila con i peccatori, in fila come l’ultimo degli ultimi. Gesù, però, ci spiega che questo è l’ordine giusto delle cose
Dopo che l’evangelista Matteo ha descritto il ministero di Giovanni Battista, il suo battesimo, la sua predicazione, ora comincia a narrare la storia di Gesù con il battesimo sul fiume Giordano (Mt. 3, 13-17). Gesù viene dalla Galilea (v. 13), cioè da Nazaret, territorio dove la famiglia si era stanziata al ritorno dall’esilio in Egitto.
Il dialogo
Né l’evangelista Marco e neppure Luca riportano il dialogo tra Giovanni Battista e Gesù con cui Matteo cerca di spiegare la scelta di Gesù di farsi battezzare, nonostante Giovanni cerchi di impedirlo. (vv. 14-15). L’azione prolungata di Giovanni (cercava di impedirlo) indica il tentativo prolungato di Gesù che è lì per quello, ci teneva a quel gesto di “umiltà” (kenosi) e solidarietà con l’umanità.
Giovanni argomenta la sua resistenza con le parole: “Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?”. Giovanni ha riconosciuto in Gesù colui che è “più forte”, davanti al quale si ritiene indegno di “portarne i sandali” e che il suo, di Gesù, è un battesimo “in Spirito Santo e fuoco”.
Gesù reagisce e risponde: “Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia” (v. 15). Questa risposta, nel Vangelo di Matteo, costituisce la sintesi teologica se non addirittura un programma del suo vangelo. L’espressione mira a tacitare l’opposizione di Giovanni e a evidenziare le tematiche che vengono riprese e sviluppate nel seguito del racconto: il tema del “compimento” e quello della “giustizia”.
E’ quasi sempre in relazione alle Scritture che Gesù viene a “compiere”, cioè “per dare pieno compimento” alla Legge e ai profeti (5, 17). E il concetto di “giustizia” in Matteo corrisponde al piano di Dio e alla sua realizzazione umana, esso implica il vivere conformemente alle esigenze di Dio: obbedienza a Dio e solidarietà col prossimo.
Dunque, la prima dichiarazione di Gesù, nel Vangelo di Matteo, assume un tono programmatico: l’atteggiamento di Gesù di sottoporsi al battesimo indica il suo atteggiamento fondamentale di fronte al piano di salvezza di Dio, divenendo così modello per ogni discepolo di disponibilità a Dio e solidarietà ai fratelli e sorelle. Il farsi battezzare è espressione della sua obbedienza totale alla giustizia/volontà di Dio.
Scena di rivelazione
L’atto del battesimo è solamente accennato dall’evangelista, per dare rilievo a ciò che il battesimo di Gesù determina (vv. 16-17), ossia una “manifestazione divina” (teofania) dai tratti visivi e uditivi. Prima di tutto “si aprirono i cieli”: Gesù, per il quale si aprono i cieli, è il “servo” che libera il suo popolo. I cieli aperti sono la risposta di Dio alla preghiera del profeta Isaia. Della teofania visiva fa parte lo Spirito di Dio che Gesù vide discendere come una colomba e venire sopra di lui. La colomba rappresenta lo Spirito del Signore che aleggiava sulle acque primordiali.
La scena del battesimo raggiunge il suo vertice nelle parole della “voce dal cielo” che forniscono il significato autentico della scena: è Parola, rivelazione del Padre. Per la prima volta non si tratta di una citazione dell’Antico Testamento, ma è dalla viva voce di Dio che Gesù viene proclamato nella sua identità filiale. La voce del Padre ha il valore di una dichiarazione solenne: Gesù è il Figlio amato. Essa viene confermata anche nella trasfigurazione sul monte Tabor, dopo l’annuncio della sua morte e risurrezione ai suoi discepoli.
Gesù comincia, con il battesimo, il suo ministero pubblico; con la trasfigurazione, la sua missione si orienta verso la morte e risurrezione. Egli non solo è figlio, ma è “il Figlio amato nel quale mi sono compiaciuto”, che richiama l’inizio del primo canto del Servo del Signore del profeta Isaia: “Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto in cui mi compiaccio”. Gesù è il Figlio di Dio, il servo docile, pienamente solidale con i peccatori, pieno di Spirito che attua la volontà del Padre. Come annunciato, il Regno dei cieli si è fatto presente, Dio si è fatto uomo e da vero Emmanuele ha preso sul serio l’intera vicenda umana.
Nel suo battesimo, Gesù, si mette in fila con i peccatori, in fila come l’ultimo degli ultimi. Il Figlio di Dio entra nel mondo dal punto più basso, perché nessuno lo senta lontano e nessuno si senta escluso. Gesù appare fuori posto, tanto che Giovanni non capisce, si ritrae dal doverlo battezzare. Gesù però gli spiega che questo è l’ordine giusto delle cose, perché si adempia la nuova giustizia, che non separa più il puro dall’impuro. Gesù non viene a spezzare la canna incrinata e a giudicare; viene a fare del bene risanando tutti coloro che stanno sotto il potere del diavolo.
Si aprono i cieli e scende lo Spirito Santo. Questo fatto eccezionale è avvenuto anche per noi. Ciò che il Padre dice di Gesù e ciò che dà a lui, è detto e dato a ciascuno di noi. Dio ci ama come ama lui, con la stessa intensità, la stessa passione, lo stesso slancio. Ognuno è figlio suo, prediletto. Figlio perché abbiamo la stessa eredità; amato perché prima di ogni merito Dio ti ama senza riserve; compiacimento, perché mi piaci, mi fai felice, quando io sto con te sono contento, e tu sei la mia gioia.
Tutto questo avviene nel nostro battesimo attraverso il dono dello Spirito. Ognuno di noi, pur nella sua fragilità, ha in sé il respiro del cielo, il soffio di Dio che lo avvolge, lo modella, gli trasforma pensieri, parole, affetti e lo fa simile a sé. Prendere coscienza di tutto ciò diventa un invito ad ascoltare la voce del Padre che è dentro di noi e che ci ripete: “Figlio, Figlia, amore mio, mia gioia”, e a sentire squarciarsi il buio, lasciando che l’amore spieghi le ali!
Il Capocordata
Bibliografia consultata: Violi, 2023; Bezze, 2023.