Gesù e la donna cananea
Nella vita del credente le sorprese non mancano mai perché Dio spesso ci dà appuntamento in luoghi strani, inaspettati
Il vangelo di questa domenica (Mt. 15, 21-28) riporta l’episodio della guarigione della figlia della donna cananea o pagana. L’accento però non è posto tanto sull’evento miracoloso, quanto sul ruolo della fede come condizione per accedere alla salvezza.
Distinzione e resistenza
Il racconto di Matteo accentua il dialogo tra Gesù e la donna che richiede la guarigione per sua figlia. Quello che colpisce è la durezza delle parole di Gesù. L’elemento narrativo si riduce all’ambientazione iniziale. Gesù si trova nella zona di Tiro e Sidone, le città che nella tradizione biblica, e profetica in particolare, rappresentano il mondo dei pagani. Anche l’appellativo dato alla donna “cananea” richiama questo rapporto di Israele e i popoli idolatri, che nei testi biblici sono i cananei.
La donna supplica Gesù con l’insistenza tipica della fede per ottenere la guarigione della sua figlioletta: “Pietà di me, Signore” (v. 22). Il silenzio di Gesù costringe i discepoli a intervenire. Egli allora risponde con una prima parola che segna il confine storico e geografico della sua missione: “Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele” (v. 24).
Questa frase programmatica, che si ritrova anche nelle istruzioni rivolte ai discepoli inviati in missione, riflette bene quella che è la prospettiva storico-teologica della chiesa dell’evangelista Matteo. La missione storica di Gesù è limitata, come pastore messianico, a raccogliere in unità le pecore sbandate di Israele.
La sentenza di Gesù non scoraggia la donna che “si prostrò dinanzi a lui” (v. 25), il gesto tipico del credente nella prospettiva di Matteo, e continua a invocare con una formula liturgica: “Signore, aiutami!” (v. 25). La seconda parola di Gesù, in risposta alla donna, è ancora una conferma della linea programmatica, appena espressa con l’immagine del pastore e delle pecore: “Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini” (v. 26).
La contrapposizione “figli” e “cani” riprende con un linguaggio e immagini tradizionali dell’ambiente biblico e giudaico quella precedente tra Israele e i pagani. La salvezza messianica è riservata ai figli dell’alleanza, mentre quelli di fuori, i pagani, sono assimilati agli animali immondi come sono i cani randagi.
La svolta ecumenica
La donna cananea fa leva su questa parola di Gesù per rinnovare con insistenza umile la sua richiesta di guarigione per la figlia: “E’ vero Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni” (v. 27). Solo a questo punto la parola di Gesù annuncia il programma salvifico che include anche i pagani. L’elogio della fede della donna cananea richiama quello della fede dell’ufficiale pagano di Cafarnao.
“Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri” (v. 28). Nelle parole finali di Gesù si possono intravedere le radici della dimensione ecumenica della salvezza e della missione ai popoli. Prima di tutto va detto che per Matteo la missione ai popoli inizia con la Pasqua e l’incarico autorevole di Gesù che invia gli Undici per fare discepoli tutti i popoli. In secondo luogo l’apertura potenziale del Vangelo ai popoli sta nella missione storica di Gesù. A partire dai peccatori e perduti Dio salva tutti. Infine l’unica condizione o via per la salvezza è la fede che riconosce in Gesù l’inviato di Dio, che rivela il regno di Dio come grazia e perdono per i piccoli e i peccatori.
Una sorpresa
Nella vita del credente le sorprese non mancano mai perché Dio spesso ci dà appuntamento in luoghi strani, inaspettati. Così accade di trovare la speranza là dove ci si aspetterebbe la disperazione, o la fiducia del cuore dove ci si attenderebbe l’amarezza. Quel giorno anche Gesù è rimasto sorpreso: sorpreso della fede di quella donna che non si arrende davanti alla prima prova, alla prima difficoltà. E fa venire allo scoperto il profondo del suo cuore, il suo desiderio di essere esaudita, la sua fiducia in Gesù.
Quanti “pagani” (atei, i lontani dalla chiesa, gli irregolari) continuano ancor oggi a destare il nostro stupore e ci rallegrano con i loro gesti e le loro parole. Scopriamo allora l’azione misteriosa dello Spirito nelle pieghe di questa nostra storia. Scopriamo che il Vangelo non è un libro destinato a pochi, ma un annuncio di gioia che raggiunge tutti coloro che attendono la salvezza.
O Signore, tu l’hai messa alla prova quella donna: non ti sei accontentato della sua invocazione, non ti è bastato conoscere la sua pena. E alla sua ennesima richiesta di aiuto tu le opponi una scelta ben chiara: prima vengono le pecore perdute che appartengono al popolo ebraico. Ma questa donna è più forte di quel che sembra e, soprattutto, la sua fede è tale che usa un’immagine ardita, tanto ardita da colpirti.
Non ha esitato a paragonarsi ai cagnolini che si accontentano delle briciole che cadono dalla tavola. Sì, decisamente quella donna ci insegna a non demordere, a non rassegnarci. La fede è anche questo: è ricerca, ma anche lotta, è ascolto, ma anche grido, è disponibilità, ma anche insistenza, è certezza di essere esauditi.
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Servizio della Parola, 2023; Laurita, 2023.