Gesù è la via, la verità e la vita (Gv. 14, 1-12) nonché colui che mostra il vero volto del Padre: se l’uomo crede in questo, avrà la possibilità di ottenere la salvezza eterna, donata e preparata per tutti.
Gesù rafforza il coraggio dei discepoli, il loro cuore non deve turbarsi: essi devono avere fede in Dio e in Gesù. Quando c’è il turbamento significa che manca la fede: il credere deve sostituirsi all’ansia e alla paura. Questi comandi dati dal Signore hanno lo scopo di servire l’uomo, perché possa scegliere la via della vita. I discepoli non devono dubitare né di Dio né del Signore, il quale non li abbandonerà mai: la loro attesa sarà realizzata un giorno, poiché vi sono abbastanza posti nella casa del Padre. Gli apostoli avranno tutti un’abitazione, una dimora personale che Gesù ora va a preparare loro. L’ascensione è la garanzia di una futura riunione con il Signore.
Nel ritorno del Signore c’è un’allusione sia alla risurrezione, come garanzia della sua presenza in mezzo alla comunità, sia alla riunione dei discepoli con il Signore, pienamente realizzata alla morte di ciascuno di essi. Come la morte del Signore è un ritorno al Padre, così la morte dei discepoli è pure un ritorno al Padre, quando potranno contemplare lo splendore della gloria del Signore.
“E del luogo dove io vado, conoscete la via” (v. 4). L’affermazione serve per suscitare nei discepoli la loro reazione e rilevare di nuovo la loro completa mancanza di comprensione. La via non è l’osservanza dei comandamenti, ma è Gesù stesso. Gesù è la rivelazione del Padre e chiunque vuole arrivare al Padre deve passare attraverso di lui.
A Tommaso questo ritorno al Padre pare un’indicazione misteriosa e vaga, perché egli possa impegnare la sua vita su una base così fragile: non capisce cosa significhi questo viaggio. Il Padre che riempie lo spirito e il cuore di Gesù è per loro un estraneo, essi sono di questo mondo e non possono, al di là degli orizzonti terrestri, spingere lo sguardo verso il mondo di lassù: essi avranno bisogno del battesimo dello Spirito. Gesù dice: “Io sono la via, la verità e la vita” (v. 6). Tommaso non deve sognare un paese straniero , ma deve vedere solo il Maestro perché è lui “la Via”, la via verso l’unica meta: i discepoli non conoscono la meta, perché non guardano bene la via. Gesù è l’unica via verso il Padre.
Egli è la via, perché è la verità: il Cristo-verità è l’ultima “stampa” della rivelazione, che si contrappone alla rivelazione provvisoria dell’Antico Testamento, come la realtà si oppone alla sua ombra. Gesù è la verità, la rivelazione divina che realizza la salvezza, perché è la vera e unica luce. E perché è la verità e la luce, egli è la vita, dà la vita, è la sorgente dello Spirito, la forza vitale della vita di Dio.
Gesù è la via al Padre , perché è la verità, l’immagine del Padre nel mondo e insieme la vita di colui che crede in lui. Il Padre è la sorgente originale della vita. I discepoli non conoscono bene né la meta né la via, finora non hanno cercato in Gesù il Padre: i discepoli avevano seguito Gesù, veduto i suoi miracoli, udito le sue parole, ma loro fede nella sua missione messianica era rimasta superficiale. La grande rivelazione viene fatta ora: “Chi ha visto me, ha visto il Padre”, risponde Gesù a Filippo che voleva “vedere” il Padre.
Dio è davanti a lui nella persona di Gesù. Dio non si manifesta più nel tuono o nei lampi (a Mosè sul Sinai), ormai è nell’aspetto umano del Cristo che egli si rivela. Vedere, contemplare Gesù, è vedere in lui il Padre, come credere in Gesù, è credere in colui che lo ha mandato. Padre e Figlio sono inseparabili: il Figlio ha la sua più profonda essenza nel Padre, e questi si nasconde dietro il Figlio, parla e agisce attraverso il Figlio. Filippo deve almeno crederlo a motivo delle sue opere e dei suoi miracoli, perché le parole e le opere di Gesù sono le parole e le opere del Padre.
Gli apostoli non saranno lasciati senza soccorso dopo la partenza del Maestro: non solo i discepoli faranno, essi stessi, i miracoli di Gesù, ma saranno capaci di compierne di maggiori. I discepoli agiranno in virtù della presenza gloriosa del giudice sovrano. Il Signore se ne va al Padre per essere presso i suoi discepoli in modo diverso dal passato, più pienamente: egli deve lasciarli per essere più vicino a loro, più reale benché invisibile. E’ il paradosso per mantenere fede alle promesse da lui avanzate e dunque definitivamente mantenute. Dopo la sua risurrezione, egli è l’eterno Presente e, con il suo ritorno al Padre, rivela ai discepoli il suo vero volto, la sua qualità essenziale di Salvatore.
Il Signore è la via perché solo in lui il nostro cuore trova finalmente una dimora sicura di pace. Egli è la verità perché il lui non c’è ombra di falsità, non c’è inquinamento di menzogna ma tutto è limpido perché dettato da un amore gratuito e totale. Proprio per questo egli è la vita piena, che ha il contrassegno della bellezza, della bontà, dell’eternità.
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Bonelli, 2020; Laurita, 2020.
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