Il brano del Vangelo (Gv. 14, 1-12) che ascolteremo nella quinta domenica di Pasqua ci propone la meditazione sul Gesù risorto che è Via al Padre, via compiuta, utile nel nostro peregrinare verso quelle dimore che ci sono state preparate dal Figlio, secondo il disegno di Dio. All’inizio del brano, Gesù invita i suoi al conforto e alla fiducia: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e fede anche in me” (v. 1). Questo invito si spiega soprattutto se consideriamo gli eventi tristi annunciati da Gesù durante l’ultima cena: il tradimento di Giuda, la partenza di Gesù e il rinnegamento di Pietro. Per affermare la forza di tali parole bisogna porsi nello stato d’animo in cui sono state dettate: è la comunità credente che vive nel ricordo liturgico del Cristo glorificato. Da qui nasce l’insistenza a non turbarsi, ma a fare atto di fiducia e abbandono a quel Dio che ha dato prova di essere Padre, non permettendo al Figlio di rimanere nell’oscurità del sepolcro.
Le dimore nella casa del Padre (vv. 2-4)
“Se qualcuno mi ama…porremo dimora presso di lui”. Il permanere è una caratteristica di Dio, in contrasto con la transitorietà dell’uomo, perciò è tipica di coloro che provengono dalla sfera divina, come Gesù, e potrà essere partecipata ai credenti. Il suo fondamento sta nella presenza del Padre nel Figlio; tale presenza efficace raggiunge gli uomini nell’ambito della storia attraverso il Figlio e permette loro di condurre una vita costruttiva d’amore, combattendo contro le forze disgregatrici del male e quindi recare molto frutto. In breve, è nello stare presso il Padre attraverso la mediazione del Figlio che si ha la beatitudine, la pacificazione interiore. Ma come si accede al Padre, come si rimane presso di lui?
“Quando sarò andato…ritornerò e vi prenderò con me”. Partire e ritornare, nel IV Vangelo, indicano tutto il processo degli eventi finali: passione, morte, risurrezione, ascensione, venuta dello Spirito Santo. Questa è la strada di accesso al Padre del Figlio, e questo sarà pure il cammino che ogni suo discepolo dovrà percorrere se vuole raggiungere lo stesso scopo. Significa che dopo la morte di Gesù e proprio per essa i suoi seguaci entreranno in unione con lui, con il loro Signore vivente e attraverso lui con il Padre, e così parteciperanno già della vita eterna, che non è nient’altro che lo stile di vita orientata verso il Padre, inaugurata dal Cristo.
Perciò, i “posti” nella casa del Padre e l’abitarvi è l’esperienza attuale del credente, il quale in un legame profondo con il Cristo risorto si trova in un rapporto personale, duraturo, che muterà nelle circostanze esterne a causa della morte, ma non nel suo rapporto essenziale e qualitativo. Si tratta di una presenza di Cristo ai suoi, come non lo era prima: con l’atto d’amore di donazione di sé è andato verso il Padre, svelando una volta per sempre il volto di Dio e come dobbiamo accedervi, in altre parole con quale stile dobbiamo vivere per essere figli del Dio vivente e portatori di vita.
“E del luogo dove io vado, voi conoscete la via” (v. 4): l’evangelista Giovanni accenna alle frequenti previsioni della passione con le quali il maestro si preoccupò di informare adeguatamente i discepoli, affinché non sorgessero equivoci per interpretare la sua via, diversa da quella di molti altri ciarlatani e ingannatori. E Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?” (v. 5). E Gesù risponde di essere Via, Verità e Vita, non in modo astratto ma personale: la persona di Gesù concretamente è via, verità e vita!
Gesù è la Via
Il termine “via” non indica uno spostamento spaziale, ma piuttosto un cammino storico, un incontro di fede con una persona, che a sua volta ti illumina sul disegno di Dio, offrendoti l’orientamento dell’esistenza e nello stesso tempo ti vivifica come uomo lasciandoti nel teatro di questo mondo a compiere le tue gesta che ti realizzano, ti autenticano. Solo di passaggio, sottolineiamo che nasce da qui la misteriosa e per certi versi curiosa denominazione dei cristiani negli Atti degli Apostoli: “quelli della via”.
Gesù è la Verità
Gesù è la Verità, perché è tutta la forza di Dio nella lotta contro il male e l’oscurità della morte, è la sua ultima e decisiva manifestazione che tutte le altre raccoglie e unifica. Non è una verità da contemplare, ma una verità che ti pone continuamente dinanzi all’alternativa di scegliere come ha scelto Gesù. Si tratta, quindi, che ognuno di noi deve convertirsi a lui, cambiando il nostro programma di vita e uniformandola alla sua Parola di verità. Si tratta di un processo dinamico sia nella vita di Gesù, come della chiesa, quanto di ogni cristiano che cresce nella verità. E’ il fenomeno di crescita che abbraccia tutto l’uomo e che Gesù ha descritto in sé come “via” al Padre e, perché inserito in un disegno divino, l’ha chiamato “verità”, secondo la sua mentalità semita.
Gesù è la Vita
Non è il breve spazio della nostra esistenza terrena, ma la vita superiore proveniente dalla sfera di Dio. Gesù si presenta come colui che è disceso dal cielo per portare la vita, il pane di vita, la luce di vita. La vita che dura e non finisce. L’esperienza della risurrezione di Cristo ha dato forma definitiva al nostro anelito di non morte e nonostante si continui a morire i credenti non si arrendono, perché attendono la vita eterna, frutto della risurrezione di Gesù. E la fede permetterà a ogni uomo di entrare in comunione di vita con il Padre attraverso il Figlio, nella imitazione del suo esempio.
Gesù e il Padre (v. 6)
I due poli attorno ai quali si svolge la rivelazione sono il Padre e il Figlio: l’invisibile si rende visibile attraverso colui che è in stretta unione con lui. Gesù agisce sempre in stretta collaborazione con il Padre. Comprendiamo pure perché Gesù aneli al ritorno nel seno del Padre, come luogo naturale da cui si diparte la sua azione e a cui deve fare capo. Il frutto maturo della nostra salvezza è trovare il Padre, e la via che ci porta da lui è Gesù!
Bibliografia consultata: Rossetto, 1973.
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