La scrittura del Vangelo di Luca è databile tra l’80 e il 90 dopo Cristo. E’probabile che si tratti di un cristiano della terza generazione, forse uno dei collaboratori dell’apostolo Paolo, suo compagno nei viaggi missionari. L’evangelista Luca intende esporre tutti i fatti che riguardano Gesù dal “principio”, e l’intervento di Gesù nella sinagoga della sua città rappresenta l’inizio del suo ministero pubblico (Lc. 1, 1-4; 4, 14-21).
Luca è l’unico evangelista che fa precedere l’esposizione del suo racconto da un “proemio” (1, 1-4), dallo stile elevato e dal vocabolario ricercato; secondo le convenzioni retoriche e storiografiche del tempo, illustra a beneficio del suo destinatario il contenuto, la metodologia usata e lo scopo della sua narrazione.
Egli è consapevole di non essere il primo a redigere un resoconto di tutto ciò che ha riguardato Gesù di Nazaret; sicuramente ha conosciuto il Vangelo di Marco, di cui ha utilizzato lo schema narrativo, e con le fonti consultate intende redigere un resoconto il più possibile corrispondente alla realtà dei fatti accaduti.
Le sue ricerche sono state condotte con accuratezza. Il suo punto di vista riflette la prospettiva di un credente, che ricostruisce gli eventi in un’ottica storico-salvifica. Il suo obiettivo non è di iniziare alla fede in Gesù Cristo, ma persuadere Teofilo dell’attendibilità storica e della coerenza teologica dei fatti accaduti.
Lo Spirito Santo è una presenza costante nell’attività di Gesù. Il narratore fa coincidere l’inizio del ministero pubblico di Gesù (Lc. 4, 14-21) con il suo ritorno nella regione della Galilea, in cui la gente locale di origine giudaica si era contaminata con popolazioni provenienti dalle nazioni straniere, dando vita a una forma di “meticciato” poco stimato dai giudei residenti in Giudea.
Gesù parte dalla Galilea, insegnando nelle sinagoghe locali e riscuotendo ampio consenso, sotto la spinta dello Spirito: è lo Spirito che rafforza e consolida l’impegno missionario di Gesù. La scelta di predicare nelle sinagoghe inaugura una prassi che sarà seguita anche dai primi predicatori cristiani, in particolare Paolo: il Vangelo è proclamato anzitutto nei luoghi deputati alla proclamazione e alla spiegazione delle Scritture sacre.
Il brano odierno (4, 16-21) riporta la prima parte della predicazione di Gesù nella sinagoga di Nazaret, dov’è cresciuto. L’evangelista descrive con accuratezza l’esordio del predicatore nazareno: avviene di “sabato”, il giorno consacrato a Dio; all’interno della “sinagoga”, il luogo deputato all’ascolto delle Scritture e alla preghiera. Il ritratto di Gesù corrisponde al pio israelita, profondamente radicato nella storia e nella religiosità del suo popolo.
La liturgia sabbatica aveva inizio con la recita dello “Semà” (Ascolta), con il quale l’assemblea professava la sua fede nell’unicità di Dio; seguivano le “Diciotto Benedizioni”, la lettura di un passo tratto dalla “Torà” (La Legge), e di un brano tratto dalla letteratura profetica a mo’ di commento. Il racconto lucano omette tutto il cerimoniale che precede, e riporta la proclamazione del brano profetico con il relativo commento proposto da Gesù.
La scelta di porre sulle labbra di Gesù all’inizio della sua predicazione pubblica la citazione di Isaia ha una triplice valenza: in primo luogo, radica la missione di Gesù nelle Scritture di Israele; la sua unzione porta a compimento le attese messianiche del popolo. Inoltre, dal punto di vista narrativo, detta le linee programmatiche del suo ministero: egli è l’“Unto” (Cristo) di Dio che evangelizza l’anno di grazia del Signore.
Il suo incarico è di proclamare ai poveri che a essi appartiene il regno di Dio; la liberazione a quanti sono prigionieri e oppressi nel corpo e nello spirito; la vista a quanti brancolano nelle tenebre a motivo della cecità fisica e spirituale. Infine, invita il lettore a comprendere le Scritture in prospettiva cristologica. Difatti, è nella persona di Gesù che si adempie la Scrittura, e la speranza dei poveri, che attendono da Dio il riscatto, è finalmente esaudita: “oggi” la salvezza si compie nella Parola che egli ha proclamato (v. 21).
L’ “oggi” di Gesù è un annuncio di gioia che riguarda il presente, anche se troverà il suo compimento nel futuro. E’ l’esperienza che ognuno di noi ha a portata di mano ogni volta che viene in chiesa la domenica, ogni volta che apre le Scritture e il Vangelo in particolare. C’è dunque un “oggi” sul quale Gesù attira l’attenzione del suo uditorio: è l’oggi della salvezza, di una presenza che libera e conforta, che accende una fiducia nuova. La Parola proclamata è veramente una luce che aiuta a discernere e a interpretare ciò che accade attorno a noi? Solo se il cuore arde d’amore per Dio possiamo vedere il compiersi della Parola in noi e attorno a noi.
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Landi, 2022; Laurita, 2022.
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