Cronaca

Giallo di via Poma, il criminologo Lavorino: “E’ mancino con sangue gruppo A DQAlfa 4/4”

Dopo anni di indagine, nodi, ipotesi e accuse si parla ancora del delitto di Via Poma avvenuto 32 anni fa, agosto 1990, in cui perse la vita Simonetta Cesaroni. Un giallo ancora irrisolto. Un caso “riaperto” dopo la pubblicazione dell’inchiesta de Il Foglio, che parla di una persona indagata già in passato, sospettato di aver mentito sin dal primo momento, portando dunque tutti sulla pista sbagliata.

Una “riapertura” mediatica

Questa “riapertura“, che poi non può essere tale perché “il delitto di omicidio non si prescrive mai“, è stata commentata da Carmelo Lavorino, il celebre criminologo che ha lavorato sul caso assieme al suo pool di esperti sin dal 1992, in esclusiva per il nostro giornale. “E’ importante che si sappia che l’indagato deve essere una persona mancina con sangue di gruppo A DQAlfa 4/4. L’assassino aveva una copia di chiavi per entrare nell’appartamento e ha usufruito di un complice che ha pulito la scena. Sono inoltre state utilizzate delle coperture per depistare. Per cui una qualunque inchiesta seria deve tenere conto di questi elementi“.

“Bisogna essere oculati e cercare il colpevole tramite i dati certi”

Il fatto che si sia tornati a parlare di questo caso, dunque, vede una riapertura prettamente mediatica che, però, secondo Lavorino “non vede una base solida su cui essere fondata“. D’altronde sono state diverse le piste seguite negli anni, ma nessuna di queste ha portato a delle conclusioni vere e proprie. “Hanno commesso l’errore di accusare Pietrino Vanacore prima e Raniero Busco poi. Bisognerebbe essere più oculati e ricercare il colpevole in base a quelle che sono le certezze, come il gruppo sanguigno o il fatto che sia mancino. Altrimenti si fanno solo nomi e in questo teatrino entrano tutti. Ma non penso stiano indagando qualcuno”. Tra gli imputanti era presente, inoltre, anche Federico Valle. Quest’ultimo è stato prosciolto dall’accusa e lo stesso Lavorino era suo consulente.

“Una tempesta in un bicchiere d’acqua”

Tuttavia Lavorino è convinto che non si tratta di un passaggio fondamentale per il risolvere il caso. Ciò che si sta diffondendo nelle ultime ore non sarebbe una svolta, bensì una “tempesta in un bicchiere d’acqua“. “Ci credo poco. Non penso stiano indagando qualcuno e – conclude Lavorino- ripeto che bisognerebbe concentrarsi di più sulle informazioni che si hanno, onde evitare ulteriori buchi nell’acqua“.

Redazione

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