L’estate ormai sta volgendo al temine ma prima ci regaliamo un’ultima gita al mare, a Fiumicino ci aspetta lo chef stellato Gianfranco Pascucci per raccontarci la sua storia da chef e il suo profondo rapporto con il mare.
Per il giovanissimo Gianfranco galeotto fu uno spaghetto con le telline, raccolte rigorosamente a mano sul litorale laziale, cucinato a soli 12 anni! Così nasce la consapevolezza di avere talento in cucina che unito all’amore per il mare formano il binomio perfetto che lo trasforma, negli anni, in uno degli chef più apprezzati del panorama romano e nazionale.
La necessità di trasmettere, attraverso i suoi piatti, le emozioni e le sensazioni che il mare gli offre ogni giorno: un insieme di colori, gusti, tradizioni. Nasce così una cucina di mare dove inserire ingredienti provenienti dall’intero ambiente costiero e non solo marino. Stella Michelin da 10 anni esatti, 3 forchette Gambero Rosso, 3 cappelli per l’Espresso sono solo alcuni degli importanti attestati che confermano la passione e il lavoro dello chef e della moglie Vanessa Melis, conosciuta durante una vacanza sul Gargano, perfetta padrona di casa che con semplicità accoglie ogni giorno i clienti di Pascucci al Porticciolo.
Buongiorno chef, ci può raccontare il suo percorso professionale?
Il percorso nasce qui al Porticciolo. Questo è un locale storico, uno dei primi ad Isola Sacra – Fiumicino ed era dei miei nonni. Alla morte di mio nonno fu dato in gestione, in quel periodo io giravo l’Italia poi ho conosciuto mia moglie Vanessa e quando abbiamo deciso di aprire un’attività qui a Fiumicino abbiamo ripreso questo locale, tutto parte da qui ed è stato un percorso completo!
Spinti dalla volontà di raccontare la nostra identità pian piano siamo riusciti a crescere sotto tutti i profili, l’avvento di Vanessa in sala è stato molto importante e questa simbiosi sala – cucina ha fatto si che nel 2012 è arrivata la prima stella Michelin, ma già negli anni precedenti molte testate del settore avevano iniziato ad accorgersi di noi! La nostra è sempre una ricerca e voglia di migliorare ogni giorno.
Lei è uno chef autodidatta?
Si, non ho avuto i canoni di un percorso classico ma nasce tutto dalla volontà di mettersi in gioco, di studiare tanto, di girare l’Italia per conoscere i cuochi, parlargli e scoprire questo mondo. Il mio Maestro è stato Alberto Zafrani che è stato uno chef molto bravo che ha aperto diversi locali ed è stato colui che mi ha dato le prime dritte su come impostare la cucina. Ora purtroppo non c’è più, lo stimavo molto.
Qual è il suo rapporto con il mare? Cosa le trasmette?
Per me è tutto! Io sono di Fiumicino, i miei sport preferiti sono acquatici, i miei viaggi sono sempre al mare, per me ha una valenza fondamentale! E’ il mio compagno di avventure, la mia musa ispiratrice, è il mio tutto! Poi qui racconta di un territorio importante che si sposa tantissimo con la prima terra che tocca, è tutto!
E questo tutto, ripetuto più volte, cerca di riportarlo nei suoi piatti?
Si, perché si cerca soprattutto di avere un rapporto con il proprio territorio e di esprimerlo sia attraverso i prodotti, sia con le emozioni che ti hanno portato a fare quel piatto. Poi i temi sono sempre più vari, si parte dalle ricette tradizionali dove si cerca di essere contemporanei, raccontare le proprie esperienze, provocare delle emozioni ai clienti, oppure di trasmettere un messaggio come ne “il mare di plastica”. Oggi si parla molto di questa problematica ma noi abbiamo questo piatto in carta già da due anni. Un cuoco ha la fortuna di esprimere dei concetti attraverso i suoi piatti, deve spaziare anche nel sociale e nella vita che lo circonda.
Come nasce un piatto come “Mare”?
E’ un piatto nostro e nasce perché spesso siamo attaccati a sensazioni tattili, gustative e comunque emozionali e quando si parla di emozioni siamo tutti sullo stesso livello, siamo tutte persone che provano emozioni. Questa spugna intrisa di acqua di mare che devi passare sulla scritta “mare” fatta da erbe, alghe, molluschi e mitili essiccati ti fa provare la sensazione di tuffarti nell’acqua e questo mette a proprio agio il cliente, entra in contatto con il mare ed inizia il gioco! Poi il gesto è un po’ come quello di cancellare la lavagna come facevamo a scuola, cancelli la scritta e la scritta entra a far parte di te.
Cosa vuole trasmettere ai suoi clienti?
Per prima cosa speriamo che stiano bene, cerchiamo di far passare loro una bella serata. Poi ogni cliente ha le sue aspettative, ogni volta un’esigenza diversa. Noi siamo qui per fare in modo che si sentano a casa e che si sentano un pò anche al mare. Che possa cogliere tutti gli aspetti del mare che non è mai normale. Una volta è calmo, l’altra in burrasca e poi i sapori sono tantissimi, dal dolce all’amaro, il sapido, lo iodato, il salato e attraverso i nostri menù degustazione cerchiamo di portare tutti questi aspetti nei piatti e di farli rivivere.
In tutto questo quanto è importante la sala e la figura di sua moglie Vanessa?
La sala deve trasmette l’idea della cucina al cliente, deve metterlo a proprio agio in modo che possa recepire al meglio tutte le informazioni che vogliamo dargli tramite i piatti. Se tu hai un vino, la giusta atmosfera, il bicchiere giusto riesci a gustarlo ed a coglierne ogni aspetto, se invece bevi un gran vino in discoteca molto probabilmente non riuscirai ad apprezzarlo! Tutto viene fatto con grande serenità, con grande voglia di capire cosa vuole il cliente. Raccontiamo la nostra storia non in maniera pesante ma con la semplicità che ci appartiene.
Da qualche anno è anche volto di Gambero Rosso Channel con la trasmissione ”Come è profondo il mare!”, che esperienza è?
E’ un’esperienza bellissima che nasce con l’idea di raccontare il mare con gli occhi di un cuoco ma anche con gli occhi di chi è appassionato di mare. Questa fortunata serie parla proprio delle profondità del mare nel senso delle tante sfaccettature del mare a seconda dei posti che andiamo a visitare. E’ un racconto molto interessante perché viaggio, sono un appassionato e poi cucino per gli amici che sono lì, salvaguardando il prodotto attraverso una cucina semplice. E’ una grande soddisfazione quando faccio un piatto classico, come può essere un calamaro arrosto, ed il cliente capisce che lo ha fatto Pascucci.
Tornando al Porticciolo, come è stato il post Covid?
Sinceramente non è stato male! Il fatto di essere al mare ha aiutato molto, perché venire qui è un po’ come evadere dalla grande città, quindi ci si sente più liberi. Poi da tempo noi abbiamo deciso di distanziare i tavoli per dare più tranquillità e comodità ai clienti che hanno evidentemente recepito. Facciamo trenta coperti ma potremmo farne più del doppio. Tutto questo forse ci ha aiutato rispetto alle città!
Progetti per il futuro?
Per noi ogni giorno è un progetto per il futuro, noi non stiamo mai fermi e poi ogni anno cambia tutto, ogni anno investiamo su qualcosa. Capiamo l’importanza della brigata e le persone che lavorano per noi e questo già vuol dire futuro. Cerchiamo di essere sempre attuali e di mantenere sempre la nostra identità. Poi mi piacerebbe continuare a girare “Come è profondo il mare”, ora stiamo facendo le puntate sulle isole dove toccheremo tutte le isole italiane e questo è veramente interessante!
Per ultimo, il mio obiettivo è quello di continuare ad essere una voce di questo territorio e del ruolo della periferia. La periferia sta assumendo un ruolo sostanziale che è quello di portare qualcosa alle città come era una volta. I grandi agglomerati, in questo momento, hanno di nuovo bisogno delle periferie, dei prodotti della periferia ed è un bacino culturale da riscoprire. Fiumicino sta crescendo tantissimo, anche sotto il profilo gastronomico tanto che dodici di noi, amici ristoratori, hanno formato un’associazione che si chiama “Periferia Iodata” e cerchiamo di portare avanti un contesto culturale di periferia.
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