Gigi Riva e il silenzio di Rombo di tuono: “Il calcio è come la vita, prendi quello che ti da”
Un popolo in Gigi Riva che gli fece rifiutare offerte milionarie dal Nord per restare nella sua adorata Sardegna, fino a diventarne un simbolo
La leggenda narra che una ragazza, una sera d’estate dell’Agosto del 1970, tornò a casa più tardi del consentito e sull’uscio prese una sberla dal padre furioso. “Ma papà, ho visto Gigi Riva!”. La giustificazione era sensatissima…
E con Gigi Riva se ne va forse l’ultimo Campione di un calcio fiabesco, chimerico. Oggi infatti – dinanzi a un football italiano sempre più minuto che per raccogliere elemosina dagli Emiri vola sino in Arabia Saudita, Gigi Riva appare in tutta la sua poesia come un gigante senza tempo. L’Equipe di Parigi nella sua prima pagina ha deciso di ricordare Gigi Riva con una frase che suona come una fitta al cuore: “Oggi il tuono ha taciuto”.
Il figlio Nicola invece ha detto che suo papà se n’è andato da hombre vertical, decidendo lui cosa fare. Rombo di Tuono: l’enfatico e roboante soprannome che gli diede Gianni Brera nacque una domenica nel frastuono di quei 70.000 di San Siro che rimasero ammutoliti davanti alla straordinaria vittoria del Cagliari dei sogni, contro l’Inter di Facchetti, Mazzola e Boninsegna.
Era quel rumore che accompagnava le azioni di Riva all’Amsicora, l’arena del Cagliari dello scudetto impossibile del 1970. Il silenzio scendeva quando Riva toccava il pallone. Capace di alimentarsi in un crescendo con le sue galoppate, fino all’urlo per il suo sinistro alla dinamite. Al gol che ne seguiva ecco il boato, il rombo di un tuono.
Nel giorno dei cori con l’inno di Mameli e dei tricolori sventolati che accompagnano il voto in Senato sull’autonomia differenziata, preferiamo ricordare uno dei tanti record di Gigi Riva campione della vita, sul campo e fuori, il simbolo del suo straordinario valore patriottico: ben 35 le reti segnate da Rombo di Tuono per la nazionale.
Oggi tutti noi italiani sentiamo una sincera commozione per la morte di Gigi Riva, perché semplicemente tutti volevamo bene a quel bimbo che a 9 anni si era subito fatto uomo per la morte del papà e a 16 aveva perso la mamma. Un ragazzo incazzato con la vita e finalmente arrivato a conquistare l’isola più bella al mondo. Un popolo in lui, che gli fece rifiutare offerte milionarie dal Nord per restare nella sua adorata Sardegna, fino a diventarne un simbolo incontrastato.
Un eroe dei tempi che furono, l’uomo dell’Azteca di Città del Messico di Italia-Germania 4 a 3, e che di ritorno dall’infortunio più grave della sua carriera disse: il calcio è come la vita, prendi quello che ti da.