Religione

Giovanni Battista: il precursore del Messia

Per due domeniche consecutive, II e III domenica di Avvento, la Parola del Vangelo presenta la fondamentale figura di Giovanni Battista, nel suo ruolo di “precursore” del Messia: domenica scorso nella versione del vangelo di Marco e oggi del vangelo di Giovanni.

Umanità

Nel prologo del vangelo di Giovanni (1, 6-8.19-28), Giovanni Battista e Gesù sono due figure storicamente segnate da un profondo legame, ma nello stesso tempo in continuità e discontinuità nella predicazione, come emerge anche dagli altri Vangeli (Sinottici). La nota sul Battista nel Prologo ci fa scendere dal mondo divino (“in Principio era il Verbo”, v. 1) al contesto terreno e umano: “Venne un uomo” (v. 6), risultando così funzionale a presentare la dinamica teologica dell’incarnazione che Giovanni Battista già prepara e introduce al compimento nell’uomo Gesù.

L’umanità di Giovanni prepara l’accoglienza dell’umanità di Dio (“e il Verbo si fece carne”, v. 14). In questa continuità emerge tra i due anche una differenza radicale che distingue il Cristo, colui che era fin da principio presso Dio e Giovanni Battista “mandato da Dio” (v. 6) come testimone. Il Battista non è l’evento che illumina la storia, ma ne è il testimone.

Testimonianza dell’incarnazione

La parola “testimonianza” caratterizza Giovanni Battista, in stretta connessione con il tema della luce. Egli rende testimonianza davanti alle autorità giudaiche (vv. 19-28), davanti al popolo di Israele (vv. 31-34) e davanti ai propri discepoli (vv. 35-37). La testimonianza di Giovanni è presentata per affermare, attraverso di lui, la pienezza dell’evento dell’incarnazione divina, tramite una testimonianza “indicatrice”, come ultimo profeta in linea con l’attestazione della Scrittura: il senso e il contenuto del suo mandato divino consistono nell’indicare colui che deve venire, l’atteso nella storia di salvezza, “perché tutti credessero per mezzo di lui” (v. 7).

Chi sei?

Per cinque volte gli viene rivolta la domanda sulla sua identità, egli per tre volte dice chi non è: non è Cristo, né Elia, né il profeta (vv. 19-22). Egli non si pone al centro dell’attesa, ma si identifica come uno strumento che annuncia il prossimo evento. La sua testimonianza suscita l’attenzione verso ciò che sta per accadere; il testimone annuncia con una vita singolare, capace di stimolare domande, che il corso del tempo è orientato al compimento nel Messia.

Io sono voce

Giovanni rimane come “voce” (v. 23) che fa risuonare la profezia della salvezza e che ne attualizza la promessa. Diversamente dagli altri evangelisti, nel Quarto vangelo è il Battista ad applicare a sé stesso il passo di Isaia: il Battezzatore è espressione di una fede a servizio della comunità; egli dà voce concreta alla Parola divina, calandola nel contesto e nella sensibilità della gente del suo tempo.

Io battezzo nell’acqua

Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?” (v. 25). Egli sottolinea come il suo battesimo avvenga “nell’acqua” (v. 26), distinguendo così la sua azione dal battesimo di “colui che viene dopo” (v. 27) e che “battezza nello Spirito Santo” (v. 33). La distinzione dei due tipi di battesimo è probabilmente tipica della fede cristiana che coglie nel battesimo nello Spirito da parte di Gesù l’inaugurazione definitiva e completa del tempo messianico.

L’evangelista Giovanni evidenzia maggiormente una progressione verso la pienezza del gesto battesimale. Il riferimento a Gesù resta piuttosto vago, mantenendo ancora un tono di attesa di “colui che non conoscete” e che “viene dopo di me”. Rispetto a questa figura attesa, il Battista si definisce nella sua posizione minoritaria attraverso la inadeguatezza a “sciogliere i sandali” (v. 27). La frase può essere compresa come consapevolezza da parte del Battista della sua posizione di servizio e testimonianza a quanto si sarebbe manifestato di lì a poco.

Al di là del Giordano

Questo avvenne in Betania, al di là del Giordano” (v. 28). La conclusione di un brano con un riferimento geografico è ricorrente nel Vangelo di Giovanni. Il luogo è evocativo: raccoglie la tradizione del compimento del cammino dell’esodo con Mosè al di là del Giordano, la tradizione profetica con il riferimento al rapimento di Elia al cielo, la voce ultima e decisiva della figura escatologica del Battista. Il tempo e lo spazio umano sono pronti ormai ad accogliere pienamente la presenza del Messia, Gesù, il Figlio di Dio.

“Una voce”, non la Parola

Il profeta dà voce al silenzio di Dio. Una forza interiore, irresistibile, lo spinge a gridare. Ma il profeta sa bene che il suo ruolo ha un limite preciso: egli deve limitarsi a servire la Parola e trasmetterla fedelmente, senza omettere o aggiungere nulla. Cercatore di Assoluto, per lui Dio viene prima di tutto. Ecco perché rifiuta qualsiasi “idolo” che si frappone tra l’uomo e il vero Dio. E’ per questa ragione che il Battista dichiara i limiti del suo ruolo, senza alcun timore.

“Testimone della luce”, non la Luce

Il Battista non vuole attirare gli sguardi su di sé, ma orientarli verso Gesù, che è ormai vicino, anzi è “in mezzo a voi”. Egli si rallegra, come fa “l’amico dello sposo”, ed è pronto a farsi da parte perché non è lui lo sposo, colui al quale appartiene la sposa. E’ la bellezza e la forza della nostra vocazione. Discepoli di Gesù, noi gli rendiamo testimonianza perché uomini e donne lo possano incontrare. Ma nello stesso tempo rinunciamo a fare da protagonisti, perché sia lui a trovare spazio nella vita delle persone, lui a far sperimentare il suo amore.

Il Capocordata.

Bibliografia consultata: Agnoli, 2023; Laurita, 2023.

Redazione

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