L’evangelista Matteo non fornisce dati biografici su Giovanni Battista (Mt. 3, 1-12), a differenza di Luca che ne racconta la nascita e lo inserisce nei giorni della storia universale (cfr Lc. 1 e 3). Il verbo “venne” (v. 1) con cui Giovanni appare sulla scena è lo stesso usato per l’arrivo di Gesù al Giordano (v. 13). Giovanni non è indicato soltanto attraverso il suo nome, ma con l’epiteto (soprannome) di “Battista”, che diventa il cuore della sua attività pubblica.
Prima cosa che ci viene detta di Giovanni è che predica nel deserto (v. 1). Il deserto è il luogo dell’apprendistato, dell’ascolto e della fede, è lo spazio della non interferenza: è il luogo dell’essenzialità, dove non c’è vita, non c’è distrazione, e l’uomo può incontrare Dio. E’ lì che Dio costituisce e ricostituisce l’alleanza con Israele. Per questo è il luogo dell’aspettativa messianica.
La missione di Giovanni non ha come prima finalità il battesimo, bensì l’annuncio della conversione e del regno. Giovanni vuole richiamare il popolo a un cambiamento di prospettiva di vita: in questo la sua predicazione corrisponde alla lettera a quella di Gesù: “Il regno di Dio è in mezzo a voi: convertitevi e credete al Vangelo” (Mc. 1).
La missione di Giovanni è associata a una citazione di Isaia 40: “Voce di uno che grida nel deserto, preparate…” (v. 3), a mostrare Giovanni come “voce nel deserto”. I destinatari del suo annuncio a “preparare la via del Signore e raddrizzare i suoi sentieri” sono i farisei, i sadducei, le folle e il lettore del vangelo. La voce di Giovanni anticipa la voce del Padre (nel battesimo di Gesù), che farà conoscere la sua intima relazione con Gesù e attesta la piena credibilità della sua missione.
L’evangelista, poi, indugia sulla descrizione del vestito e della dieta di Giovanni che rivelano il carattere ascetico del personaggio e il suo compito profetico. L’abbigliamento è quello dei profeti, la sua dieta è basata sulle regole di purità e le norne attuative giudaiche. Le locuste sono tra gli insetti alati di cui ci si può nutrire e anche il miele d’api è considerato puro. Il miele selvatico, non essendo toccato da nessuno, era certamente puro come le cavallette che trovava nel deserto (v. 4). Il popolo numeroso accorre da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona lungo il Giordano (v. 5). Alcuni sono mossi da autentica volontà di cambiamento e si fanno battezzare confessando i loro peccati (v. 6).
La scena che segue mostra la reazione dirompente di Giovanni alla vista di molti farisei e sadducei. Questi due movimenti religiosi, che compaiono qui per la prima volta, saranno i principali nemici di Gesù. I farisei fino al processo giudaico, i sadducei durante i momenti convulsi della passione. L’evangelista Matteo mostra come il giudaismo nelle sue espressioni ufficiali ha bisogno di profonda conversione. Con l’appellativo di “vipere” (v. 7), Giovanni denuncia apertamente la loro ipocrisia e il veleno mortifero che spargono intorno a loro. Sarà l’impegno velenoso costante di questi “pii osservanti della Legge” a mettere a morte Gesù il Messia.
Anche Gesù li apostroferà nello stesso modo, annunciando il giudizio che già Giovanni ha qui pronunciato. L’annuncio del Regno è configurato come un giudizio imminente a cui non ci si può sottrarre. Il modo per evitare la condanna è portare frutti di conversione (v. 10), un radicale cambiamento di mentalità. Non serve essere discendenti di Abramo per salvarsi. La salvezza non viene da automatismi religiosi, ma dalla conversione del cuore, dal migliorare la condotta e le azioni, fare la giustizia gli uni verso gli altri.
Giovanni non si ferma qui e incalza: “Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli di Abramo” (v. 9). I vecchi confini d’Israele scricchiolano, all’orizzonte si presenta un altro Israele, che non si identifica più con la comunità nazionale del giudaismo: davvero qui si prepara “la via del Signore”, quella della fede aperta a tutti i popoli della terra.
Giovanni continua annunciando che il tempo stringe (v. 10): pochi colpi e gli alberi cadranno di schianto. E’ necessario affrettarsi e non perdersi in tentennamenti. Le immagini si susseguono: frutti, alberi, scure. Come la scure colpisce con precisione e inesorabilità, così nessuno potrà sfuggire al giudizio. E’ tempo di decidersi e di prendere sul serio la voce dei profeti.
“Colui che viene dopo di me è più forte di me” (v. 11): Giovanni annuncia l’arrivo di un uomo che si presenta umilmente, quasi fosse un suo discepolo. In realtà è “il più forte” e ha la missione di battezzare non con l’acqua, ma con Spirito Santo e fuoco. Il battesimo del “più forte”, che nella tradizione biblica esprime l’identità stessa di Dio, è di natura sostanzialmente diversa: non più con acqua che bagna la superficie e scivola via, ma con lo Spirito di Dio che trasforma i cuori infiammandoli con il suo amore.
Giovanni mette in risalto il tema del giudizio attraverso un’altra immagine: quella della mietitura, che prende in prestito dal mondo agricolo (v. 12). Il “più forte” ha già in mano il ventilabro, tra pochissimo la vagliatura avrà inizio. Giovanni parla del giudizio di Dio attraverso il suo Messia “più forte”. Sebbene prevalgano le tonalità del giudizio, Giovanni annuncia il lieto messaggio che si è avvicinato il “Regno dei cieli”. Gesù viene per donarci lo Spirito vivificante del suo Amore. Il grano non ha nulla da temere, lo attende il granaio. L’approdo di chi vive una conversione fruttuosa è la comunione con Dio.
Se siamo disposti a convertirci, a volgerci decisamente verso il Signore che viene, nulla sarà come prima: non saremo esonerati dai momenti oscuri e difficili, non saremo sottratti a rifiuti, ostacoli e fallimenti, ma l’amore del Signore farà di noi “creature nuove”, capaci di realizzare le condizioni perché la libertà di Dio e la libertà dell’uomo si incontrino per creare “un mondo migliore”. Potremo augurarci un Natale più fecondo?
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Violi, 2022; Laurita, 2022.
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