Religione

Giovanni Battista, più che un profeta

La liturgia ci presenta di nuovo la figura del Battista, ma in un’altra veste: le sue domande, la sua crisi e, tramite le parole di Gesù, la sua grandezza (Mt. 11, 2-11).

Dubbi e risposte

L’arresto di Giovanni Battista da parte di Erode segna l’inizio dell’attività pubblica di Gesù. Secondo lo storico Giuseppe Flavio, il carcere di Giovanni è la fortezza di Macheronte, a 24 Km a sud-est della foce del Giordano sulla riva orientale del mar Morto. In carcere il Battista viene a conoscenza delle “opere del Cristo” (v. 2) e manda a Gesù una delegazione di suoi discepoli con il compito di interrogarlo sulla sua identità.

Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” (v. 3). Cosa significa questa domanda? Per alcuni commentatori Giovanni, ormai agli sgoccioli della sua vita terrena, vuole orientare a Gesù i suoi discepoli. Il contesto sembrerebbe accreditare di più un’altra lettura e cioè che Giovanni, forse, attendeva “opere” di altro genere, ad esempio un entusiastico movimento popolare? O un giudizio travolgente contro i nemici di Dio?

L’attività e la predicazione di Gesù non rispecchiano questa attesa. Gesù predica amore, si rivolge ai poveri e ai piccoli e compie gesti di liberazione nei confronti dei malati. E’ un Messia umile e misericordioso che cerca i peccatori. E forse Giovanni Battista ne rimane sconcertato ed entra in crisi? Quale Messia aspettava Giovanni, visto che al tempo di Gesù il Messia era immaginato e atteso in almeno dieci modi diversi e quello proposto da Gesù è biblico, ma originale per tanti versi?

Gesù non risponde a tono ai discepoli di Giovanni, ma li esorta al discernimento e a trarne le conseguenze. Non dice sì o no, ma dice di riferire ciò di cui sono stati testimoni con l’udito e la vista. La “risposta” è costituita da uno stare con Gesù che ha dato l’opportunità di verificare. I verbi udire e vedere sono le attività sensoriali che maggiormente illustrano la nascita della fede. Gesù fa sì che la risposta a Giovanni sia già un’esperienza di fede e per la fede.

Cosa devono riferire di aver udito e visto? Sei opere dell’azione messianica: che i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi che vengono purificati, i sordi sentono, i morti risuscitano e i poveri sono evangelizzati. In altre parole Gesù dice che i suoi gesti sono l’adempimento dell’attesa anticotestamentaria della reintegrazione dell’uomo. Questo è il Messia secondo la profezia di Isaia e la realizzazione di Gesù.

Un messianismo di liberazione spirituale che coinvolge tutta la persona, più che un messianismo politico e sociale, comunque diverso da quello che attendeva Giovanni. La conclusione contiene una beatitudine che mostra lo scandalo di dover accettare un Messia come Gesù: “beato colui che non trova in me motivo di scandalo (inciampo)” (v. 6).

Elogio per Giovanni

Se prima era Giovanni che parlava di Gesù, il “più forte”, ora le parti si invertono ed è Gesù che parla di Giovanni. Mentre la delegazione del Battista se ne va Gesù si rivolge alle folle e fa l’elogio di Giovanni Battista. “Cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento?” (v. 7). Prima esclusione: Giovanni non è una persona incerta o paurosa, come suggerisce l’idea della canna, ma neanche uno che cambia posizione in maniera opportunista, una bandieruola. Al contrario, Giovanni si trova in prigione per aver toccato i poteri forti.

“Allora cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso?” (v. 8): seconda esclusione, non certamente un uomo vestito in modo lussuoso con abiti signorili. “Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta” (v. 9). Soltanto la terza identificazione comincia ad avvicinarsi alla verità. Tutti riconoscono Giovanni come un profeta, un uomo che parla con parole di Dio, ma Gesù annuncia che Giovanni oltrepassa il ruolo dei profeti.

Gesù, citando due testi dell’Antico Testamento (Mal. 3, 1; Es. 23, 30), dona l’immagine di Giovanni come colui che precede il popolo itinerante nel deserto, colui che precorre la venuta del Signore, colui che grida nel deserto. “In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui” (v. 11). L’espressione limita l’affermazione della grandezza di Giovanni che è piccolo se misurato con il metro dei tempi nuovi: il metro del Regno dei cieli. Chi appartiene alla nuova era del Regno che è già cominciata è ancora più grande del Battista. Eccellenza del Battista, eccellenza del Regno di cui è banditore e precursore.

In conclusione, vogliamo affermare che i dubbi di Giovanni sono ragionevoli, e sono condivisi da parecchi di noi anche oggi nelle nostre comunità. C’è chi vorrebbe un Gesù alla maniera del Battista: come colui che viene a far giustizia, a tagliare ogni albero che non porta i suoi frutti, pronto a mandare i castighi più terribili a una umanità che si è allontanata da Dio. La risposta di Gesù, sia a Giovanni Battista e sia a tanti di noi, non è questa!

Al profeta Giovanni e a noi Gesù chiede di fidarsi di lui e a dare credito ai segni “misericordiosi” che offre. L’inviato di Dio, Gesù come Messia, è una sorpresa, ma una bella sorpresa. Si tratta di accoglierlo così com’è. Non vincoliamo Gesù alle nostre immagini, ai ritratti che ci facciamo di lui. Accogliamolo così com’è, anche se getta scompiglio nei nostri luoghi comuni e nelle nostre attese. Perché questo è l’unico Gesù autentico, il solo che può offrire salvezza.

Il Capocordata.

Bibliografia consultata: Violi, 2022; Laurita, 2022.

Redazione

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