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Giovanni Battista

Anche per la terza domenica di Avvento, il personaggio che ci accompagna al Natale è Giovanni Battista, nella prospettiva del Vangelo di Giovanni (1, 6-8.19-28). Più degli altri evangelisti, Giovanni insiste sulla personalità e sulla missione di Giovanni Battista. La sua missione è di importanza così capitale che non esita ad inserirne la menzione nella maestosa armonia del prologo: “Vi fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni…Non era lui la luce, ma egli doveva rendere testimonianza alla luce” (Gv. 1, 6-8). Tuttavia, in tutto il suo Vangelo c’è una particolare insistenza sulla figura del precursore nella attuazione del piano della salvezza: l’interrogatorio di Giovanni da parte dei Giudei; i primi discepoli seguono Gesù in seguito alla testimonianza del Battista; è sempre il Battista che, in termini di una sorprendente umiltà, definisce il proprio compito, la portata e il limite della sua testimonianza. Giovanni è la lampada non la luce: l’immagine sottolinea il posto eminente ma necessariamente in ombra che il precursore doveva avere nel piano della salvezza.

L’interrogatorio, riportato nel vangelo che ascolteremo, da parte dei Giudei a Giovanni Battista si divide in due parti: dapprima la domanda sulla sua identità, poi quella sul Battesimo.

Giovanni non è il messia, non è Elia e non è il profeta (vv. 20-21)

Per Giovanni, come per gli altri tre evangelisti (sinottici) e per tutta la tradizione cristiana, soltanto Gesù è il messia, il Cristo. L’insistenza è rilevante soprattutto nel quarto vangelo, perché durante il ministero di Gesù e nella chiesa primitiva grande fu la tentazione di considerare il Battista come messia. Afferma di non essere neppure Elia, anche se cammina dinanzi a Gesù nello spirito e nella potenza di Elia: il Battista considera infinitamente in sott’ordine la sua funzione nella storia della salvezza. Non è neppure il profeta che doveva venire, come era annunciato nel Deuteronomio: “Susciterò loro un profeta” (Dt. 18, 18). Il giudaismo del I secolo A. C. aveva coscienza di non conoscere più dei profeti e il lungo silenzio divino lasciava supporre che il profeta chiamato ad infrangerlo avrebbe avuto una funzione superiore a quella degli antichi profeti, per questo la tradizione giovannea non ha attribuito al Battista questo titolo messianico, volendo sottolineare il posto subordinato del precursore.

La risposta di Giovanni Battista (vv. 22-23)

Nel quarto vangelo è il precursore stesso che si appropria della profezia di Isaia, facendo di essa il suo personale messaggio: “Sono voce di uno che grida nel deserto: appianate la via del Signore” (v. 23). Giovanni Battista è dunque essenzialmente un precursore. Egli annuncia una venuta, predica al popolo la penitenza e l’invita a prepararsi alla venuta del Signore. Nella fede e nell’oscurità egli annuncia la venuta imminente del messia.

Interrogatorio sul Battesimo (vv. 24-27)

I farisei attendevano il messia, o Elia, o il profeta che predicasse un battesimo e la loro attesa messianica era più esplicita rispetto a quella degli altri gruppi religiosi del tempo: i sadducei, la setta di Qumran. Il battesimo “finale” (escatologico) doveva essere un rito di penitenza unica e non un atto della vita di tutti i giorni, da non confondere con le abluzioni rituali moltiplicate dal giudaismo,  né con quelle, sapientemente graduate, della setta di Qumran.

La risposta di Giovanni (vv. 26-27)

Giovanni risponde che egli battezza con l’acqua. Colui che voi non conoscete, colui sul quale vedrò discendere e fermarsi lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo: così afferma il Battista più avanti (v. 33). Colui che deve venire, colui in funzione del quale è ordinato il ministero di Giovanni Battista, resta dapprima sconosciuto. Anzi afferma che non lo conosce neppure lui: “Io non lo conoscevo..” (v. 31). Così egli sottolinea la subordinazione totale della sua missione a quella del messia. E’ nella fede che egli compie la sua missione; solo progressivamente egli misura l’abisso che lo separa da colui che annuncia ed è grazie ad un intervento dall’alto ch’egli lo riconoscerà. Non si ritiene degno neppure di sciogliere i sandali di Gesù, cioè, il precursore si sente inferiore  al servo che era tenuto a sciogliere i sandali al suo padrone.

Epilogo (v. 28)

La localizzazione di Betania “al di là del Giordano” è difficile da individuare: forse è esistito un tempo, al di là del villaggio di Marta e Maria, un luogo detto Betania (Bethabara), ora caduto in oblio. Il termine Bethabara significa il “guado”: si deve trattare allora del passaggio del Giordano, un poco a Nord del Mar Morto. L’esordio del Vangelo avverrà nel luogo stesso in cui, un tempo, il popolo eletto attraversò il Giordano per entrare nella terra promessa.

Conclusione

Tutto il brano evangelico sottolinea maggiormente la relatività totale, la completa subordinazione dell’opera del Battista. Questo rilievo messo a confronto con gli altri vangeli, si rivela fondamentale nell’immagine che il quarto vangelo ci dà del precursore. Tuttavia questo stesso vangelo insiste più degli altri sulla sua testimonianza. Se la testimonianza del Battista è stata riportata con tanta cura dall’evangelista Giovanni, è per il fatto che essa serbava un valore attuale all’epoca della redazione del quarto vangelo. I cristiani ai quali esso si rivolgeva ammettevano il compito provvidenziale di Giovanni Battista nella storia della salvezza. E come i primi discepoli avevano seguito Gesù per la parola del Battista, così questa poteva, anni dopo la sua morte, attirare altri al seguito del Signore. Si sa che una missione della prima comunità cristiana incontrò dei discepoli del precursore perfino ad Efeso (Atti, 19, 3).

Insistendo sulla relatività della sua funzione, vuole fugare ogni timore di eventuali confusioni, ma vuole anche segnare teologicamente la distanza radicale che separa lo sposo e l’amico dello sposo. Inoltre, l’evangelista non manca di far valere la ricompensa del buon servitore e del testimone fedele. Una volta terminata la sua missione e manifestato l’Agnello di Dio, il seminatore si vede ammesso a partecipare alla gioia del mietitore. Ciò avviene per confessione stessa del Battista, che ricorda l’interrogatorio e la sua propria testimonianza: “E’ lo sposo che ha la sposa: ma l’amico dello sposo, che gli sta accanto e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora si compie questa mia gioia! (Gv. 3, 28-29).         

Bibliografia consultata: Bogaert, 1969.

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