La solennità con la quale si apre il racconto dell’attività di Giovanni il Battista (Lc. 3, 1-6) denota la rilevanza di tale inizio. Il lungo elenco delle autorità politiche del tempo ha diversi significati che l’evangelista Luca intende comunicare nel momento in cui va a introdurre il ministero del precursore di Gesù. Richiamando le principali autorità politiche della Palestina del suo tempo, Luca intende evidenziare una profonda verità teologica: l’intervento di Dio, che si concretizzerà nella missione di Gesù, anticipata da quella del Battista, si radica nella storia degli uomini.
Per Luca la storia è luogo della salvezza divina ed è guidata sapientemente da Dio. L’elenco fa riferimento a uomini politici che fecero ricorso alla violenza e a figure religiose tutt’altro che irreprensibili. Inoltre, l’ampiezza dell’elenco anticipa l’universalismo caratterizzante la sua teologia della storia, in cui la salvezza operata da Gesù è destinata a tutta l’umanità, sia giudei che gentili (pagani): la salvezza di Dio sarà incontrata da ogni uomo e donna (Is. 40, 5).
La parola di Dio scende su Giovanni (v. 2), come un tempo era stata rivelata agli antichi profeti, incaricati poi di trasmetterla al popolo di Israele. Non è casuale nemmeno il luogo in cui il ministero profetico di Giovanni è ambientato: il deserto. Nella tradizione biblica, il deserto acquista un significato simbolico di notevole rilevanza. Esso si configura come “luogo delle origini” del popolo di Israele, dove era stata ratificata l’alleanza con il Signore. Inoltre, nei libri profetici, il deserto è caratterizzato come il tempo dell’innamoramento e del fidanzamento tra Dio e il suo popolo (Os. 2, 16). Ancora, il deserto era considerato come il luogo in cui Dio si sarebbe manifestato alla fine dei tempi.
“Preparate la via del Signore” (v. 4): l’evangelista, citando il testo profetico di Is. 40, 3-5, intende configurare “la via del Signore” come un cammino etico di allontanamento dal peccato, in cui ogni ostacolo nella relazione con Dio deve essere rimosso. E’ certamente questo il senso che Luca intende conferire alla citazione di Isaia presentando il ministero di Giovanni: essa è posta così in relazione al battesimo di conversione per il perdono dei peccati, predicato dal Battista.
Al centro dell’attività di quest’ultimo vi è l’esortazione alla conversione, anch’esso tema specificatamente profetico: essa consiste nel pentimento dal male che si è commesso e nel ri-orientamento della propria esistenza verso Dio. La conversione predispone al perdono dei peccati, che Luca probabilmente associa alla missione di colui che verrà dopo Giovanni e di cui egli narrerà ripetutamente la vicinanza ai peccatori: Gesù.
Una galleria di ritratti: Tiberio, Ponzio Pilato, Erode, Filippo, Lisania, i sommi sacerdoti Anna e Caifa. Uno spazio, un tempo, degli uomini: questo è il contesto, ma non costituisce l’essenziale. Ciò che conta è la Parola che Dio rivolge a Giovanni il Battista in questo momento della storia. E questa parola non lo raggiunge nel bel mezzo dell’agitazione e del rumore di una corte regale, ma nel deserto.
A ricevere la Parola è un profeta, che emerge dal deserto della Giudea per dire ai suoi contemporanei delle cose che disturbano le loro sicurezze. Al punto che gliela faranno pagare: il suo messaggio, il suo grido, gli costerà la vita. Il deserto non è solo un terreno arido: è anche un luogo di morte a sé stessi e un luogo di incontro con Dio. Il deserto è un luogo di prova: non un posto tranquillo e senza pericoli. Si tratta di accettare la solitudine, di realizzare una spoliazione, che ci fa raggiungere una verità profonda su noi stessi e sulla nostra esistenza.
Nella sua totale nudità ci mette di fronte a una scelta: Dio o ciò che non è Dio; la conformità totale al piano di salvezza o il rifiuto della nostra vocazione. Il deserto è un tentativo per avanzare anche se deboli verso l’incontro con Dio. E non potremmo andare molto lontano se Dio stesso non ci mandasse il suo cibo: il pane che Dio ci fa arrivare è la sua Parola.
Proprio perché terra inospitale, di indigenza, il deserto è un invito forte a un totale abbandono a Dio. E’ nel deserto che Dio ha fatto sperimentare al suo popolo la sua totale impotenza. Gli ha fato avvertire la fame, la sete, la stanchezza, l’angoscia di aver smarrito la strada perché comprendesse che doveva attendere tutto da lui. Il deserto è Dio che ci attende, con pazienza, con amore, perché nel silenzio possiamo intendere la sua voce e vivere l’incontro con lui.
L’ascolto è il terreno che permette alla Parola di esercitare tutta la sua forza. L’ascolto sembra legato a una estrema passività e alla frustrazione di dover tacere, e invece significa guardare la vita in faccia, non solo da spettatori. L’ascolto suppone un’uscita da sé stessi, un esodo. La Parola disturba, crea un ordine, ma solo dopo aver provocato uno sconquasso. Non si può ascoltare veramente senza provare in qualche modo una sorpresa e questa è figlia del desiderio ardente di Dio. La Parola, però, ha bisogno di riposare nel cuore del discepolo perché questi ne scopra l’importanza e il sapore. La nostra cultura privilegia una reazione rapida a sollecitazioni diverse. Ma il vero ascolto trattiene le parole e fa risuonare nel silenzio il messaggio ricevuto.
Giovanni Battista grida: il suo non è solo un appello all’azione, alla conversione, al cambiamento. Egli grida anche la sua certezza: questo è un momento di salvezza! Ogni uomo e donna che lo desidera veramente, vedrà la salvezza di Dio! Il senso dell’Avvento è tutto qui: riaccendere il desiderio di incontrare Cristo. Ravvivare la fiducia in lui, nella sua azione, nella sua Parola. Riportarci sulle strade in cui è possibile incontrare Gesù che passa, sapendo che “l’autostrada” è quella del nostro cuore!
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Filannino, 2021; Laurita, 2021.
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