Ogni volta che il Governo annuncia una riforma del processo civile c'è da tremare. In genere, con la scusa della riforma, vengono aumentati i costi di accesso alla giustizia.
Ed infatti, anche questa volta è così: nonostante il cambio dei nomi dei ministri e del premier, il decreto legge dall'altisonante nome “Crescita e semplificazione”, prevede l'ennesimo ulteriore aumento del contributo unificato, la tassa che i cittadini pagano per poter accedere alla giustizia.
Dalla bozza del DL circolata in queste ore, sembra ormai certo l’intervento del Governo sul balzello dovuto da chi inizia una causa in tribunale: un’escalation che, dal 2002, ha visto un incremento percentuale fino al 143%.
Ecco alcuni degli aumenti indicati nel testo del decreto legge. Per i processi di esecuzione il contributo passa a 278 euro: questa misura è il riferimento per gli altri processi esecutivi, per i quali il contributo è dovuto nella misura di 139 euro. Per i processi esecutivi di valore inferiore a 2.500 euro la previsione del decreto fissa a 43 euro l’importo da versare. Per i processi di opposizione agli atti esecutivi la misura del contributo tocca 168 euro.
Si impenna anche il contributo per la procedura fallimentare, e cioè per la procedura dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura: il contributo dovuto passa da 740 euro a 851 euro.
Dal 2002 l’incremento percentuale registra un +143% per le cause fino a 1.033 euro; oltre +50% per le cause fino a 25 mila euro; oltre +67% per le cause fino a 52 mila euro; oltre +80% per le cause superiori a 52 mila euro.
Il rincaro è ancora maggiore se si pensa all’incremento del diritto forfettario per le comunicazioni di cancelleria, che è passato da 8 euro a 27 euro: diritto forfettario che – è bene ricordarlo – viene pagato in misura fissa e, pertanto, incide di più sulle fasce più basse e, quindi, sulle cause di valore minimo.
Quale saranno le conseguenze di questo ulteriore aumento?
Certamente il primo effetto sarà un disincentivo a intraprendere cause per chi, come il privato cittadino, utilizza la giustizia non per fini imprenditoriali (come, invece, è per assicurazioni o banche), ma per far valere dei propri diritti, nell’incertezza, peraltro, dell’esito e dei tempi.
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