Fallisce il referendum sulla giustizia. Un flop segnato, mentre i dati del Viminale continuano ad aggiornarsi, da un’affluenza rimasta per tutto il giorno sotto il 20%. Molti elettori avevano dichiarato nei sondaggi pre-voto di non sentirsi in grado di comprendere le norme oggetto della consultazione.
Cinque quesiti che non hanno spinto gli italiani alle urne e dai primi dati reali degli scrutini, ancora parziali e relativi a 3.428 sezioni su 61.569, al Referendum numero 1 sull’abolizione della legge Severino il sì è al 53,45% e il no è al 46,55%.
Un dato simile si è registrato sul quesito numero 2 sulla limitazione della custodia cautelare, il sì è al 55,82% e il no è al 44,18%.
Netto, invece, il divario tra sì e no, al Referendum numero 3 sulla separazione delle carriere dei magistrati: il dato parziale vede il sì è al 76,43% e il no è al 23,57%, così come al numero 4 sul voto dei membri laici dei Consigli giudiziari nella valutazione dei magistrati, il sì è al 74,55% e il no è al 25,45% e al Referendum numero 5 sull’abolizione della raccolta firme per l’elezione dei togati al Csm, il sì è al 74,52% e il no è al 25,48%.
Tra i primi a commentare il risultato della consultazione referendaria il senatore della Lega Roberto Calderoli dalla sede del partito in via Bellerio. “Adesso succede che abbiamo perso. E’ inutile nasconderlo. Non ci sono storie.
I numeri dimostrano che 10 milioni hanno partecipato, gli altri non hanno inteso farlo” e ha aggiunto “non ho il minimo problema a dire che secondo me c’è stato veramente un complotto: ciascuno ci ha messo del suo perché questo quorum non potesse essere raggiunto”, ringraziando comunque “i circa 10 milioni di cittadini che hanno partecipato”.
Ringrazia i “10 milioni di italiani che hanno scelto di votare per cambiare la Giustizia” anche Matteo Salvini, che su twitter assicura: “È nostro dovere continuare a far sentire la loro voce!”.
Di “incivile silenzio censorio” sul voto referendario ha parlato la Giunta dell’Unione Camere Penali.
“La storia dei referendum in Italia è da sempre una storia di ostracismo e di avversione al voto democratico diretto”, hanno sottolineato le Camere Penali, esortando: “Occorre ora che l’impegno politico dei liberali di questo paese per una giustizia più giusta, tra i quali in prima fila l’Unione delle Camere Penali Italiane, sappia trovare da subito la forza per rilanciare le proprie idee e le proprie battaglie”.
Secondo il consigliere del Csm Nino Di Matteo il flop dei referendum dimostra come “evidentemente molti italiani hanno capito che con il referendum non si voleva migliorare la giustizia ma – ha evidenziato all’Adnkronos – punire la magistratura e renderla meno autonoma e indipendente. Purtroppo anche la riforma Cartabia, in discussione al Senato, va nella stessa direzione”.
Per Eugenio Albamonte, segretario di ‘Area democratica per la giustizia’ “hanno vinto i cittadini, perché quelle formule erano talmente grossolane da non poter rappresentare per il futuro un modello né culturale né istituzionale per il nostro Paese.
Sconfitto è chi ha pensato di puntare tutto sugli scandali per colpire la magistratura anziché per riformarla e porre riparo a una serie di situazioni che si sono create in passato. Una cosa sono le riforme, un’altra la mortificazione della magistratura”.
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