Categorie: Opinioni

Gli 80 anni di Carletto Mazzone, Magara altri 80!

Se dovessimo cercare l'interprete perfetto della commedia umana del calcio, questi sarebbe solo lui, Carlo Mazzone, romano trasteverino, detto er Sor Carletto ma soprattutto Er Magara, per via di quell'uso nella vecchia lingua romana di stravolgere qualsiasi finale di parola. Il 19 marzo compirà 80 anni, quasi tutti dedicati allo sport che ha praticato prima come centromediano nella Spal, nel Siena alla Del Duca Ascoli, e nella sua amata Roma, poi come allenatore in quasi tutte le squadre italiane di provincia, e anche alla stessa Roma, dal 1993 al 1996, alla Fiorentina, al Napoli, al Cagliari, al Bologna. Spesso veniva chiamato non per vincere i campionati, ma per salvare le squadre in difficoltà, col suo gioco intelligente e il suo piglio da condottiero senza macchia e senza paura, soprattutto di mandare chiunque e in qualsiasi momento a quel paese.

La commedia del calcio che ha recitato Mazzone ti fa subito venire in mente una pagina dei Ragazzi della via Pàl di Ferenc Molnàr, un calcio giocato nel cortile pieno di pozzanghere, con i cappotti a segnare le porte e col proprietario del pallone che faceva le squadre, quando il pallone era non quello a spicchi di cuoio, roba da ricchi, ma un rotolo di stracci o un barattolo di pomodoro. Mazzone rappresenta tutto il bello di questo sport che lui è riuscito forse più ad insegnare che a giocare: furbo come una volpe, tattico, sparagnino, il vero rappresentate del pallone italico, meno fortunato di Trapattoni, ma molto simile per certi versi, della stessa pasta, nei gesti e nelle pantomime che fanno parte dei nostri ricordi e del comune immaginario. Come quella volta che il suo Brescia stava perdendo 3-1 contro gli storici rivali dell’Atalanta, il 30 settembre 2001 e lui iniziò ad essere pesantemente insultato dai cori degli ultras. Fa il 3-2, e Carletto pregusta il colpo grosso pensando: «Se famo er tre pari vado sotto 'a curva dell’Atalanta». Detto, fatto: Baggio pareggia i conti e Mazzone, incontenibile, festeggia sotto la curva dei rivali a cui dice di tutto e che gli dicono di tutto.

Record di 795 panchine in serie A, è adorato sia dai romanisti ma anche dai Laziali, che vedono in lui l'allenatore che permise loro di vincere lo scudetto, quel 14 maggio del 2000 in una giornata piovosissima nella quale, seduto sulla panchina del Perugia, batté la Juventus per  1 a 0. togliendole così lo scudetto praticamente quasi vinto e assegnandolo alla Lazio. Proprio lui, romanista fino al midollo, ma fino in fondo a recitare la sua parte, ineffabile grande burattinaio di questa incredibile commedia umana che è il calcio.

Redazione

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