L’”incidente” accaduto al premier francese porta con sé un valore simbolico molto prepotente, forse non riferito propriamente alla persona di Emmanuel Macron, bensì a ciò che lui (come del resto ogni Capo di Stato) rappresenta o vorrebbe ancora tentare di rappresentare.
Subire l’umiliazione di venire letteralmente schiaffeggiato sul viso in segno di protesta da un cittadino dissenziente nel corso di una delle solite visite di matrice elettorale dovrebbe infatti far riflettere. Sia sul gesto punitivo in sé che – secondo la tradizione – vorrebbe essere un atto di “correzione” perlopiù destinato a figli disubbidienti, quanto sulla necessità di rivedere la consistenza effettiva dei ruoli e delle funzioni svolte da coloro che, se pur eletti democraticamente, hanno talmente deluso le aspettative del popolo al punto tale che “dissentire” a schiaffi materiali è più efficace rispetto alla fatica intellettuale di reperire argomenti per confrontarsi sul piano intellettuale.
Le domande sono tante, si può provare ad ipotizzarne qualcuna.
La concentrazione del potere su una sola persona fa perdere di vista i bisogni del popolo? E’ iniziata la fine della politica elettiva perché inidonea a risolve i problemi di base per fare spazio ad associazioni di categoria ed ai comitati di quartiere? Si è entrati in epoca di “benicomunismo” ovvero in una dimensione di politica autogestita?
La delusione e il senso di solitudine provati dai cittadini possono esprimersi meglio con un “bel ceffone” a “chi comanda” per avere attenzione mediatica?
Mi fermo qui. Naturalmente la polizia ha arrestato lo schiaffeggiatore – urlante contro il “macronismo” – e il baldo Emmanuel ha potuto continuare la sua visita tra la folla, poi affermando che “Va tutto bene, bisogna relativizzare questo incidente che ritengo un fatto isolato”.
Ma forse non è così: se questo schiaffo è stato motivo per il lancio di un campanello d’allarme per la salvaguardia dello Stato Repubblicano basato sulla democrazia – come poi è stato precisato dall’Eliseo – prima di parlare di solidarietà a chi l’ha subìto, bisognerebbe analizzare con attenzione i risultati concreti raggiunti da chi afferma di aver operato così utilmente per il bene della collettività al punto di scegliere di candidarsi nuovamente.
Qui a Roma ne sappiamo qualcosa.
Ma no. Per quanto isolato, dobbiamo valutare attentamente un fatto simbolico come il ceffone ricevuto. Proprio per favorire la qualità del dibattito pubblico che evidentemente sta mancando o che è quantomeno carente.
Ecco così finisce a schiaffi, detti anche “sveglie” che, come termine del caso, pare azzeccatissimo.
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