“The show must go on”, oltre a essere l’ultimo capolavoro dei leggendari Queen, è uno di quei motti sempreverdi che si possono adattare praticamente a ogni circostanza. La sua declinazione in politica, per esempio, è stata incarnata dall’incontro tra il Premier Giuseppe Conte e la Presidente eletta della Commissione Europea, Ursula von der Leyen.
Una colazione di lavoro nella cornice di Palazzo Chigi, che però per l’occasione è stato come isolato dai venti di crisi che soffiano sempre più impetuosi contro il Governo. Non sfugge a nessuno, infatti, che il redde rationem è sempre lì dietro l’angolo, e per la prima volta anche il vicepremier Matteo Salvini ha evocato esplicitamente il crollo dell’esecutivo: lo ha fatto con una lettera al Corriere della Sera in cui, accennando alla prossima Manovra economica, ha avvertito con gli usuali toni concilianti che dovrà essere coraggiosa, «sennò il coraggio lo chiediamo agli Italiani».
Una minaccia che non poteva essere ignorata dalla controparte governativa, la cui replica è stata affidata all’altro vicepremier, Luigi Di Maio. Sul piano tecnico, il leader pentastellato è tornato a rimproverare ai leghisti di non aver svelato le eventuali coperture per il loro cavallo di battaglia, la Flat Tax. Avrebbe anche ragione, se non fosse che neanche un anno fa, trovandosi dall’altra parte della barricata, con il suo tipico British style aveva scaricato un analogo onere su Giovanni Tria, al grido di «un Ministro serio i soldi li trova».
Come sempre, però, è a livello politico che Giggino dà il meglio di sé. Dopo aver stigmatizzato il comportamento degli alleati-rivali, che a suo dire stanno al Governo «con atteggiamento da opposizione», ha preso spunto dagli attacchi al Ministro dei Trasporti Danilo Toninelli per insinuare che il Carroccio punti solo ad accrescere il numero dei suoi dicasteri: come, cioè, se le critiche – anche pesanti – al titolare del MIT non fossero dovute alla sua scarsa competenza e ai danni che i suoi ripetuti “no” stanno causando al Paese.
Insomma, i cahiers de doléances si allungano, e la speranza di vita dell’esecutivo si accorcia di pari passo. Eppure, di queste tempeste neppure gli echi sono giunti a Palazzo Chigi, tramutatosi almeno per un mattino in un’oasi sicura in onore di Ursula von der Leyen, giunta a Roma per l’ultima tappa del suo tour estivo nelle capitali europee.
Tra i principali argomenti in agenda spiccava senz’altro la nomina del Commissario europeo dell’Italia, la cui indicazione spetta alla forza di maggioranza relativa – nel nostro caso, la Lega, che ha presentato al Premier una rosa di nomi. «Rivendichiamo» ha affermato Conte, «un portafoglio economico di primo piano perché è adeguato alle ambizioni e alla responsabilità che l’Italia vuole assumersi in questa legislatura». Si sa che la pupilla di Angela Merkel vorrebbe una donna ma, a chi gli ha riferito di questo auspicio, Salvini avrebbe ribattuto sarcastico: «Vogliono dirci anche se bionda?»
Non è da oggi, del resto, che il suo partito ha rapporti poco idilliaci con l’ex Ministro della Difesa della Germania, che è stata eletta al vertice della Commissione Europea senza i voti del Carroccio – che del resto aveva dichiarato di non volere. I leghisti temono che qualsiasi candidato da loro proposto possa essere respinto pregiudizialmente, e forse anche per questo il neo-Ministro per gli Affari europei Lorenzo Fontana ha invitato la von der Leyen al dialogo con quello che è non solo il primo partito d’Italia, ma anche d’Europa.
Anche perché un altro dei temi caldi è stato quello, particolarmente sentito in via Bellerio, dell’immigrazione. Conte ha ribadito la necessità di cambiare la nefasta Convenzione di Dublino, perché «non è pensabile che il problema, come ancora accade, rimanga sulle spalle dei Paesi di primo arrivo». Su questo punto ha convenuto anche l’erede di Juncker, che ha affermato di voler proporre un nuovo patto per le migrazioni e l’asilo. «Sappiamo che Italia, Spagna, Grecia sono geograficamente esposte» ha ammesso la von der Leyen, pur aggiungendo che la solidarietà non è un processo unilaterale.
Grande sintonia tra i due leader si è poi registrata anche sul fronte dei cambiamenti climatici, per cui la delfina della Merkel ha annunciato di voler «introdurre un fondo di transizione»: a conferma che le bufale ambientaliste sono decisamente dure a morire.
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