Governo del faremo, il Premier Conte e la politica degli annunci
Diffusa la bozza del Programma Nazionale di Riforma, ennesimo documento del tutto astratto. Ma ora la pazienza sta finendo, e anche i giovani confindustriali attaccano
Dopo il “Governo del fare” di berlusconiana memoria, ecco il Governo del “faremo”. Una decina d’anni, in un’ottica squisitamente politica, possono corrispondere a un’era geologica. Quella che stiamo vivendo ora è caratterizzata dalla procrastinazione. E a guidarla non poteva che essere un Presidente del Consiglio soprannominato, proprio per questa tendenza, Signor Frattanto.
Il Governo del faremo
Il bi-Premier Giuseppe Conte guida un esecutivo del futuro – nel senso del tempo verbale. Un Governo del faremo la cui azione si ferma alle parole, probabilmente a causa del proverbiale mare che si frappone tra l’una e le altre. Il che suona vagamente ironico, se si pensa che il termine “Governo” deriva da un vocabolo latino che significa “timone”.
Il timoniere dell’Italia, però, pare decisamente più abile a tracciare la rotta sulla carta che a seguirla effettivamente tra le insidie dei flutti. Richiamando fin troppo spesso l’analogia dantesca con la “nave sanza nocchiere in gran tempesta”.
L’ex Avvocato del popolo ne ha dato un’ennesima prova con il Programma Nazionale di Riforma, le linee guida in ambito economico da presentare a Bruxelles. Trattandosi di un programma, è astratto per definizione, e in più quella che è stata diffusa è solo una bozza. Che però delinea dei principî ben definiti, estesi anche al Recovery Plan. Il “Piano per la Ripresa” che Roma dovrà sottoporre al giudizio dell’Europa onde ottenere i fondi del Next Generation Eu.
Tanto per restare in tema, anche quest’ultimo è uno strumento virtuale, visto che a ora non vi è ancora accordo tra gli Stati membri dell’Ue. E considerato che per istituirlo ufficialmente serve anzitutto l’unanimità del Consiglio Europeo, probabilmente lo vedrà la prossima generazione comunitaria. Nomen omen.
Il Programma Nazionale di Riforma
L’Italia, comunque, si è “portata avanti” (sic!), e ha illustrato nel PNR i pilastri su cui erigerà il piano delle riforme. «Modernizzazione; transizione ecologica; inclusione sociale e territoriale, parità di genere».
In dettaglio, questo progetto dovrebbe realizzarsi attraverso una serie di interventi in vari settori. Sul piano finanziario, l’obiettivo è «una riforma complessiva della tassazione diretta e indiretta» che porti a un «alleggerimento della pressione fiscale». Inoltre, i rosso-gialli puntano anche alla «graduale introduzione di un salario minimo», rilanciano l’atavica ossessione della lotta all’evasione ed escludono nuovi condoni.
Vi è poi il capitolo sulla scuola, che si concentra soprattutto sul proposito della digitalizzazione. Tra l’altro, si prevede quindi il rafforzamento della didattica a distanza e l’introduzione della fibra ottica in tutti gli istituti statali.
Per realizzare queste aspirazioni, il Governo ha dichiarato di confidare nelle «opzioni di finanziamento» dell’Unione Europea – incluso, dunque, lo spauracchio Mes. Opzioni che verranno valutate «alla luce di considerazioni di merito e di impatto finanziario». Lo ha confermato anche il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, avvisando che «è assolutamente necessario evitare che la crisi pandemica sia seguita da una depressione economica. Non vi è tempo da perdere, e le notevoli risorse che l’Unione europea ha messo in campo devono essere utilizzate al meglio».
Un discorso assolutamente condivisibile ma, come sempre, molto fumoso. Il tipico discorso del nostro Governo del faremo.
Le critiche al Governo del faremo
Che l’opposizione critichi l’esecutivo è piuttosto scontato, e la situazione contingente non fa eccezione. «Basta annunci, basta promesse, basta chiacchiere. Sono quattro mesi che fanno solo annunci» ha attaccato il segretario leghista Matteo Salvini, aggiungendo che «Conte è recordman mondiale di annunci».
D’altronde, non è certo la prima volta che il Capitano accusa Giuseppi di dispensare solo promesse. «Mi sembra che viviate su Marte» aveva tuonato in pieno lockdown dall’Aula del Senato. «Faremo, faremo, faremo. La prossima volta, Presidente, venga a dire: abbiamo fatto, abbiamo fatto, abbiamo fatto. È questa la differenza».
Come detto, però, una simile invettiva non è certo una sorpresa, anzi. Ben più inattesa era invece la filippica rivolta al Capo del Governo del faremo dai Giovani Imprenditori di Confindustria.
«Non si può pensare di governare con annunci e poi dilatare all’infinito il tempo che passa tra le parole e gli effetti di quelle misure». Così il nuovo Presidente nazionale, Riccardo Di Stefano, contestando «misure costose e inefficaci» come il Reddito di Cittadinanza. Un provvedimento costato quasi 4 miliardi di euro, grazie al quale «solo il 2% ha trovato un lavoro tramite i centri per l’impiego». Inoltre, il leader dei giovani confindustriali ha sollecitato una rapida approvazione del Decreto Semplificazioni e il celere utilizzo di tutte le risorse europee.
Conte Fabio Massimo il Temporeggiatore
Qui, però, torniamo alla questione delle dilazioni, dovute alle frizioni tra le forze che compongono la maggioranza rosso-gialla. Una problematica valida anche per il Fondo salva-Stati, nonché per la tanto sbandierata ipotesi del taglio dell’Iva, durata appena «diciotto ore».
Il guaio è che il Paese ha bisogno di tornare a correre quanto prima, laddove il Governo del faremo continua a rimandare i nodi per evitare che possano giungere al pettine. La cifra politica di un Premier che, se fosse nato ai tempi degli antichi Romani, sarebbe diventato Conte Fabio Massimo. ll Temporeggiatore.